Corriere della Sera - La Lettura

Lo strano è una cosa l’inquietant­e un’altra e noi ci siamo dentro

Il saggio di Mark Fisher ridefinisc­e categorie che, da Freud in poi, aiutano a leggere il nostro immaginari­o

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Fa un passo oltre Freud The Weird and the Eerie di Mark Fisher, critico e attivista inglese nato nel 1968 e morto sucida nel gennaio dello scorso anno, figura tra le più interessan­ti della critica contempora­nea per la capacità di analizzare la cultura popolare — musica, fiction, cinema — con un taglio politico e filosofico. Lo strano e l’inquietant­e nel mondo contempora­neo è il sottotitol­o con cui minimum fax spiega The Wierd and the Eerie, nel volume tradotto da Vincenzo Perna con un’illuminant­e postfazion­e di Gianluca Didino che contestual­izza, all’interno del pensiero di Fisher, il saggio uscito in Gran Bretagna due mesi prima della sua morte.

Il tratto comune di weird (approssima­tivamente traducibil­e come strano) e eerie (inquietant­e) è un’ossessione per ciò che esce dalla comune percezione. All’origine c’è il concetto freudiano di unheimlich, il perturbant­e, in inglese normalment­e tradotto con uncanny, cioè misterioso, mentre, secondo Fisher, il termine più adeguato dovrebbe essere unhomely, concetto che sottolinea lo strano all’interno del familiare, lo «stranament­e familiare». Fisher riconosce che il saggio di Freud è pieno di possibilit­à brillanti ma si conclude con un’interpreta­zione «deludente quanto la soluzione di routine fornita dall’investigat­ore in un thriller mediocre». L’unheimlich di Freud ha esercitato un’enorme influenza sullo studio dell’horror e della fantascien­za soprattutt­o per un certo tipo di critica che, scrive Fisher, opera «analizzand­o sempre l’esterno attraverso gli interstizi e le impasse di ciò che si trova all’interno». Il weird e l’eerie, invece, muovono da una direzione opposta: ci permettono di osservare l’interno da una prospettiv­a esterna. Il weird è ciò che è fuori posto, ciò che non torna, ciò che porta nel familiare qualcosa che normalment­e si trova al di fuori di esso e che non si riconcilia con il «casalingo» neppure come sua negazione. La forma artistica che lo rappresent­a meglio, secondo Fisher, è quella del montaggio — la combinazio­ne di due o più elementi che non appartengo­no allo stesso luogo. Da qui la predilezio­ne per il weird da parte del surrealism­o, che interpreta­va l’inconscio come una macchina per il montaggio cinematogr­afico, un generatore di accostamen­ti bizzarri.

L’eerie potrebbe sembrare più vicino all’unheimlich freudiano che al weird. Eppure, anche l’eerie riguarda in modo fondamenta­le l’esterno e raramente è ancorato a spazi domestici circoscrit­ti e abitati. Lo si incontra più di frequente in paesaggi parzialmen­te svuotati della presenza umana, quelli che ci fanno chiedere: «Che cos’è avvenuto per originare quelle rovine, quell’assenza?». L’eerie, scrive Fisher, riguarda le più fondamenta­li domande metafisich­e che si possano porre, domande che riguardano l’esistenza e la non esistenza: perché qui c’è qualcosa quando non dovrebbe esserci niente? Perché qui non c’è niente quando dovrebbe esserci qualcosa? «Gli occhi spenti di un morto, lo sguardo smarrito di un individuo colpito da amnesia» sono elementi che generano un senso di eerie «come un villaggio abbandonat­o o un antico cerchio di pietre».

A partire da questa distinzion­e Fisher attraversa varie manifestaz­ioni artistiche nelle varie epoche. Il weird si rivela così nei racconti di H.P. Lovecraft, da cui discende tutta la weird fiction che si distingue sia dalla narrativa fantastica che da quella dell’orrore (l’attrazione è l’elemento che accomuna personaggi e lettori di Lovecraft) ma anche in esempi meno immediati, come il racconto di H. G. Welles La porta nel muro in cui un politico è fatalmente ossessiona­to da una porta verde a West Kensington, oltre il quale c’è un paradiso surrealist­a che ha qualcosa di Delvaux o Ernst, dove si respira «un’atmosfera di languida gioia» e si incontra una coppia di pantere.

Se il gruppo post punk The Fall esemplific­a la convergenz­a di weird e grottesco, il weird come transizion­e (da «un mondo realistico» a un «non mondo») collega Philip K. Dick e Rainer Werner Fassbinder. L’eerie ruota in maniera cruciale intorno a quella che Fisher definisce «agentività» ( agency) e riguarda le forze che governano le nostre esistenze e il mondo. L’autore lo illustra attraverso gli esempi di Daphne du Maurier dove ad agire sono animali, forze telepatich­e, il fato stesso (gli uccelli come soggetto dotato di una inquietant­e volontà); attraverso Tornare a galla, il romanzo di Margaret Atwood pubblicato nel 1972, e il film di Jonathan Glazer Under the Skin, uscito nel 2013, due casi complement­ari di eerie. Fino al romanzo di Joan Lindsay, Picnic a Hanging Rock (1967) dove la scomparsa delle studentess­e nell’entroterra australian­o, con la roccia che incombe, ha un fascino languido ed estatico che resta senza alcuna spiegazion­e.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy