Corriere della Sera - La Lettura
America, Siberia, India Equilibri che vacillano
Nel 2015 ho comprato una baita in una piccola città rurale sulle montagne del Berkshire, in Massachusetts. Uno dei motivi per cui avevo scelto quel posto particolare — a tre ore di macchina dal mio appartamento a New York — riguardava il fracking, la fratturazione idraulica. Allora la guerra sul fracking — la rimozione del gas naturale dalle rocce sedimentarie che giacciono in profondità con l’uso di un liquido ad alta pressione — imperversava negli Stati Uniti da quasi un decennio. Da una parte c’erano gli ambientalisti, dall’altra le compagnie petrolifere e del gas. Nel mezzo c’erano i piccoli proprietari di terreni agricoli che rinunciavano ai loro diritti minerari per un assegno di cui avevano molto bisogno, mentre continuavano a chiedersi se la loro acqua e la loro terra sarebbero state contaminate per il resto dei loro giorni. Il Massachusetts non era nell’area del Bacino di Marcellus, ricco di gas, e non era quindi un territorio interessante per le compagnie energetiche. Le dure lotte e contestazioni e i rapaci impianti di «energia pulita» erano più a ovest, negli stati di New York e della Pennsylvania. Poi, nel 2017, la Tennessee Gas Pipeline, società filiale di Kinder Morgan, gigante energetico con sede a Houston, in Texas, è arrivata a Sandisfield, la mia cittadina in Massachusetts, con il piano di estendere un oleodotto che trasporta il gas da New York al Connecticut. Il cantiere di questo progetto avrebbe comportato la distruzione di boschi antichi e di sette chilometri di aree umide protette dallo Stato, e avrebbe prodotto 2.000 tonnellate di acqua contaminata. Sono arrivate frotte di contestatori, , mentre la gente del posto temeva l’inquinamento dell’aria, del cibo e dell’acqua potabile. Il progetto violava la costituzione dello Stato. Sono state avviate battaglie legali. Ma come ha detto il mio vicino di casa elettricista una mattina di primavera, poco prima che Kinder Morgan ottenesse il via libera dal governo federale, «non si può battere una compagnia energetica da miliardi di dollari. Vinceranno sempre loro perché possono permetterselo. Perché provarci?». La cosa si è rivelata giu- sta. Ma è così che una piccola città americana finisce per r fare la guerra a sé stessa.
Lo sferzante e brillante romanzo di Jennifer Haigh, L’America sottosopra (Bollati Boringhieri) racconta la crisi di una piccola città sotto assedio da parte di una società energetica del Texas e delle sue consociate attive nel fracking. Diciamo che si tratta della corsa all’oro del XXI secolo. Come fosse un’invasione aliena, Haigh apre il libro descrivendo il primo camion che arriva a Bakerton, città rurale della Pennsylvania, nella primavera del 2010: al volante c’è Bobby Frame, un giovane interessato a comprare i diritti minerari dei residenti. Frame è un compratore, non un venditore, nondimeno padroneggia con perfezione il gergo sdolcinato degli astuti venditori: «Un tesoro sepolto», dice Bobby, gustando quelle parole poetiche. «Il Bacino di Marcellus è la cassetta di sicurezza della natura, i suoi tesori nascosti sono l’assicurazione per il futuro. Ora, finalmente, l’ingegno americano ha trovato la chiave».
