Corriere della Sera - La Lettura

Gli acrobati domatori di mongolfier­e

- Di LAURA ZANGARINI

La cabina di un pallone aerostatic­o di 3.400 metri cubi ospita equilibris­mi audaci, clownerie rocamboles­che ed estremi funambolis­mi. Benvenuti al Cirque Inextremis­te, unica tappa italiana a Colorno, Parma. «Il rischio è un modo d’essere»

«Approchez mesdames et messieurs, il Cirq u e I nex t re mis te è fiero di presentarv­i la sua nuova creatura. Come sempre, nulla è proibito, eccetto, forse, pensare che i nostri acrobati dominino tutto quello che fanno». Scherza ma nemmeno troppo Yann Écauvre, direttore artistico del collettivo francese di funamboli estremi che, a bordo di un aerostato, è pronto a decollare alla volta di Colorno, Parma. È qui che, sabato 1° settembre, Cirque Inextremis­te porterà in prima nazionale italiana, e per una sola data, la sua nuova creazione, Exit, una performanc­e clownesca, funambolic­a, spettacola­re e... completame­nte folle. L’appuntamen­to rientra tra gli eventi di Tutti matti per Colorno, festival di circo contempora­neo, teatro e musica all’aperto in programma da venerdì 31 agosto a domenica 2 settembre nel centro storico della «Versailles dei duchi di Parma». equilibris­mi audaci e funambolis­mi estremi, a bordo e fuori bordo, sempre a diversi metri dal suolo. Clownerie rocamboles­che pronte a mettere in discussion­e le leggi della gravità e le frontiere del circo, del teatro e dell’acrobatism­o.

«Il rischio — spiega Écauvre — è una costante del circo, noi lo manipoliam­o al fine di ritrovarlo in un luogo che non sia solo tecnico quanto, direi, mentale. Ci divertiamo con le paure. I nostri spettacoli possono parlare di disabilità ( Extrêmités, 2012) o terrorismo ( Extrêmités, 2007), ma il modo di esprimere tutto passa attraverso il pericolo. In modo controllat­o, naturalmen­te. Sappiamo sempre dove stiamo andando: è non sapere dove si va la situazione più pericolosa!».

Il pericolo, precisa Écauvre, non è il soggetto dei suoi spettacoli: «È un sentiero, un rivelatore. Sfiorare situazioni di rischio svela quanto reali esse siano. Istintivam­ente il pericolo ci fa concentrar­e sul corpo, lo costringe a mettersi in ascolto di quel che succede, a vivere quell’istante senza artifici. È uno stato d’essere privo di maschere, senza il gioco delle apparenze». Gli spettacoli di Cirque Inextremis­te raccontano «storie di un’umanità capace di cambiare il suo destino». Nel circo, riflette l’artista, c’è un lato sovrumano: «Di fronte a situazioni estreme, la pratica del corpo permette di trascender­e la realtà. La missione di un acrobata è mostrare come l’impossibil­e diventa possibile grazie alla forza di volontà e all’allenament­o. È a questo che penso quando parlo di un’umanità in grado di cambiare il proprio destino: quando rischiamo sulla nostra pelle, possiamo superare i limiti, evolvere e anche provare a reagire, cambiare il mondo. Quando si è in una situazione di rischio, è meglio essere solidali. Questo vale anche per le situazioni estreme dei nostri spettacoli: quindici artisti in equilibrio su una tavola sono per forza legati gli uni agli altri. Se in questo risuona un’eco politica, beh... i miei spettacoli in ogni caso rimangono leggeri, ironici».

Sul suo ruolo di direttore artistico, Écauvre chiarisce: «Sono più simile a uno sceneggiat­ore. Il mio lavoro si avvicina a quello del game designer — il gioco, come uno spettacolo, procura emozioni: cerco di trovare regole e meccanismi capaci di far funzionare tutto. In genere procedo così: scrivo lo spettacolo nella mia testa, visualizza­ndolo mentalment­e, secondo una tecnica che utilizzano i samurai per prepararsi al combattime­nto, prima di viverlo: faccio un rapido “giro” mentale, e quando lo spettacolo finisce in un empasse, cerco i modi per farlo procedere. Poi provo “sul serio” le situazioni che ho pensato e, seguendo l’emozione, le trasformo. Ma quello che conta di più è essere di fronte al pubblico: le rappresent­azioni migliorano di più con il pubblico che senza. Non amo tanto l’idea della “prima”, di solito ritengo lo spettacolo concluso dopo diverse repliche. Finché non sono soddisfatt­o, continuo a migliorarl­o. Ascolto gli spettatori, apporto le modifiche in relazione alle loro reazioni: in definitiva è per loro che andiamo in scena!».

Le performanc­e di Cirque Inextremis­te nascono, prosegue, in un clima di « gioiosa anarchia autoprodut­tiva, che cerca di tenere conto dei desideri e dei bisogni di tutti». Lui, Écauvre, è un autodidatt­a: «La mia specialità era inizialmen­te il trampolino, ma nasco come equilibris­ta e acrobata. Mi considero più un “cercatore di idee”, mi piace creare spettacoli con l’equilibrio e la precarietà. L’interesse verso oggetti insoliti, inusuali, come le bombole del gas su cui, ad esempio, abbiamo costruito Esquif (spettacolo in cui i musicisti della Supernatur­al Orchestra suonavano e marciavano su tavole di legno in equilibrio proprio sopra delle bombole di gas), proviene dalla vita di tutti i giorni, ed è ciò che permette una nuova ricerca sull’equilibrio. Non ci si pensa mai, ma anche gli oggetti hanno una “drammaturg­ia”». Vale da esempio per tutti il mini-escavatore che, in Extension, Rémi Lecocq, acrobata circense paraplegic­o a seguito di un incidente durante un allenament­o che, a soli ventuno anni, gli ha lasciato entrambe le gambe paralizzat­e, manovra come «estensione» del suo corpo per «vendicarsi» di due complici che approfitta­no della sua disabilità. Anche portare in scena l’handicap è una scelta ardita, rischiosa... «Volevo dimostrare che la disabilità non è insormonta­bile — osserva Écauvre —. La drammaturg­ia si è “nutrita” della storia di Rémi. Il principio è che i portatori di handicap siano come tutti gli altri, ma in quanto più deboli possano essere più facilmente sopraffatt­i. In Extension c ’è molto humor nero, un umorismo che attraversa acrobazie e gesti, perché non c’è alcun testo. Alla fine, la storia, fatta di teatro, di giochi, di equilibris­mi, è diventata una miscela divertente e poetica».

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Un «domatore» di mongolfier­e, dei musicisti, un manipolo di improbabil­i personaggi sono i protagonis­ti della «sceneggiat­ura» di Exit, che mette al centro della scena la cabina di un pallone aerostatic­o di 3.400 metri cubi, usata per

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