Corriere della Sera - La Lettura
Ciao, mi chiamo L.U.C.A. e sono l’antenato di tutti
Lo studio dell’origine della vita si concentra sulle reazioni nel brodo primordiale. L’ipotesi più accreditata vede il formarsi di riboenzimi che assemblano organismi protovirali (simili agli attuali virus Hiv)
Il linguaggio è la tecnica più potente inventata dall’uomo, dopo il fuoco, la ruota e prima dello smartphone, e come tutte le tecniche presenta un uso duale, benefico e malefico. Parlando di vita è bene precisare, per evitare le trappole del linguaggio e i suoi usi malefici, che il termine «vita» che tutti i giorni usiamo in ambito colloquiale per le nostre narrazioni e argomentazioni si riferisce a quell’esperienza (meravigliosa, spirituale, misteriosa, tragica, imprevedibile) carica di emozioni e sentimenti che costruisce le relazioni di ciascuno di noi: nascita, genitori, scuola, amici, affetti, lavoro, ambiente, viaggi, e così via... questa è la vita per tutti noi. Ebbene, ora qui non ci occupiamo di questa «vita», ma di quel processo materio-energetico che in biologia chiamiamo vita e che sul pianeta Terra si basa sul carbonio.
È evidente che i due termini non possono essere impiegati in maniera disinvolta come fossero sinonimi, pena una pericolosa confusione di valori con dibattiti che risultano falsati in partenza. Stabilire quando inizia la vita degli embrioni (come abbiamo fatto su «la Lettura» #314 del 3 dicembre 2017) non è la stessa cosa dello stabilire quando è iniziato il processo materio-energetico che chiamiamo vita sul pianeta Terra.
L’astrofisico Giovanni Bignami, scomparso nel maggio dello scorso anno, aveva descritto l’origine del tutto, dell’Universo in cui ci troviamo, usando 140 caratteri, spazi inclusi (un «tweet universale» vecchio stile), con queste parole: Gran botto, nasce materia, poi stelle, molecole, pianeti, Darwin e noi, tredici miliardi di anni dopo. E domani? Più difficile, ma proviamo.
Nel corso dei secoli, diverse ipotesi sono state formulate per spiegare l’origine della vita sul pianeta Terra che viene fatta risalire a circa 3,7 miliardi di anni fa (datando il Big Bang a circa 13 miliardi di anni fa): da quella della panspermia del chimico svedese Svante Arrhenius (1859-1927), il quale sosteneva che la vita fosse giunta sulla Terra sotto forma di spore batteriche in viaggio nella nostra galassia, a quella del brodo primordiale formulata nel 1924 dal sovietico Aleksandr Ivanovic Oparin (1894-1980) e poi ripresa dal biochimico statunitense Stanley Miller (1930-2007), la quale sostiene che, facendo scoccare scintille elettriche in un’atmosfera di metano, ammoniaca, idrogeno e vapore acqueo si producono semplici molecole organiche.
La prima fa riferimento a ipotesi biotiche: la vita arriva sulla Terra già formatasi da qualche parte tra i miliardi di miliardi di pianeti dei tanti sistemi solari tra le tante galassie. La seconda è la caposcuola delle ipotesi abiotiche: la vita si è originata sulla Terra attraverso un processo graduale con un periodo pre-biotico (con la formazione di molecole sempre più complesse) e uno biotico (con la formazione di agglomerati di tipo cellu- lare) che porta a esseri viventi unicellulari come virus e batteri che evolveranno per processi darwiniani sino alla fantastica biodiversità degli organismi che oggi apprezziamo, tutti dotati di caratteristiche comuni quali la produzione di energia e la riproduzione.
Lo studio dell’origine della vita quale processo materio-energetico si concentra sulle reazioni che possono avvenire nel brodo primordiale. Si ritiene che, poco dopo il Big Bang, si originarono atomi di idrogeno ed elio; dall’unione di tre atomi di elio si forma il carbonio (la base della chimica organica e il quarto elemento più abbondante nell’Universo esplorato); carbonio ed elio formano ossigeno e così via si originano tutti gli elementi che conosciamo.