Bakerton non è estranea a promesse di tesori nascosti. È sorta alla fine del XIX secolo come città mineraria, ma quando i profitti vennero meno, la terra e gli uomini che lavoravano nelle miniere furono privati di ogni beneficio economico e lasciati stremati e sconfitti. Bakerton è una città fantasma, su cui ancora aleggia la maledizione dei tempi migliori e degli antenati morti di silicosi o di disperazione. Ma uno dei temi centrali del romanzo di Haigh è che ogni generazione deve imparare di nuovo a ap proprie spese le stesse terribili lezioni. Alcuni abitanti di Bakerton non cedono all’offerta di Frame, ma la maggior gio parte si arrende alla tentazione di ottenere denaro facile. fac A Rich Devlin, una guardia carceraria con una moglie m casalinga e nevrotica e due bambini piccoli, quel denaro de offre la speranza che si realizzi il sogno di coltivare va la terra di famiglia. (Il fatto, come si scoprirà più avanti av nel romanzo, che la contaminazione dalle trivellazioni laz renderà la terra di Devlin non adatta per l’agricoltura, tu è solo un altro segno che questi residenti sono destinati sti al disastro non appena lasciano entrare Frame in cucina cu e lo stanno a sentire). Anche prima che la squa- dra addetta al fracking arrivi e che il primo impianto di perforazione sia costruito, si scatena la lotta tra vicini, fratelli e partner, mentre la città si prepara all’invasione e a una manciata di denaro che la sconvolgerà.
Haigh sa descrivere i luoghi con grande efficacia. Non ci stupisce sapere che è nata e cresciuta in una cittadina carbonifera della Pennsylvania, perché scrive di queste strade, case e bar con precisione straordinaria. Nessuno sembra dormire bene a Bakerton. Gli uomini sono troppo stanchi per radersi. Le strade sono dissestate e droghe come le metanfetamine si stanno diffondendo sempre più. Il fratello di Rich Devlin, Darren, ex eroinomane che torna in visita a casa, riassume il posto meglio di tutti: «La quintessenza di un’infanzia a Bakerton è questa: dare per scontato che tutto quel che vale è già accaduto. La città è solo il dopo». Ma in mezzo a questo paesaggio ruvido, impoverito e grigio, Haigh ha inserito dei personaggi che sono dei gioielli luminosi: non solo i Devlin, ma anche Mack e Rena, una coppia lesbica che vive in una fattoria biologica e che non accetta di vendere i suoi diritti sul gas. Il percorso di Rena Koval, in particolare, da infermiera di pronto soccorso ad attivista ambientalista è una delle storie più ispirate e convincenti. Haigh non si limita, però, a interessarsi solo dei residenti di Bakerton. Scava anche nella vita della squadra dei perforatori, come il responsabile delle operazioni Herc che
Disastri ambientali e umani Nel romanzo di Jennifer Haigh la cittadina rurale di Bakerton diventa meta e vittima di una nuova corsa all’oro, quella del gas naturale, estratto dal sottosuolo con il metodo del «fracking», terribilmente inquinante. È una storia che si ripete, ed è una storia (americana) fatta di paura e povertà: gli abitanti vendono alla grande società energetica texana i diritti minerari, le perforazioni devastano le risorse idriche, i bambini si ammalano. E le colpe non sono così semplici da trovare
corteggia la donna pastore protestante del luogo. L’occhio panoramico di Haigh arriva fino al fondatore e amministratore delegato della società energetica di Houston, la Dark Elephant, un texano arrogante di nome Kip Oliphant, più determinato a scommettere contro ogni cautela che a occuparsi delle vite lontane che sta mettendo a rischio con le perforazioni. Tutti i personaggi di Haigh prendono vita nei dettagli. Anche se L’America
sottosopra intende trasmettere una lezione morale, i personaggi di Haigh non sono mai ridotti a stereotipi. Kip Oliphant è quanto di più vicino a un’incarnazione del male vi sia nel libro, ma Haigh riesce a inserire abbastanza umorismo e inettitudine nella sua esistenza da impedirgli di attirare su di sé tutte le colpe. A metà del romanzo c’è una scena agghiacciante in cui Rich Devlin si rende conto della contaminazione dell’acqua mentre fa la doccia e corre fuori ad affrontare i trivellatori che lavorano nel suo cortile. «Da vicino l’odore del diesel è fortissimo. Il rumore del motore fa vibrare tutto il suo corpo. Non vede alcun segno di presenza umana. È come se le gigantesche macchine si muovessero da sole». Di chi è la colpa della mostruosità dell’estrazione delle fonti di energia? Nell’universo di Haigh, il problema non è semplicemente un singolo capitalista rapace che ride contando i dollari dietro le vetrate del suo attico lussuoso. Il problema è storico e sistemico. La colpa potrebbe persino risiedere nel caso o in un disegno soprannaturale. Alla fine del libro Haigh scrive: «Da tempo immemorabile, la Pennsylvania era in una trappola esplosiva. Incolpate gli dei per quel che le sta sotto».
