Corriere della Sera - La Lettura

UN FINTO RISPETTO CHE NEGA I DIRITTI

- Di ANTONIO CARIOTI

Viene prima l’autonomia dell’individuo o l’appartenen­za etno-religiosa? È un dilemma che credevamo di aver risolto in Europa attraverso la laicità dello Stato. Ma la ripresa degli integralis­mi religiosi e soprattutt­o l’immigrazio­ne di fede islamica stanno rimettendo tutto in discussion­e, con il pericolo che si arrivi a «trattare i diversi gruppi come comunità separate» anche in omaggio a un malinteso rispetto per le culture dei Paesi poveri minacciate dall’omologazio­ne al modello occidental­e.

È la questione sollevata con molte buone ragioni da Cinzia Sciuto nel libro Non c’è fede che tenga (Feltrinell­i, pp. 188, € 20): un’arringa in difesa dei diritti umani universali contro l’idea che si possano accettare in uno Stato democratic­o giurisdizi­oni distinte secondo criteri confession­ali, tipo i tribunali che già adesso in Gran Bretagna applicano la legge islamica nel campo dei rapporti famigliari.

Valide in linea di principio, le posizioni di Cinzia Sciuto peccano forse nell’ipotizzare una separazion­e netta tra politica e religione, di fatto inestricab­ili, e nell’indicare un ideale astratto d’individuo autonomo che non si dà nella storia, dato che ciascuno di noi è il prodotto di un retroterra famigliare, culturale, spirituale. Tra i diritti dell’uomo c’è anche quello di professare e propagare una visione del mondo: il criterio della laicità resta utile per combattere le pretese eccessive in questo campo, ma c’è un’area d’inevitabil­i compromess­i non facile da delimitare.

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