Corriere della Sera - La Lettura
Il mio Dio è la Scozia Così cambia il credo
Un convinto sostenitore dell’indipendenza da Londra ha ottenuto che la sua militanza sia equiparata al culto dei seguaci di una chiesa. Un segnale della nuova forma assunta dalla politica
Saranno anche finite le ideologie: non è invece finita la politica, come credo non siano finite le fedi politiche. È la lezione dell’indipendentista scozzese Chris McEleny e della sua battaglia legale. Chris si candidò a deputato quando lavorava come elettricista presso un deposito di munizioni del ministero della Difesa britannico. Quando la campagna elettorale divenne tesa, il ministero gli revocò l’autorizzazione a lavorare in siti sensibili per la sicurezza e lo sospese in attesa di accertamenti. L’inchiesta sulle opinioni di Chris riguardò in particolare la sua opposizione ai missili atomici Trident e si concluse positivamente. Le autorità invitarono Chris a riprendere il suo posto. Per il militante dello Scottish National Party, però, il danno era ormai fatto. Si dimise e denunciò il ministero per discriminazione.
Per il diritto europeo recepito nel Regno Unito, è arduo far valere una discriminazione in base alle opinioni politiche del lavoratore; la presunta vittima è invece in una posizione più vantaggiosa se lamenta una discriminazione fondata sul suo credo filosofico o religioso. Gli avvocati di Chris da una parte e il ministero della Difesa dall’altra si sono perciò battuti su che cosa sia l’indipendentismo scozzese: secondo il ministero, si tratta di un’idea politica come un’altra, relativamente importante per la persona e dunque tutelata solo in casi estremi; per l’attivista scozzese, l’indipendentismo è invece un vero credo, fondamentale per la persona e meritevole della massima tutela. Il giudice ha deciso per la seconda ipotesi: l’indipendentismo scozzese è un credo filosofico da proteggere alla stregua di un credo religioso. Resta ora da vedere se il tribunale darà ragione a Chris anche sull’effettiva sussistenza della discriminazione; lo scozzese, comunque, affronterà la prova da una posizione di forza.
In apparenza la vicenda riguarda soltanto un personaggio eccentrico, un particolare contesto, astratte categorie giuridiche. La lezione del caso McEleny è invece sostanziale, generale, profonda. D’accordo, il credo indi- pendentista mi serve per vincere la causa. Ma in entrambi io credo. Nel credo e nella vittoria. E convinco il giudice grazie a un’energia che nessuna eccentricità, specificità, tecnica giuridica potrebbe dare. È l’energia della fede nel popolo scozzese e nella sua sovranità, in un destino non più deciso a Londra, nella democrazia sociale. La mia, la nostra, non è una semplice opinione politica. È un credo.
La lezione di Chris McEleny è fondamentale per comprendere la politica del mondo globale contemporaneo. Certo, sono finite le ideologie novecentesche; certo, le convinzioni politiche sono mobili, negoziabili e transitorie; certo, si comunica per numeri e dati e ci si appella all’oggettività tecnico-scientifica; nondimeno, la politica è intrisa di credo. È così per la vita del militante e per l’attimo al seggio dell’elettore, per le previsioni degli strateghi e le traiettorie dei leader. Muovono le masse enormi paure, visioni epocali, pulsioni dirompenti, il tutto precipitato in fedi politiche: tanto più potenti, quanto più fedi. È così per la Brexit, l’indipendenza catalana e l’anti-europeismo, per il neoimperialismo di Trump ed Erdogan, per il Vangelo del benessere pentecostale che sconfigge il cattolicesimo latinoamericano, per la Cina con falce e martello confuciani e per l’induismo nazionalista che bandisce carne bovina e conversioni cristiane.
Credo in un certo passato, in un certo presente e in un certo futuro. Credo in questa o quella linea divisoria tra il giusto e lo sbagliato, si tratti di vaccini o agnelli arrosto, di diritti gay o di diritto al burqa. La politica-credo è resa possibile dalla fusione nella società secolarizzata di elementi che ritenevamo tra loro incompatibili. La mobilità coesiste con la verità, la negoziabilità con l’assoluto, il tangibile con l’intangibile.
Gli esperti osservano e descrivono questo fenomeno sul versante della religione. Il Dio sopravvissuto alla secolarizzazione è una divinità mobile, transitoria, negoziabile, che tuttavia non ha smesso di pretendersi vera e assoluta. Esiste anche il fenomeno speculare, in virtù del quale, pure in contesti a secolarizzazione avanzata, la politica si fa verità, assoluto, fede al contempo nel tangibile e nell’intangibile. Uno studio appena pubblicato dagli atei e agnostici della Humanist Society of Scotland dipinge una società scozzese profondamente secolarizzata. Il 60% si autodefinisce non religioso; il 67% non crede nei miracoli. Del 57% che dichiara di aver ricevuto una educazione cristiana, solo il 37% si definisce ancora cristiano. Soltanto il 18% afferma di credere fermamente nell’esistenza di Dio; il 20% crede nell’inferno. Al declino della religione e della politica tradizionali corrisponde un nuovo modo di credere che cancella i confini e rimescola gli ingredienti.
La religione usata oggi in politica è diversa, anche quando i simboli sono antichi; la politica usata in religione è oggi diversa, anche quando è antica l’ambizione al potere. Nel caso di Chris, il governo di Sua Maestà ha perso perché ha presidiato definizioni e distinzioni fredde. Ha perso perché ha definito la politica come «legata alle informazioni di cui si è o non si è in possesso», mentre Chris descriveva il suo credo come «incrollabile»; perché ha sminuito l’impatto esistenziale della politica, mentre Chris rivendicava come il suo credo concernesse «la vita intera» e le sue «scelte, azioni e decisioni»; perché ha contestato che il diritto alla sovranità e all’autodeterminazione in Scozia potesse avere un senso in «Tanzania, Perù o India» e dunque ergersi a credo, mentre per Chris, locale e globale sono inscindibili. La giudice Frances Eccles ha smontato una a una le obiezioni governative. Soprattutto, ha rifiutato l’idea che il credo religioso si differenzi in serietà e cogenza, al punto, ha scritto il rappresentante del governo, «da determinare i codici morali in base ai quali le persone scelgono di vivere la loro vita» mentre le opinioni politiche riguarderebbero «questioni più mondane». «Sono convinta — ha replicato la giudice — che il modo in cui un Paese debba essere governato sia sufficientemente serio da potersi considerare un credo filosofico»; e ha concluso: «Il ricorrente mi ha pure persuaso che il suo credo nell’indipendenza scozzese sia cogente quanto un credo religioso». Sarà vincente chi intercetta emozioni, incubi e sogni della politica di oggi; chi governa le fedi laiche e le politiche credenti del mondo. Se non ci credete, andate a parlare con l’ex elettricista del deposito di munizioni di Beith, trenta chilometri a sud ovest di Glasgow.
La sentenza Secondo il governo britannico il nazionalismo non è così importante per chi lo professa. Ma il verdetto lo ha ritenuto meritevole di assoluta tutela