Corriere della Sera - La Lettura
Il noirista Lemaitre è l’erede di Dumas
Quando uscì Alex nel 2011, i maniaci delle classificazioni letterarie elessero Pierre Lemaitre re del noir psicopatico. Alla pubblicazione di Lavoro a mano armata (2013), gli stessi maniaci decretarono l’annessione al suo reame anche dei territori del noir sociopatico. Ci rivediamo lassù, romanzone del 2014 sulla Grande Guerra (voto in pagella 9), spiazzò di brutto i catalogatori compulsivi: di che razza di noir si trattava stavolta? «Un noir storico» fu la risposta dopo lunghe riflessioni, definizione che stava ancora stretta al libro e all’autore. Ora, con I colori dell’incendio, seconda puntata della trilogia iniziata da Ci rivediamo lassù, tutto è chiaro: Lemaitre non è semplicemente un noirista (aggiungete pure un aggettivo a piacere), ma è l’erede universale di Dumas, il maestro del Conte di Montecristo. La sua Edmond Dantès è femmina e si chiama Madeleine, figlia viziata di un ricchissimo banchiere. Morto il papà, Madeleine resta vittima di una congiura che le fa perdere il patrimonio di famiglia. A questo punto, in una Francia (quella degli anni Trenta del Novecento) travolta da scandali politici e finanziari, sconvolta da famigerati delitti (i casi di Violette Nozière e delle sorelle Papin), Madeleine giura che vendicherà lei stessa e suo figlio, un ragazzo geniale e sfortunato. Come narratore, Lemaitre ha un’apertura alare da aquila reale. Vola alto su trame vertiginose e personaggi indimenticabili: Léonce, la prostituta che sembra la Manon Lescaut di Puccini; Delcourt, infame giornalista mondano; Vladi, la cameriera che parla solo polacco, e Solange, la cantatrice lirica che somiglia a Buddha e piace a Hitler, figure degne di una pièce di Ionescu; il fido monsieur Dupré che, deluso dal comunismo, sceglie di combattere il sistema da privatista. Pierre Lemaitre sta scrivendo il romanzo nazionale francese. Somiglia a un balletto di scheletri tirati fuori dall’armadio de la Patrie. «Marchons! Marchons!».