Corriere della Sera - La Lettura
Il rivoluzionario silente
Mostrò che le storie si raccontano anche progettando libri Il Sessantotto giocoso (e radicale) di Bruno Munari
C’è un piccolo attico in via Vittoria Colonna a Milano, c’è un tavolo da lavoro ordinatissimo, c’è una collezione di piante in miniatura alla maniera giapponese. Si tratta della stazione trasmittente dalla quale Bruno Munari — egli stesso uomo-miniatura — emette verso il mondo in quantità idee visuali di ogni tipo: dagli occhiali di cartone senza lenti per una campagna presidenziale americana, alla scimmietta snodata in gommapiuma, eccezionale giocattolo per intellettuali. Un lavoro dimostrativamente svolto in letizia, una attività ludica applicata alle cose minimali, un finto disimpegno per gli oggetti sostanziali, l’esile magia dell’effimero, il mestiere sapiente di un astuto giocoliere. «Datemi quattro sassi e una carta velina e vi farò il mondo delle meraviglie». Alessandro Mendini
Era il 1968, e un signore di 60 anni da poco compiuti, dai capelli bianchi e in giacca e cravatta, sempre garbato e misurato, aveva deciso di fare la rivoluzione, ma senza darlo a vedere («la rivoluzione va fatta/ senza che nessuno se ne accorga»), dimostrando il suo sostegno alle contestazioni giovanili con un’azione dirompente e silenziosa: (continuare a) occuparsi dei bambini, perché loro sono il futuro.
E così, in quell’anno in cui tutto è stato rimesso in discussione, Bruno Munari pubblicava Nella nebbia di Milano, cuore di una trilogia di libri per bambini non semplicemente scritti e «illustrati», ma più propriamente «progettati». Perché del progettista dotato di pensiero affilato, quel libro, pubblicato originariamente da Emme Edizioni (di Rosellina Archinto) e poi negli anni riproposto da Corraini (che da più di trent’anni sono i suoi editori e galleristi di riferimento), è evidentemente figlio.
Munari disegnava bene, era graziato da una mano «felice», e aveva già «illustrato» testi suoi e di altri autori (come i celebri Favole al telefono e Il libro degli
errori di Gianni Rodari), ma in questi suoi volumi supera il semplice ruolo di illustratore e/o scrittore, assumendone uno più ampio, quello del progettista appunto.
Un progettista che inventa il modo di illustrare, e senza necessariamente dise- gnare, a l c une part i col a r i condizioni «ambientali».
Nel primo libro di questa ideale trilogia/manifesto, Nella notte buia, pubblicato nel 1956 per Muggiani, Munari per mostrare il colore della notte scura, un «quasi nero» come avrebbe detto lui, sceglie un cartoncino nero «opaco», che rappresenta il miglior supporto possibile per raccontare quel momento della giornat a . Nel te r zo , Cappuccetto Bianco