Corriere della Sera - La Lettura
Ultime grida dalla Russia libera Berdjaev e Struve contro i sovietici
Avevano scorto per tempo l’abisso in cui la loro patria stava per cadere. E ora, a catastrofe avvenuta, lanciavano un disperato appello intitolato Dal profondo. Bene ha fatto l’editrice Jaca Book a riproporre un anno fa questo volume, che comprende saggi di prestigiosi intellettuali russi — tra cui Nikolaj Berdjaev, Sergej Bulgakov, Semjon Frank, Pjotr Struve — scritti tra l’aprile e il luglio 1918, nel caos iniziale della rivoluzione bolscevica. Unanime e lucido il giudizio negativo degli autori sul potere sovietico che, scriveva sarcastico Aleksandr Izgoev, «dopo aver distrutto tutti gli stimoli al lavoro», per governare il Paese era costretto a «fare di cinque abitanti un capo, una spia e un poliziotto contro gli altri due». Interessante anche la diagnosi storica di Struve, che era stato tra i padri del socialismo russo: a suo avviso nel Settecento la vittoria dell’autocrazia zarista sulle «aspirazioni costituzionali» della nobiltà aveva posto le premesse per l’estraniazione dallo Stato dei ceti istruiti, che avevano finito per abbracciare idee rivoluzionarie estreme, da lui e da altri autori già criticate nell’antologia del 1909 La svolta, edita anch’essa in Italia da Jaca Book. L’estremismo degli intellettuali e la furia delle masse per le sofferenze subite nella Prima guerra mondiale, notava Struve nel 1918, avevano prodotto danni immensi, che solo una restaurazione dello spirito nazionale avrebbe potuto risanare. Ma gli antibolscevichi fallirono. A rilanciare la potenza e l’orgoglio patriottico della Russia avrebbe pensato a suo modo Iosif Stalin, accentuando però i vizi strutturali del sistema comunista indicati nei saggi di Dal profondo e destinati a produrne il collasso.