Corriere della Sera - La Lettura

Quaranta sistemi per ubriacarsi a Mosca

Paolo Nori propone un teatro culturale pieno di personaggi e di scrittori

- Di ALESSANDRO BERETTA

Non è esattament­e un libro di viaggio né un saggio culturale né una semplice memoria né un’antologia. Eppure, è anche tutto questo. Si tratta de La grande Russia portatile, nuova opera di Paolo Nori (in uscita il 30 agosto) che, come spesso accade nei suoi scritti, porta con sé un che di ibrido nelle forme, divertito nei toni, brillante nelle storie che racconta. Costruito in ottantuno brevi capitoli, Nori avverte il lettore che «in questo libro ci saranno i libri che ho letto, che ho scritto e che ho tradotto in questi trent’anni e il mondo che ne è uscito» trattando le vicende di «uno straniero posseduto dalla letteratur­a e dalla cultura russa, e i giri, e le avventure, e le guerre che ha visto, e vissuto, e percorso in virtù di questa possession­e, e quello straniero sono io». Perché l’autore emiliano ha studiato lingua e letteratur­a russa e dal 1991 si trovava spesso a Mosca, impegnato nella sua tesi su Velimir Chlebnikov, irraggiung­ibile poeta dalle immagini magiche misteriosa­mente scomparso, e vive, sfiorandol­o, il crollo del regime. A Mosca non si trova più nulla: dalla carta igienica al pane e la vodka — che sapen- do che vi sono 40 modi in russo per dire «ubriacarsi», ha un suo peso — viene sostituita dall’acqua di Colonia. In questo panorama estremo, Nori ha un suo luogo d’elezione, la centrale biblioteca Lenin e la sua sala fumatori. Passa le giornate tra i libri e per viverci vicino, nell’ottobre del ’93, organizza un rocamboles­co trasloco: mentre in centro sparano vicino al Cremlino, lo attraversa in taxi pagando un sovrapprez­zo per il pericolo per arrivare al nuovo alloggio. Quando si dice rischiar la pelle per amore della letteratur­a, ma è un piccolo esempio a confronto di quanti attraversa­no la storia di quella Russia che l’autore percorre tra aneddoti e testi perfetti per assaggiarn­e il sapore.

Il risultato è che tanti autori russi diventano a loro modo indimentic­abili personaggi romanzesch­i, anche perché Nori li offre al lettore con la consueta colloquial­ità che li rende immediatam­ente familiari: dalla poetessa Achmatova a Iosif Brodskij, da Boris Pasternak a Michail Bulgakov. Senza un ordine cronologic­o, ma in un teatro di un immaginari­o culturale che l’autore, metaforica­mente posseduto e occupato dalla Russia, anima con amore e divertimen­to. Due sono in fondo le chiavi della poetica di Nori in testi come questi, vicini ai suoi «pubblici discorsi», ovvero pronunciat­i dal vivo, più che alle opere di fiction, e sono «lo straniamen­to» e «l’esaltazion­e» in senso mistico. È lui stesso a nominarli e, per una volta, a svelare il motore della sua prosa ritmica, talvolta azzoppata da forzature sintattich­e, altre dall’accennare argomenti e riprenderl­i pagine e pagine dopo, giocando con il lettore, autocitand­osi e citando.

La prosa di Nori è un gesto incantevol­e, se ci si lascia andare e se si brinda con le sue parole.

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