Corriere della Sera - La Lettura

Fateci sentire la musica Franco Loi merita un cd

Ripubblica­ta una raccolta emblematic­a del decano della lirica in dialetto milanese. Una lingua che appare inattuale e invece parla a tutti. E che dovrebbe essere ascoltata, non soltanto letta. Parola di un campione di «poetry slam»

- Di SIMONE SAVOGIN

Leggere Franco Loi al giorno d’oggi sembra quasi un atto di coraggio, nonostante il suo tocco leggero e quel suo descrivere rarefatto che, di rivoluzion­ario, magari, non sembrano aver molto. Ma suona coraggioso il tenersi aggrappati al dialetto che man mano va sparendo tra gli interessi veloci delle nuove generazion­i; o, appunto, il fermarsi a contemplar­e le sue immagini pennellate lente e fatte per restare, mentre ora ci si riempie di istantanee vivide e veloci che si ammucchian­o su mille altre; oppure, di nuovo, il ritrovarsi a vedere la meraviglia di un niente al di fuori di noi, che ci fa capire quanto ci sia dentro di noi, quando a tutti sembra ormai importare sempre e solo l’esteriorit­à e le uniche foto che non contengono il proprio faccione son quelle che si fanno a quel che si mangia.

Per la collana Aryballos di Crocetti è uscita la ristampa di Amur del temp (pubblicato per la prima volta nel 1999), una raccolta di brevi componimen­ti in milanese (con versione italiana a fronte) che regalano un Loi variegato e sempre coerente, capace di stupire con piccole e sorprenden­ti attenzioni e in grado di rendere delicato un dialetto a volte aspro. In queste pagine di bellezza triste (significat­ivo il tuffo che ci regala l’incipit della prima poesia: « Cume se fa a parlà de la belessa? », un’ammirazion­e disarmante verso ciò che è così alto e profondo, da essere impossibil­e da descrivere), ma piena di speranza (« Ah,’me refiada el mund! »), si riconosce, a volte, una Milano (tanto universale e particolar­eggiata da farti dimenticar­e che sia una città) piena di persone, luoghi e sensazioni che, fosse stata descritta in italiano, non sarebbe apparsa così dolce e ricca. L’amore che riempie queste pagine ha una forza morbida che aiuta a capire, in questo tempo che corre, che non esiste soltanto l’impeto di necessità brucianti ed epiche che diano valore a rapporti tra persone concentrat­e su sé; che non ha senso aver paura di ammettere debolezze o errori (siamo umani anche se, anzi proprio perché, manchevoli); che, infine, non servono che foglie, luci, ombre e sottane, a rendere possibili voli da mozzare il fiato, sorrisi tanto pieni da farci sentire piccoli e carezze tanto lievi da farci sentire parte di qualcosa di infinito e da scoprire in ogni dettaglio. E proprio come l’amore sa essere luci e fatica, ci si ritrova risucchiat­i in vibrazioni intime e tristi come « Sé g’û, tusa, de dígh a

la pagüra? », uno degli esempi più alti della capacità di Loi di dipingerci perfettame­nte con pochi tratti; le due terzine finali scivolano senza intoppo descrivend­o un insieme di sensazioni che servirebbe­ro vite intere per capire, figuriamoc­i spiegare. Una scelta di parole che appare necessaria, irrefrenab­ile e puntuale, ma che non pesa mai su senso, andamento e suono.

Sperando che questa nuova edizione — pulita, di ottima qualità com’è tipico di Crocetti — possa raggiunger­e un buon numero di persone e allargare il bacino dei lettori di poesia, si sente costanteme­nte, mentre ci si lascia cullare nei ritratti, la mancanza di una traccia audio che aiuti a sentire a fondo il suono buono, che a volte rasenta il sublime, quale accompagna­mento per chi non ha mai sentito queste sonorità, ma anche per chi già mastica questa lingua antica; e la mancanza di una guida alla lettura che restituisc­a tutti i sottintesi e i sensi multipli che la traduzione letterale non ha la possibilit­à di riportare completame­nte.

Insomma, sarebbe bello avere l’opportunit­à di portare libri come Amur del

temp in ambiti scolastici, tra gli adolescent­i che affrontano quella fase della vita in cui è più forte l’esser combattuti tra la paura di non essere accettati e quel moto interiore di affermazio­ne comune a chiunque. Sarebbe bello vedere le reazioni sui visi dei ragazzi che, di certo, partirebbe­ro in difesa ridendo di un suono anacronist­ico, ma che pian piano accettereb­bero il gioco, per poi, magari, arrivare a sorprender­si, scoprendos­i vicini a passaggi e sentimenti così ben scandaglia­ti in così pochi tocchi.

Particolar­mente puntuale, precisa e utile, poi, l’introduzio­ne di Daniele Piccini: una breve guida alla lettura che invoglia a trovare riferiment­i, a scoprire particol a r i e s eguire c i t a z i oni. I nsomma,

Amur del temp è una lettura consigliat­a a chi già conosce Loi e a chi non lo ha mai approcciat­o, ma potrebbe risultare un ottimo modo per avvicinars­i alla poesia in generale, con quella sua semplicità profonda, per chi ne è digiuno. Un libro che si presta a una lettura lineare e profonda, così come a una consultazi­one sporadica, regalando perle a ogni apertura casuale delle pagine. Un’altra delle pietre che il maestro ha attentamen­te posato sul proprio cammino tra L’angel, Bach e altri capolavori, e che ci regala scaglie di bellezza in soffice cura.

Si sente la mancanza di una traccia audio. E sarebbe bello portare libri come «Amur del temp» nelle scuole, tra gli adolescent­i

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy