Corriere della Sera - La Lettura
Lo specchio diventa un dottore Il museo riflette il futuro
che si candida a diventare la «città-Stato dell’intelligenza artificiale», aprirà nel 2019 un centro espositivo permanente in cui sperimentare — oggi — le tecnologie di domani. «Vogliamo ispirarne un uso positivo. Gli automi potranno diventare più abili di noi umani, ma non per forza vorranno distruggerci», dice a «la Lettura» il direttore Noah Raford, che arriverà a Milano per Meet the Media Guru venerdì 28 settembre
Una serra automatica, dove frutta e verdura crescono in base ai bisogni del nostro corpo, valutati da un computer. Meduse «aumentate», di grandi dimensioni, che entro il 2050, grazie all’interazione tra intelligenza artificiale e biotecnologie, serviranno a desalinizzare l’acqua del mare, per scongiurare la sete minacciata dal riscaldamento globale.
Tecnologie più o meno visionarie al servizio della vita umana, già immaginate — e in diversi casi sperimentate — al Museo del Futuro di Dubai, istituzione che dal 2014 ha organizzato cinque mostre temporanee e che dalla fine del 2019 diventerà permanente. Il direttore è l’americano Noah Raford, 40 anni, studi al Mit di Boston e alla London School of Economics, oggi ingaggiato dall’emiro Mohammed bin Rashid Al Maktoum come Futurist-inChief (capo del team dei futurologi) della Dubai Future Foundation, agenzia governativa che presiede all’ambiziosa agenda digitale dello sceicco. Il programma va dal Museo del Futuro alla stampa 3D degli edifici (l’obiettivo è che il 25% di ogni costruzione sia realizzato in questo modo entro il 2030), fino ai trasporti a guida automatica (il 25% di ogni itinerario entro il 2030), dall’introduzione della piattaforma Blockchain a un acceleratore di startup provenienti anche dall’estero. Dubai si è proclamata «la città-Stato del futuro in tema d’intelligenza artificiale», ha scritto lo scorso marzo la rivista «Time» (sollevando però ragionevoli dubbi su come innovazione e apertura potranno convivere con il regime autoritario dell’emirato).
Proprio l’intelligenza artificiale — ambito per cui lo sceicco ha creato un apposito ministero, in mano a un ventisettenne — è stata al centro di una mostra del Museo del Futuro lo scorso febbraio. E lo stesso Raford è stato membro del Global Agenda Council del World Economic Forum su intelligenza artificiale e robotica. «La Lettura» gli ha parlato in anteprima, in attesa che arrivi a Milano, il 28 settembre, ospite di Meet the Media Guru.
Quali sono i temi e il tipo di esperienza del visitatore nel Museo del Futuro?
«Un percorso provocatorio ed emozionale. Il nome stesso è un ossimoro. Di solito un museo è un archivio del passato. Il nostro è una macchina del tempo proiettata in avanti. Appena entri, sei già nel domani. Un domani non troppo lontano, che si può sperimentare».
Come nella serie «Black Mirror», sugli effetti a breve termine della tecnologia.
«In quel caso però sono sempre negativi. Noi invece cerchiamo di ispirare l’uso positivo dell’innovazione, da parte dei singoli ma anche di Stati e aziende: per combattere il cambiamento climatico ma anche costruire case più sicure, ecosostenibili ed economiche, oppure favorire una relazione costruttiva con i robot e l’intelligenza artificiale. Per farlo il Museo usa mezzi come la realtà aumentata o le tecnologie indossabili ma a volte basta solo uno schermo attraverso cui il visitatore si rapporta con un’entità digitale».
L’intelligenza artificiale, come sostiene la teoria della singolarità, supererà quella umana?
«È una possibilità. L’intelligenza artificiale sta già crescendo. Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, crede sia più importante della scoperta del fuoco, mentre secondo Elon Musk metterà a rischio “l’esistenza della civiltà umana”. Servirebbe una narrazione con più sfumature, in cui il tema non sia chi dominerà chi, ma piuttosto se sarà possibile una relazione, un rapporto diplomatico e di negoziazione tra l’uomo e la macchina. Si pensi al modello genitori-figli: un padre è più forte di un bambino ma non per questo vuole sopraffarlo, anzi se ne prende cura. Anche le intelligenze artificiali, in grado di apprendere, impareranno la moralità dalle relazioni, non attraverso la programmazione informatica».
La tecnologia potrebbe piuttosto aiutarci a diventare più forti, nel corpo e nella mente, come sostengono i transumanisti?
«Siamo già transumani: l’iPhone, ad esempio, è una nostra estensione. Ma il futuro non è scritto, è pieno di colori e cambierà a seconda di quanto matura e sofisticata sarà la relazione con il potere che la tecnologia ci dà».
Fake news, privacy violata: che cos’è successo nella nostra relazione con Facebook?
«Chi lo ha creato ne conosceva le conseguenze. Facebook è l’effetto di un’economia basata sull’acquisizione di dati in cambio della condivisione. Ciò che vediamo ora è la rivelazione agli utenti comuni. Non sarebbe successo se fossero stati educati, se ne avessero sperimentato tutti gli aspetti. È quello che cerchiamo di fare al Museo. Qualche anno fa abbiamo ideato un bagno in cui lo specchio misurava i parametri della nostra salute e dava consigli sullo stile di vita. Dopo una prima fase di gioia per non dover andare dal dottore, gli ospiti si sono sentiti a disagio e hanno iniziato a chiedersi dove finissero i loro dati».