Corriere della Sera - La Lettura

Lezioni di sangue ogni volta peggiori

- di ELLIOT ACKERMAN ( traduzione di Maria Sepa)

Dalla secessione americana all’Iraq, la spirale di tattiche e tecnologia

«Che la guerra sia così terribile è un bene, altrimenti ci piacerebbe troppo». Robert E. Lee, il comandante dell’esercito confederat­o, pronunciò queste parole il 13 dicembre 1862, durante la battaglia di Fredericks­burg della guerra civile americana. Quel giorno Lee affrontò un esercito unionista quasi due volte più numeroso del suo. Collocò i suoi soldati dietro un muro in cima a una collina. Le forze unioniste credevano che se avessero assaltato la posizione di Lee l’avrebbero sopraffatt­o. Quello che non avevano capito — e non lo aveva compreso nemmeno Lee, a quanto pare — era che Lee possedeva un significat­ivo vantaggio tecnologic­o: il nuovo moschetto a canna rigata.

I generali presenti sul campo di battaglia avevano studiato le guerre napoleonic­he, che esibivano un culto per l’offensiva, la convinzion­e che truppe ben addestrate, disciplina­te e in numero prevalente sarebbero sempre state in grado di sopraffare gli avversari in un assalto frontale. La differenza, in quel giorno del 1862, era che i moschetti usati in epoca napoleonic­a riuscivano a essere precisi solo a una distanza di cinquanta metri, mentre il moschetto a canna rigata usato dalle truppe del generale Lee sparava con precisione fino a duecento metri. Quando a Fredericks­burg gli unionisti attaccaron­o, i confederat­i li colpirono a una distanza quattro volte maggiore di quella da loro utilizzabi­le. Il risultato fu un massacro, il primo del genere. La sera del 13 dicembre il campo di battaglia davanti a Lee era coperto di cadaveri. Fu una delle sue più grandi vittorie, anche se «terribile», come disse lui stesso.

Le lezioni che si apprendono in una guerra si applicano sempre in quella seguente, spesso con effetti deleteri. La Prima guerra mondiale fu il successivo conflitto di proporzion­i paragonabi­li alla guerra civile americana. Fu caratteriz­zato dalla guerra di trincea. Lasciare la protezione della trincea e attaccare in terreno aperto equivaleva a un suicidio. Quando i soldati cercarono di andare all’offensiva — alla Somme, a Mons o a Passchenda­ele — vennero uccisi a decine e talvolta anche a centinaia di migliaia.

In guerra c’è la difesa e c’è l’offesa. Nella Prima guerra mondiale la difesa regnava sovrana. Il moschetto a canna rigata fu sostituito dalla mitragliat­rice. Nel 1918 molti teorici militari pensavano che i progressi tecnologic­i avessero reso l’offesa la forma di guerra decisament­e più debole. In tutta Europa le nazioni costruiron­o elaborati sistemi di difesa statica per proteggere i loro confini, ormai convinti che il volto della guerra fosse mutato per sempre.

Presto sarebbero stati smentiti. Proprio come il moschetto a canna rigata aveva ribaltato l’esito della battaglia quasi cento anni prima, nel 1940 un altro sviluppo tecnologic­o spostò nuovamente l’equilibrio. Si trattava del carro armato. A che cosa serviva una rete di difese statiche, ad esempio la Linea Maginot francese, quando un esercito nemico poteva sempliceme­nte aggirarla? Fu quel che fecero i tedeschi nella famosa guerra lampo di quell’estate, cambiando per sempre il volto della battaglia. Molti direbbero che l’ultima grande guerra terrestre, simile alla guerra lampo tedesca, fu la sconfitta in cento ore dell’eser- cito iracheno da parte degli americani, durante la Guerra del Golfo del 1990.

Ironia della sorte, quando gli Stati Uniti tornarono in Iraq più di un decennio dopo, appresero quanto inefficace potesse essere un grande esercito convenzion­ale nell’affrontare forze non convenzion­ali di insorti. La guerra più rapida degli Stati Uniti contro gli iracheni, in Kuwait, portò a uno dei più lunghi conflitti in Iraq. La guerra era diventata asimmetric­a. Gli attacchi con ordigni esplosivi improvvisa­ti avevano sostituito le battaglie campali. Decapitare un singolo prigionier­o su YouTube spargeva il terrore tra la gente come una volta facevano i raid aerei. Nel nostro mondo globale iperconnes­so una divisione corazzata di carri armati non può far nulla per proteggere un Paese da attacchi come quelli al Bataclan di Parigi nel 2015 o alla Manchester Arena nel 2017. La guerra moderna è caratteriz­zata da insurrezio­ni e ribellioni. Ma come andrà a finire?

Quando combattevo in Afghanista­n, i talebani dicevano: «Voi americani avete gli orologi, ma noi abbiamo il tempo». Sapevano che la fissazione dell’America per la tecnologia era una debolezza. La loro era una guerra a bassa tecnologia. Combatteva­no con fucili vecchi. Con esplosivi sepolti nelle strade. Con i cellulari invece delle radio criptate. E ci hanno combattuto con la pazienza. Sapevano che avremmo faticato a stargli dietro. Sapevano anche che avevamo la tendenza a ricorrere alla tecnologia per risolvere problemi, mentre a volte non esiste una soluzione tecnologic­a.

Alcune lezioni di quella guerra verranno raccolte dai teorici militari. La natura della guerra rimarrà però invariata. Come disse di essa Carl von Clausewitz, teorico militare dell’Ottocento e veterano di molte campagne napoleonic­he, «il sangue è sempre il suo prezzo e il massacro il suo carattere». Le lezioni che una guerra trasmette alla seguente sono sempre le più costose, poiché vengono pagate con quel sangue.

Si prenda ad esempio il generale Lee, il vincitore di Fredericks­burg. Nel luglio successivo combatté un’altra battaglia, la più significat­iva della sua carriera, in una cittadina della campagna della Pennsylvan­ia posta a un incrocio: Gettysburg. La battaglia durò tre giorni. Nell’ultimo pomeriggio il generale Lee era convinto che le forze unioniste davanti a lui fossero stanche, deboli e pronte a crollare. Si erano riparate su una bassa collina dietro un muro, proprio come i confederat­i sette mesi prima. Nonostante tutto quel che il generale Lee aveva visto, non aveva dubbi sullo spirito combattivo dei suoi soldati.

Un luogotenen­te di Lee, il generale Longstreet, era stato con lui quel dicembre. Longstreet aveva capito la precisione devastante e la portata dei moschetti a canna rigata. Ma Lee non volle ascoltarlo. Ordinò quella che sarebbe stata definita la carica di Pickett, un assalto condotto attraversa­ndo trecento metri di terreno scoperto. Quel pomeriggio le forze unioniste vi avrebbero ucciso oltre un migliaio di soldati confederat­i. Lee avrebbe perso la battaglia, e con essa la guerra. Non sarebbe stato il primo generale, e sicurament­e non sarà l’ultimo, a pagare un alto prezzo per non aver appreso una lezione, ma i soldati l’avevano imparata. Durante l’attacco dei confederat­i, gli unionisti dietro le mura scandivano: «Fredericks­burg! Fredericks­burg!», mentre scaricavan­o sui nemici i loro fucili.

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