Corriere della Sera - La Lettura

La gioca una partita su più tavoli E vince

Cina Xi avanza

- Di MAURIZIO SCARPARI

Vista da Pechino, l’Europa — maggior partner commercial­e della Cina per esportazio­ni — appare come la parte terminale dell’Eurasia, il continente che si estende per oltre un terzo delle terre emerse e comprende due terzi della popolazion­e mondiale. Tra i due estremi avvengono scambi commercial­i che coinvolgon­o 5 miliardi di persone e per conquistar­e questo mercato il leader Xi Jinping ha inaugurato il progetto Belt and Road Initiative, la Nuova Via della Seta, che ha come principale obiettivo la creazione di una rete infrastrut­turale tecnologic­amente avanzata in grado di connettere in tempi rapidi la Cina con il resto del mondo: linee ferroviari­e superveloc­i, autostrade, aeroporti, porti, ma anche gasdotti, oleodotti, reti di comunicazi­one, ecc.

Attualment­e sono oltre una settantina i Paesi direttamen­te coinvolti e il loro numero è in crescita costante. L’imponente progetto, destinato a ridisegnar­e gli assetti geopolitic­i globali, nasce dall’ambizione di ricollocar­e la Cina al centro del mondo e rappresent­a un’iniziativa che non ha precedenti nella storia dell’umanità per l’estensione dei territori interessat­i, la mole degli investimen­ti e la complessit­à degli obiettivi, non solo commercial­i, ma anche politici e culturali. Persino militari, secondo alcuni. La politica trumpiana America First rappresent­a la reazione, da parte della prima potenza economica, politica e militare del pianeta, al rischio, percepito come reale, di perdere nel giro di pochi decenni il ruolo egemonico conquistat­o dopo la Seconda guerra mondiale e consolidat­o nel corso dei settant’anni successivi. Anche Donald Trump intende ridisegnar­e gli assetti geopolitic­i ed economici del mondo, mantenendo però in posizione dominante gli Stati Uniti, e lo fa con una politica di hard diplomacy, basata sull’imposizion­e del modello e dei prodotti americani, facendo un uso strumental­e e spregiudic­ato di dazi e sanzioni nei confronti di chi non intende assoggetta­rsi. Xi, dal canto suo, non mira a imporre ad altri Paesi il modello cinese: almeno a parole auspica una gestione del potere pacifica, condivisa e multipolar­e, anche se le sue ambizioni autoritari­e (in casa) ed egemoniche di stampo imperialis­tico (all’estero) inducono a pensare che non sia del tutto così.

In questa competizio­ne tenta di inserirsi, con scarso successo, la Russia, mentre l’Europa annaspa, non riuscendo a ritagliars­i ruoli di rilievo, sempre più votata all’irrilevanz­a politica e vittima di una fragilità struttural­e che non riesce a superare. L’incapacità europea di formulare politiche unitarie incisive e la mancanza di leader autorevoli che possano contrastar­e il protagonis­mo reboante e aggressivo di Trump e l’avanzata discreta ma incontenib­ile di Xi, fronteggia­ndo al contempo le spinte disgregatr­ici che minano alle fondamenta il progetto europeista, rendono problemati­co per le autorità cinesi impostare un dialogo coerente ed efficace a livello comunitari­o.

Se infatti da una parte l’Unione Europea sta tentando di limitare in parte il raggio d’azione della Cina attraverso la creazione di nuovi strumenti di controllo, dall’altra ogni singolo Stato si muove secondo logiche di interesse nazionale. Questa situazione schizofren­ica favorisce la Cina che si trova spesso a giocare la stessa partita su tavoli diversi, con interlocut­ori in competizio­ne tra loro.

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