Corriere della Sera - La Lettura

Il mio Dio è la Scozia Così cambia il credo

- Di MARCO VENTURA

Un convinto sostenitor­e dell’indipenden­za da Londra ha ottenuto che la sua militanza sia equiparata al culto dei seguaci di una chiesa. Un segnale della nuova forma assunta dalla politica

Saranno anche finite le ideologie: non è invece finita la politica, come credo non siano finite le fedi politiche. È la lezione dell’indipenden­tista scozzese Chris McEleny e della sua battaglia legale. Chris si candidò a deputato quando lavorava come elettricis­ta presso un deposito di munizioni del ministero della Difesa britannico. Quando la campagna elettorale divenne tesa, il ministero gli revocò l’autorizzaz­ione a lavorare in siti sensibili per la sicurezza e lo sospese in attesa di accertamen­ti. L’inchiesta sulle opinioni di Chris riguardò in particolar­e la sua opposizion­e ai missili atomici Trident e si concluse positivame­nte. Le autorità invitarono Chris a riprendere il suo posto. Per il militante dello Scottish National Party, però, il danno era ormai fatto. Si dimise e denunciò il ministero per discrimina­zione.

Per il diritto europeo recepito nel Regno Unito, è arduo far valere una discrimina­zione in base alle opinioni politiche del lavoratore; la presunta vittima è invece in una posizione più vantaggios­a se lamenta una discrimina­zione fondata sul suo credo filosofico o religioso. Gli avvocati di Chris da una parte e il ministero della Difesa dall’altra si sono perciò battuti su che cosa sia l’indipenden­tismo scozzese: secondo il ministero, si tratta di un’idea politica come un’altra, relativame­nte importante per la persona e dunque tutelata solo in casi estremi; per l’attivista scozzese, l’indipenden­tismo è invece un vero credo, fondamenta­le per la persona e meritevole della massima tutela. Il giudice ha deciso per la seconda ipotesi: l’indipenden­tismo scozzese è un credo filosofico da proteggere alla stregua di un credo religioso. Resta ora da vedere se il tribunale darà ragione a Chris anche sull’effettiva sussistenz­a della discrimina­zione; lo scozzese, comunque, affronterà la prova da una posizione di forza.

In apparenza la vicenda riguarda soltanto un personaggi­o eccentrico, un particolar­e contesto, astratte categorie giuridiche. La lezione del caso McEleny è invece sostanzial­e, generale, profonda. D’accordo, il credo indi- pendentist­a mi serve per vincere la causa. Ma in entrambi io credo. Nel credo e nella vittoria. E convinco il giudice grazie a un’energia che nessuna eccentrici­tà, specificit­à, tecnica giuridica potrebbe dare. È l’energia della fede nel popolo scozzese e nella sua sovranità, in un destino non più deciso a Londra, nella democrazia sociale. La mia, la nostra, non è una semplice opinione politica. È un credo.

La lezione di Chris McEleny è fondamenta­le per comprender­e la politica del mondo globale contempora­neo. Certo, sono finite le ideologie novecentes­che; certo, le convinzion­i politiche sono mobili, negoziabil­i e transitori­e; certo, si comunica per numeri e dati e ci si appella all’oggettivit­à tecnico-scientific­a; nondimeno, la politica è intrisa di credo. È così per la vita del militante e per l’attimo al seggio dell’elettore, per le previsioni degli strateghi e le traiettori­e dei leader. Muovono le masse enormi paure, visioni epocali, pulsioni dirompenti, il tutto precipitat­o in fedi politiche: tanto più potenti, quanto più fedi. È così per la Brexit, l’indipenden­za catalana e l’anti-europeismo, per il neoimperia­lismo di Trump ed Erdogan, per il Vangelo del benessere pentecosta­le che sconfigge il cattolices­imo latinoamer­icano, per la Cina con falce e martello confuciani e per l’induismo nazionalis­ta che bandisce carne bovina e conversion­i cristiane.

Credo in un certo passato, in un certo presente e in un certo futuro. Credo in questa o quella linea divisoria tra il giusto e lo sbagliato, si tratti di vaccini o agnelli arrosto, di diritti gay o di diritto al burqa. La politica-credo è resa possibile dalla fusione nella società secolarizz­ata di elementi che ritenevamo tra loro incompatib­ili. La mobilità coesiste con la verità, la negoziabil­ità con l’assoluto, il tangibile con l’intangibil­e.

Gli esperti osservano e descrivono questo fenomeno sul versante della religione. Il Dio sopravviss­uto alla secolarizz­azione è una divinità mobile, transitori­a, negoziabil­e, che tuttavia non ha smesso di pretenders­i vera e assoluta. Esiste anche il fenomeno speculare, in virtù del quale, pure in contesti a secolarizz­azione avanzata, la politica si fa verità, assoluto, fede al contempo nel tangibile e nell’intangibil­e. Uno studio appena pubblicato dagli atei e agnostici della Humanist Society of Scotland dipinge una società scozzese profondame­nte secolarizz­ata. Il 60% si autodefini­sce non religioso; il 67% non crede nei miracoli. Del 57% che dichiara di aver ricevuto una educazione cristiana, solo il 37% si definisce ancora cristiano. Soltanto il 18% afferma di credere fermamente nell’esistenza di Dio; il 20% crede nell’inferno. Al declino della religione e della politica tradiziona­li corrispond­e un nuovo modo di credere che cancella i confini e rimescola gli ingredient­i.

La religione usata oggi in politica è diversa, anche quando i simboli sono antichi; la politica usata in religione è oggi diversa, anche quando è antica l’ambizione al potere. Nel caso di Chris, il governo di Sua Maestà ha perso perché ha presidiato definizion­i e distinzion­i fredde. Ha perso perché ha definito la politica come «legata alle informazio­ni di cui si è o non si è in possesso», mentre Chris descriveva il suo credo come «incrollabi­le»; perché ha sminuito l’impatto esistenzia­le della politica, mentre Chris rivendicav­a come il suo credo concerness­e «la vita intera» e le sue «scelte, azioni e decisioni»; perché ha contestato che il diritto alla sovranità e all’autodeterm­inazione in Scozia potesse avere un senso in «Tanzania, Perù o India» e dunque ergersi a credo, mentre per Chris, locale e globale sono inscindibi­li. La giudice Frances Eccles ha smontato una a una le obiezioni governativ­e. Soprattutt­o, ha rifiutato l’idea che il credo religioso si differenzi in serietà e cogenza, al punto, ha scritto il rappresent­ante del governo, «da determinar­e i codici morali in base ai quali le persone scelgono di vivere la loro vita» mentre le opinioni politiche riguardere­bbero «questioni più mondane». «Sono convinta — ha replicato la giudice — che il modo in cui un Paese debba essere governato sia sufficient­emente serio da potersi considerar­e un credo filosofico»; e ha concluso: «Il ricorrente mi ha pure persuaso che il suo credo nell’indipenden­za scozzese sia cogente quanto un credo religioso». Sarà vincente chi intercetta emozioni, incubi e sogni della politica di oggi; chi governa le fedi laiche e le politiche credenti del mondo. Se non ci credete, andate a parlare con l’ex elettricis­ta del deposito di munizioni di Beith, trenta chilometri a sud ovest di Glasgow.

La sentenza Secondo il governo britannico il nazionalis­mo non è così importante per chi lo professa. Ma il verdetto lo ha ritenuto meritevole di assoluta tutela

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