Corriere della Sera - La Lettura

Cari studenti, viaggiate Solo la cultura ci salverà

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Storico del Risorgimen­to italiano, responsabi­le del sistema educativo parigino, Gilles Pécout ha un’idea chiara: ripartire dalla scuola e dall’università

forte di una civiltà delle origini che, escludendo in nome del rifiuto dell’alterità religiosa e culturale, nega l’evidente esistenza di un’Europa attuale già crogiuolo di diversità. E, dall’altra parte, il pericolo nazionalis­ta e populista che delegittim­a l’Europa come costruzion­e istituzion­ale, in nome di riflessi identitari esasperati. Si tratta di un attacco pernicioso perché si fonda su un arsenale dove si combinano elementi inaccettab­ili (come la xenofobia che sta dilagando in vari Paesi) con argomenti più accettabil­i (legati al sentimento di abbandono di alcuni gruppi sociali o di alcune regioni dove la disoccupaz­ione e la precarietà economica sono, senza distinzion­i, considerat­e come risultato della mondializz­azione e della politica dell’Unione europea)».

In che maniera l’Europa della cultura potrebbe assumere un ruolo positivo?

«La cultura ha una missione difficile, quasi acrobatica: lottare contro coloro che difendono un’idea rigida di Europa e contro coloro che invece vogliono negare l’Europa. Bisogna ricordarsi che esiste un vero cemento culturale europeo, costituito dai grandi testi e dalle opere d’arte, che va al di là delle frontiere dell’Unione i s t i t uzionale. I cl assi ci ( Sofocle, Dante, Montaigne, Cervantes...) sono un patrimonio comune, così come il Partenone, il Colosseo, la cattedrale di Notre-Dame, l’Escorial: un patrimonio che non può essere al servizio di un’eredità egemonica fondata sull’esclusivis­mo. Un buon uso dell’europeismo culturale è fondamenta­le per costruire un’Europa aperta e inclusiva. Ecco perché bisogna ripartire dalla scuola e dall’università. Non a caso il presidente francese Macron ha scelto la Sorbona e un pubblico di giovani studenti per pronunciar­e il 26 settembre 2017 il suo discorso sull’Europa».

Quali sono i punti più importanti, a suo avviso, di questa visione?

«Innanzitut­to, la convinzion­e che cultura e sapere saranno il cemento più forte dell’Unione Europea. E poi considerar­e “l’educazione europea” come un volano fondamenta­le: la mobilità degli studenti (nel 2024 la metà dei giovani sotto i 25 anni deve aver soggiornat­o non meno di 6 mesi in un’altra nazione), l’apprendime­nto di almeno due lingue europee in ogni Paese, l’istituzion­e di “università europee” come “luogo d’innovazion­e pedagogica e di eccellenza” (democratiz­zazione ed eccellenza non debbono essere in contraddiz­ione: per questo la mobilità studentesc­a deve coinvolger­e il maggior numero di allievi). Così saremo in grado, senza perdere di vista l’inseriment­o profession­ale e la mobilità sociale, di creare ciò che Habermas ha definito l’autentico “patriottis­mo costituzio­nale”. Vivendo nella Sorbona — grande centro europeo dell’internazio­nalizzazio­ne dei saperi — mi sono convinto che la rifondazio­ne dell’Europa passerà per le peregrinaz­ioni europee dei nostri giovani allievi in formazione».

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