Mentre avvengono queste reazioni, va formandosi una incredibile quantità di polveri di stelle, polveri costituite da silicati (ricche di ossigeno) o carbonati (ricchi di carbonio); nel frattempo si sono formati i pianeti che vanno raffreddandosi, così che l’acqua è presente in grandi quantità anche sotto forma liquida: è all’interno di questo brodo primordiale che si realizzano reazioni chimiche sempre più complesse grazie all’energia fornita da spaventose scariche elettriche. Si formano così molecole di formammide che riescono a concentrarsi localmente all’interno dei pori presenti nella polvere (si pensi alla microporosità della pietra pomice che troviamo sulle spiagge) senza diluirsi e disperdersi nel brodo. Un’alta concentrazione locale di queste molecole, all’interno dei pori della polvere di stelle, permette di realizzare contatti tra gruppi chimici che reagiscono tra loro e dalla formammide si giunge alla nucleazione degli anel-
Datazioni La comparsa della vita sul pianeta Terra viene fatta risalire a circa 3,7 miliardi di anni fa, il Big Bang a circa tredici miliardi di anni fa
li delle basi degli acidi nucleici, Rna e Dna (adenina, timina, citosina, guanina nel Dna, mentre nell’Rna la timina è sostituita dall’uracile). Anche la formazione degli zuccheri che compongono gli acidi nucleici (ribosio e desossiribosio) è ben conosciuta a partire dall’azione della luce ultravioletta su soluzioni di formaldeide.
L’ipotesi più accreditata vede il formarsi primordiale di riboenzimi, cioè molecole di Rna contenenti informazioni genetiche e contemporaneamente dotate di attività catalitiche proprie di enzimi, grazie all’interazione in particolari ambienti chimico-fisici (le porosità della polvere di stelle) di molecole capaci di formare membrane con cationi metallici (molecole di metallo caricate negativamente), aminoacidi ed altre molecole. Si assembla così un organismo protovirale (simile agli attuali virus Hiv) definito come Last Universal Common An
cestor: L.U.C.A. è il suo nome, perché si tratta appunto dell’ultimo antenato universale comune di tutti gli esseri viventi.
Questa ricostruzione possiede una profonda e tenera vena poetica, ci racconta che siamo figli della polvere di stelle. L’idea di un mondo primordiale basato su riboenzimi ( Rna world) ha visto entrambi i padri della doppia elica di Dna, i premi Nobel Francis Crick (1916-2004) e James Watson (1928), tanto interessati al punto che Crick afferma: «Il primo essere vivente non possiede alcuna proteina, consiste interamente di Rna». Watson dal canto suo fonda, nel 1954, un esclusivo club di soli 24 maschi (20 per ciascuno degli aminoacidi, 4 per ciascuna base; incontri a base di sigari, alcol e discussioni di lavori scientifici) chiamato Rna Tie Club. Ciascun membro portava una cravatta con la scritta Rna e una sigla per identificare uno dei 20 aminoacidi.
Lo sforzo intellettuale era rivolto a svelare i meccanismi del codice genetico, a capire in che modo la sequenza degli acidi nucleici si relaziona alla costituzione delle proteine. E ciò a dispetto dei creazionisti. Crick provocatoriamente parlò di «dogma centrale» per indicare quell’insieme di meccanismi molecolari che fanno fluire l’informazione genetica dagli acidi nucleici alla composizione delle proteine.
Sino agli esperimenti compiuti nel XVII secolo da Francesco Redi (1626-1697) per dimostrare l’impossibilità della generazione spontanea, si pensava che dalla materia inerte potesse originarsi il vivente, esistevano addirittura ricette per generare diversi tipi di animali. Ispirato dallo studio dell’Iliade, il Redi si chiede come potrà Teti esaudire la richiesta di suo figlio Achille di poter conservare il meraviglioso corpo dell’amato Patroclo se è realtà la generazione spontanea di mosche e farfalle dal corpo in putrefazione. La risposta della dea con il suggerimento di coprire il corpo di Patroclo impedendo che mosche e farfalle depositino uova nella carne morta permette al Redi di disegnare un semplice esperimento che è alla base della biologia sperimentale (confronto tra trattato e controllo).
Redi dimostra (1668), ben prima di Louis Pasteur (1822–1895), che la generazione spontanea è impossibile giusto ricoprendo con una garza dei vasetti contenenti della carne (controllo), nei vasetti lasciati aperti (trattato) si generano mosche a volontà (sarebbe bene ricordare ai nostri ministri e sottosegretari che la cultura umanistica va ben finanziata poiché è essenziale per la formazione di un buon scienziato…) e dunque che om
ne vivum ex ovo. Questo risultato sperimentale si lega alla millenaria intuizione che discende dall’approccio religioso e filosofico al problema dell’origine della vita e si accompagna all’altrettanto tradizionale interrogativo se sia nato prima l’uovo o la gallina.
Tralasciando la risposta contenuta nel libro biblico della Genesi per la quale gli uccelli sarebbero stati creati il quinto giorno, l’interrogativo non è certamente di facile soluzione. Almeno in prima battuta è valido come domanda retorica, un paradosso dall’apparente impossibilità ad essere risolto poiché basato su un ragionamento circolare. L.U.C.A. ci dice però che il quesito irrisolvibile è un trucchetto: è nato prima l’uovo e si chiama L.U.C.A. La gallina è un’invenzione dell’uovo per propagarsi meglio.