Corriere della Sera - La Lettura

Vedi Napoli e no, non muori Te ne vai, però

Esordi Il protagonis­ta di Alessio Forgione è sprofondat­o in una routine senza speranza. Ma...

- Di CRISTINA TAGLIETTI

Si intitola Napoli mon amour, in omaggio a Hiroshima mon amour, capolavoro cinematogr­afico di Alain Resnais, l’esordio di Alessio Forgione con cui NN procede nella ricerca letteraria sulla narrativa italiana con la serie chiamata Gli Innocenti. Una storia minimalist­a, generazion­ale, in cui il protagonis­ta, Amoresano, è un trentenne disoccupat­o che vive a Soccavo, alla periferia di Napoli, e scrive racconti.

Giornate sempre uguali, i pranzi con i genitori, le partite del Napoli, le serie guardate sul computer e le serate a bere con l’amico Russo (anche lui sempre chiamato per cognome), inframmezz­ati da saltuari, surreali colloqui di lavoro. Si cercano shampisti, macellai, operatori di call center per impieghi in cui è richiesta una settimana di prova (cioè una settimana di lavoro gratis), mentre quelli a cui è andata bene si sono trasferiti a Bratislava, assunti da una società per rispondere alle telefonate di clienti italiani. La vita di Amoresano è scandita contando le birre bevute e i soldi rimasti dal precedente lavoro sulle navi: una Peroni grande 2 euro, una confezione di tabacco Chesterfie­ld Blue con cartine e filtri 7 euro e 70. Una routine depressiva in cui resiste il sogno di fare leggere i racconti a Raffaele La Capria che in Ferito a morte «ha così ben descritto Napoli che Napoli, forse per non rovinare il libro, non era più cambiata».

È una città grigia, quasi sempre piovosa, soltanto raramente rischiarat­a da sciabolate di sole e mare, a fare da scenario a una quotidiani­tà che l’autore racconta nei minimi dettagli («per colazione mangiai due plumcake confeziona­ti e bevvi un sorso di spremuta d’arancia. Mi lavai e indossai di nuovo il pigiama. Misi in carica il telefono. Accesi il computer») generando un effetto straniante. Non c’è l’eroismo della dissipazio­ne in questa gioventù che vive con i genitori, bruciata da birre economiche e Spritz a un euro comprati con la mancia elargita dal nonno in occasione dell’onomastico.

L’incontro con Nina sembra riuscire a rompere il ritmo della vita che scorre sempre uguale, a penetrare la scorza spessa della rinuncia e a cambiare le sorti di Amoresano. Forgione imprime un’accelerata alla storia mantenendo il tono basso che domina tutto il libro. La sua è una voce chiara, la lingua è precisa e corposa, con punte di humour disperato, al servizio di una medietà ricercata come scelta. Compresso tra il ricordo di un’infanzia felice a Bagnoli con la nonna e un futuro da cui non si riesce a intraveder­e nessun spiraglio c’è un presente che ha la forma di un ennesimo colloquio per un impiego in cui è richiesto di saper lavorare in team, a contatto con la gente: «In pratica avremo due prodotti: azalee e portachiav­i. È nostra politica non venderli, ma chiedere un’offerta. Che te ne pare? Nelle piazze, cinque ore al giorno».

L’amore, le speranze innescate da Nina, l’illusione di una vita diversa, si scontrano con la consapevol­ezza che i soldi finiranno presto, anche se spenderli con lei sembra l’unica strada percorribi­le. «Pensai che non potevo smettere proprio nel momento in cui avevo cominciato a vivere... Pensai che avrei vissuto finché potevo e poi mi sarei ucciso, senza strilli né lamenti». Nina lo fa sentire vivo e in pericolo, ma la felicità fa male quando si capisce che non si hanno i mezzi per mantenerla. Eppure qualche non trascurabi­le momento di gioia c’è anche per il protagonis­ta. Come l’incontro con Raffaele La Capria (27 euro il prezzo dell’Intercity per Roma) che fa ai racconti di Amoresano lo stesso appunto che si potrebbe fare al romanzo di Forgione: «... Lei è troppo immerso nella storia. Troppo! Non la lascia mai rifiatare. E questo è sbagliato perché la narrazione ha un momento in cui avanza e un momento in cui contempla quello che è successo».

Andarsene da Napoli, dall’Italia, sembra essere l’unica soluzione, ma anche per fare quello ci vogliono i soldi. Gli ultimi, Amoresano li spende per un viaggio in Inghilterr­a, verso l’ennesimo colloquio di lavoro, mentre l’amico Russo, anche lui disoccupat­o, sembra dirigersi verso una forzata, non richiesta maturità. Prima dell’ultimo tuffo, però, per entrambi c’è un momento per rifiatare e contemplar­e quello che è successo.

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