Corriere della Sera - La Lettura

I decreti antisemiti

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Ottant’anni fa, nel 1938, il fascismo lanciò una dura campagna antiebraic­a, che seguiva le prime norme razziste del 1937, con il divieto del matrimonio tra italiani e indigeni africani, adottate dopo la conquista dell’Etiopia nel 1936. Nel luglio 1938 venne pubblicato il Manifesto della razza, firmato da diversi scienziati, e in settembre furono emanati i primi provvedime­nti per l’espulsione degli stranieri di origine israelita residenti in Italia e l’esclusione da tutte le scuole e le università pubbliche degli studenti e dei docenti ebrei. Il 18 settembre a Trieste Benito Mussolini tenne un discorso antisemita molto violento, che annunciava misure più severe. Seguirono nel novembre 1938 i decreti per la difesa della razza, poi integrati da altre norme nell’estate 1939. Furono vietati i matrimoni tra ebrei e «ariani», fu epurato tutto il pubblico impiego, compresi gli enti parastatal­i. Gli ebrei vennero esclusi dalle banche, dalle assicurazi­oni, dal servizio militare, dalle profession­i di notaio e giornalist­a. Fu vietato loro di essere proprietar­i di beni immobili al di sopra di un certo valore e di prendere a servizio personale domestico non ebraico. Va sottolinea­to che, per quanto si ispirasser­o all’esempio delle norme antisemite emesse in Germania nel 1935 (le cosiddette «leggi di Norimberga»), le misure razziali del fascismo furono assunte da Mussolini in piena autonomia, senza che vi fosse alcuna pressione da parte di Adolf Hitler sul suo alleato italiano

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