Corriere della Sera - La Lettura
Il videogame per vivere le psicosi degli altri
«Transference» è un’esperienza che produce reazioni sensoriali
Il primo a usare i videogiochi per esplorare la mente umana fu Timothy Leary. Nel 1986 lo psicologo e scrittore statunitense più noto per essere diventato suo malgrado il profeta della psichedelia — è suo lo slogan tinto di Lsd «Accenditi, sintonizzati, abbandonati» — pubblicò Mind Mirror, un videogame progettato per psicanalizzare i giocatori. Leary ripeté l’esperimento qualche anno dopo, con l’idea di rendere interattivo Neuromancer, uno dei romanzi cyberpunk più celebri di William Gibson. Il tentativo fallì, ma l’intuizione oggi si concretizza in Transference (a destra: dettaglio della copertina), esperienza in realtà virtuale prodotta dalla SpectreVision di Elijah Wood (il Frodo del Signore degli anelli). Su Playstation 4, Transference racconta di uno scienziato deciso a testare sui familiari una tecnologia che trasporti la coscienza da un corpo all’altro. È la traduzione digitale della traslazione freudiana: immerge il giocatore fra i fantasmi altrui e trasforma in un thriller le origini di un trauma. Un po’ Black Mirror, un po’ escape room, Transference svela una potenzialità inedita: percepire a livello sensoriale psicosi non nostre. È così efficace da rendersi quasi fastidioso per chi lo giochi. Ed è evidente sia questo l’obiettivo degli autori, interessati a esplorare gli orizzonti di un mezzo espressivo nuovo e, forse, a suggerirne usi tutt’altro che ludici. Leary apprezzerebbe; chissà quali porte avrebbe spalancato, lui, con un visore vr.