Corriere della Sera - La Lettura
La una e trina dell’idolatria vinta da
Cristo e il demonio tentazione Gesù
L’episodio delle tentazioni di Gesù, riportato con qualche leggera variante da due Vangeli sinottici, quello di Matteo (4, 1-11) e quello di Luca (4 (4, 1-13) — in Marco vi è soltanto un breve cenno (Mc 1, 12s.) —, ha avuto nel corso del tempo ampia risonanza in campo artistico e letterario. Il «no» radicale del Figlio di Dio alle lusinghe del d demonio è divenuto oggetto di rapprese sentazioni pittoriche di grande suggest stione e di curiose (talora contrastanti) in interpretazioni teologiche — come non ri ricordare il «Grande Inquisitore» di Dost stoevskij? — accomunate dal desiderio d di mostrare la vittoria del bene sul male.
Il racconto evangelico non manca di so sorprendere. La «prova» ha luogo in un c contesto particolare: il deserto, scelto da Gesù per dare inizio alla «vita pubblica» digiunando e pregando. L’astuzia del demonio sta nel solleticare il desiderio profondo (e deviante) dell’uomo, che lo spinge a rivendicare la propria radicale autonomia e autosufficienza, facendo a meno di Dio, anzi sostituendosi a lui. La replica di Gesù non si fa attendere. Il rifiuto del miracolo come semplice manifestazione di potenza a proprio vantaggio — la trasformazione delle pietre in pane — , il diniego del potere mondano — la signoria sui regni della terra — e, infine (ma non ultima in ordine di importanza), la rinuncia a piegare Dio alle proprie esigenze mettendolo alla prova, sono altrettanti segni dell’assoluta fedeltà del Figlio alla volontà del Padre.
Gli studi esegetici più recenti rilevano come le tre tentazioni siano riconducibili in realtà a una: la sollecitazione a trasgredire il primo comandamento, quello che ordina di non farsi di Dio alcuna immagine e di non nominarlo allo scopo di salvaguardarne l’assoluta trascendenza. L’episodio acquista in tal modo un valore simbolico; segna con chiarezza la linea di demarcazione tra vera e falsa religione, tra la fede autentica e il ricorso all’idolatria. Ma l’episodio delle tentazioni introduce un ulteriore elemento di riflessione, legato alla presenza dell’altro protagonista, il «tentatore».
Il «no» di Gesù non si limita semplicemente a respingere le proposte di Satana; è, più radicalmente, un «no» nei confronti della sua persona, in quanto raffigurazione del male assoluto. E solleva per questo l’inquietante questione dell’origine del male; questione che, nonostante i molti tentativi di filosofi e teologi di darne un’interpretazione, non ha trovato finora risposte soddisfacenti. Il mysterium iniquitatis come lo definisce, con una incisiva espressione, la Rivelazione, continua ad essere inviolato. Rimane dunque, tutto intero, l’enigma. Ma la vittoria di Gesù sul maligno, grazie alla potenza della Parola («Sta scritto»), apre la via alla speranza. E sollecita l’impegno di ciascuno a lavorare, perché il male venga ogni giorno sconfitto, e si faccia sempre più spazio alla presenza nella storia del regno del Signore.