Corriere della Sera - La Lettura
L’elisir d’amore arriva su un camion
Fabio Cherstich da due anni gira l’Italia con la sua Opera Camion: il palcoscenico è il ripiano di un Tir, «porto il teatro fuori dai teatri». Il 22 settembre debutta a Palermo una riduzione di Gaetano Donizetti con le scenografie di Gianluigi Toccafondo e una novità: il quartiere Danisinni farà da quinta, gli abitanti saranno protagonisti Attori «Gli abitanti del quartiere provano da mesi: il coro sono loro. Anche i ragazzi circensi di Danisinni saranno coinvolti»
Fabio Cherstich regista teatrale, lirico, scenografo, autore di performance e di progetti speciali sul design, sulla moda, giovane dai molti talenti, curioso «patologico», frequentatore dell’arte contemporanea, è l’inventore di una formula vincente che ha raccolto il plauso nazionale e internazionale, l’Opera Camion, un grande camion con l’imperiale che diventa palcoscenico, con le pareti che si aprono per ospitare cantanti, attori, tecnici, orchestra.
«È stato un vero esperimento — dice il regista a “la Lettura” —, un rischio: non si era mai fatto prima». Grazie al Teatro dell’Opera di Roma e al Teatro Massimo di Palermo il sogno si è avverato e l’esperimento è riuscito. Ed è stata una festa popolare in tutti i quartieri di Roma, di Palermo, di Milano, e poi in giro per l’Italia — l’Italia centrale colpita dal terremoto e tante Italie cosiddette periferiche — una festa che ha toccato il pubblico, accorso con le sedie e spesso anche con il cibo e le bibite per assistere con tutta la famiglia a questo spettacolo buffo e colorato, ben cantato ed eseguito, sul pianale di un camion scoperchiato. «La prima Opera Camion, la mia versione del Barbiere di Siviglia di Rossini su ruote — continua Cherstich — gira l’Italia esattamente da due anni, dall’estate del 2016, e lo spettacolo ha appena festeggiato la sua trentacinquesima replica».
C’è un’idea alla base di questa avventura, l’idea di portare l’opera lirica al di fuori dei confini istituzionali dell’opera lirica. E naturalmente c’è un maestro. «Oh sì. È Peter Sellars il regista che più ho studiato nel prepararmi all’avventura del teatro musicale. La sua è una scena pregna di tematiche di vero attivismo, di impegno politico e sociale, ricca di riferimenti a culture non esclusivamente occidentali. Un teatro polifunzionale, multiculturale, attuale, perché sensibile a quello che il presente necessita: non solo da un punto di vista spettacolare ma soprattutto da un punto di vista culturale e quindi progettuale».
Qual era, ed è, l’intento di questa operazione che riporta l’opera alle sue radici popolari? «La mia ricerca — aggiunge il regista — ruota intorno a questa domanda: come può il teatro musicale raggiungere un pubblico nuovo, eterogeneo e non elitario, ed essere percepito non più come evento inaccessibile bensì come momento di condivisione culturale e forma di intrattenimento intelligente? La mia risposta è Opera Camion: basta mettergli le ruote e portarlo tra il pubblico, nelle piazze, nelle periferie per offrire, nel vero senso della parola, lo spettacolo dell’opera a chi l’opera non la conosce affatto».
Opera Camion arriverà a giugno del 2019 al suo quarto titolo, Tosca di Puccini, e l’idea del sovrintendente del teatro dell’Opera di Roma Carlo Fuortes è quella di far debuttare il camion in pieno centro, nei luoghi originali della vicenda, per poi portarlo, come da tradizione, nei quartieri periferici.
Ma prima di Tosca ci sarà un nuovo progetto per il Teatro Massimo di Palermo: la riduzione dell’Elisir d’amore — nell’ambito di un progetto che è stato chiamato L’elisir di Danisinni per via del quartiere che ospiterà lo spettacolo —
che debutterà il 22 settembre. Un quartiere nel cuore di Palermo diventa così il luogo in cui svolgere un titolo popolare e accattivante come L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti. Un quartiere dalla storia complessa, un tempo ricco d’acque e sorgenti, un luogo magico e misterioso, come lo definisce Cherstich, scelto dal sovrintendente del Teatro Massimo, Francesco Giambrone. Per L’elisir di Danisin
ni, l’orto e la fattoria a cielo aperto del quartiere diventano loro stessi protagonisti dello spettacolo insieme con gli abitanti del rione. «Un’“opera collettiva” — suggerisce il regista — presentata in versione partecipata e ambientata in un paesaggio urbano poetico e surreale, che non ha eguali nel mondo. Gli abitanti da mesi stanno provando le parti corali: sì, il coro sono i veri abitanti del quartiere, così come parte degli attori coinvolti saran- no ragazzi circensi di Danisinni che hanno piantato uno chapiteau, un tendone, proprio in quel terreno confiscato alla mafia e ora restituito a tutti, gestito da un frate giovane e rock’n’roll, Fra Mauro. Un grande». Con queste iniziative cambia decisamente il rapporto e l’apporto del pubblico all’opera. «Credo sia fondamentale tornare a interrogarci — dice Cherstich — sul ruolo dello spettatore, sul pubblico al quale ci rivolgiamo. Per chi facciamo teatro? Lo spettacolo non dovrebbe forse essere un “dono” per le persone a cui è diretto? Altrimenti meglio fare i pubblicitari».
Il quartiere Danisinni un tempo era percorso dal Papireto, uno dei due fiumi che attraversavano Palermo, e il suo no- me deriva presumibilmente da una storpiatura del nome arabo di una sorgente chiamata Ayu’abi Sa’Idin (la fonte di Abu Said) o dal nome di una bella principessa figlia di Walì, un santo, un saggio che viveva da quelle parti. Il truffatore Dulcamara arriverà tra il pubblico con un camioncino personalizzato che, spalancandosi, diverrà il palcoscenico del suo personalissimo show. Il sergente Belcore sarà accompagnato da squilli di tromba della vera banda dell’Arma dei Carabinieri, e Giannetta sarà una provocante cameriera del chiosco di gelati.
Melodramma giocoso, travagliato percorso verso la felicità. Uno spazio per il divertimento dell’occhio e dell’orecchio, in cui dare vita a una magia semplice e smaccata accompagnata dalla fantasia di Gianluigi Toccafondo, che firma la parte visiva dello spettacolo e le immagini di questa pagina. L’elisir di Danisinni è il primo esperimento di un progetto più ampio che coinvolgerà attivamente nella realizzazione delle opere il pubblico delle piazze di Palermo e della provincia di Palermo e, prosegue il regista, «mi auguro che questa nuova avventura collettiva sfoci in uno spettacolo comico e surreale, l’emanazione diretta e visionaria della musica di Donizetti».
Ma il destino dell’opera lirica è uscire dai teatri, dai velluti e dagli ori? «Non credo si debba per forza fare l’opera fuori dal teatro dell’opera — conclude Cherstich — ma penso sia bello e utile pensare, soprattutto oggi, che l’opera si possa fare anche fuori dalle tavole del palcoscenico, in strada, in un campo, su un camion in attesa chissà di poterla finalmente portare un giorno sulla Luna».