Corriere della Sera - La Lettura
Penisola iberica, il posto più fedele a Bruxelles
L’eco delle dittature passate è un forte antidoto a ogni scetticismo
Non c’è altro spicchio di continente oggi più europeista di quello composto dai vicini diversi Madrid-Lisbona. Nel loro orizzonte politico non sono sorti movimenti euroscettici o protezionistici. Persino i «nuovi arrivati» sono filo Ue. A sinistra Podemos e a destra Ciudadanos non discutono Bruxelles e anche gli indipendentisti catalani hanno come pre-condizione per la secessione da Madrid la permanenza in Europa. Appare un dato in controtendenza dal momento che la grande crisi ha colpito durissimo anche qui.
In Portogallo si è arrivati a livelli di povertà greca. In Spagna la «svalutazione competitiva» ha portato stipendi più bassi di un terzo. Eppure la coppia iberica ha continuato a tifare Ue. Perché? Una delle ragioni è nella memoria collettiva. Chi oggi ha più di 50 anni ricorda ancora molto bene le dittature che hanno impoverito la penisola per decenni. Altrove si parla di funzione pacificatrice dell’Europa solo nei discorsi istituzionali, qui è vita vissuta.
Apprezzare l’Ue non significa comunque avere vita facile. Il Portogallo si è ritagliato il ruolo di ultima trincea socialdemocratica. Il governo del socialista Antonio Costa regge da tre anni ed è riuscito a conciliare liberismo, investimenti esteri e protezione sociale. Un equilibrismo in controtendenza che ha Cassandre ovunque. A Madrid, la primavera ha portato un ribaltone parlamentare e il partito socialista spagnolo (Psoe) ha strappato il governo ai conservatori del Partido Popular. Mentre l’ex premier Mariano Rajoy aveva gestito la crisi con le ricette più amare di derivazione tedesca, il nuovo primo ministro Pedro Sanchez ha rispolverato il «socialismo dei diritti» inventato da Zapatero.
Le riforme liberiste di Rajoy hanno permesso di tornare a crescere a ritmi superiori al 3% e, quindi, sostanzialmente, non si toccano. Per differenziarsi Sanchez punta su parità di genere, migranti e dialogo politico. Fiore all’occhiello è un governo di 11 donne e 6 uomini. Marchio distintivo è l’apertura dei porti alle navi delle Ong respinte dall’Italia. Ma la prova di sopravvivenza di Sanchez sarà il confronto con il secessionismo di Barcellona. È lì che si gioca il suo destino politico e il futuro della Spagna.