Il bisogno di Haigh di indagare in maniera più estesa la costringe ad ampliare la portata del romanzo al di là dei confini del XXI secolo (è più affezionata ai luoghi che ai tempi — le piace tenerci in Pennsylvania, non importa in che periodo). Diversi capitoli si svolgono negli anni Settanta, Ottanta e Novanta. In particolare Haigh porta il lettore a Three Mile Island, la famigerata centrale nucleare, il 28 marzo 1979, quando due reattori nucleari si ruppero e la radioattività fuoriuscì nell’area circostante. Haigh ci sposta dall’interno della centrale alla vicina casa di una famiglia borghese che decide di dare ascolto ai consigli delle autorità e di restare in casa chiudendo tutte le finestre, anche se la notizia dell’incidente diventa sempre più allarmante e da tutto il mondo arrivano giornalisti a occuparsi del caso. «È una specie di Olimpiade del disastro», scrive Haigh a proposito della crescente copertura mediatica. Il ragazzino, che in seguito morirà di cancro presumibilmente a causa della radioattività di Three Mile Island, gioca tranquillamente al gioco da tavolo «Mouse Trap», trappola per topi, sul pavimento del soggiorno. È una scena spaventosa e coinvolgente — Haigh descrive perfino le istruzioni del gioco, per darci il senso di un sistema di causa ed effetto molto efficiente, nato apparentemente al solo scopo di uccidere prede innocenti. Da Three Mile Island si possono estrapolare queste lezioni: le autorità non conoscono mai i pericoli; e spesso è nel loro interesse non conoscerli. In queste condizioni, la gente di Bakerton non ha mai avuto nessuna possibilità di farcela.
A volte, i salti nel tempo e nello spazio di Haigh si allontanano un po’ troppo dal solco centrale della storia. Verso la fine del romanzo, ad esempio, la scrittrice abbandona il continuum spazio-temporale per assumere il punto di vista di un defunto che guarda dal cielo. In uno scrittore con meno talento, questo espediente potrebbe facilmente cadere nella farsa. In Haigh la prosa è così nitida e commovente che non meraviglia che il suo editore non abbia voluto tagliare il brano. «I morti sono pura visione», scrive. «La loro unica occupazione, l’unico potere che gli è rimasto, è vedere». In definitiva, comunque, questa storia è raccontata nelle sue dimensioni umane, ordinarie: che cosa mangiano i personaggi a colazione, quali bugie dicono ai genitori o ai figli o a sé stessi, dove fanno l’amore, chi invidiano e quali libri leggono quando vanno in bagno. Bakerton non è mai un posto qualsiasi; è sempre un luogo specifico, ritratto con precisione nei minimi dettagli, la sporcizia sotto le unghie di tutti è la particolare sporcizia di Bakerton. Si può dimostrare che l’acqua è stata contaminata dalle perforazioni? Che la malattia misteriosa di un bambino è collegata alla fratturazione idraulica? Che la Dark Elephant si assumerà la responsabilità della disgregazione di una comunità? Che qualcuno diventerà davvero ricco con questo boom del gas? Con l’avanzare del libro sarà sempre più chiaro che non ci sono risposte facili. Potrebbero non esserci affatto risposte. Solo un gioco da ragazzi termina con chiari vincitori e vinti. Come si dice di Rich Devlin verso la fine del romanzo, «Non riesce a scuotersi di dosso la sensazione di essere responsabile della sua situazione, che la sua ingordigia e credulità lo abbiano reso un bersaglio facile. Nessuno lo ha costretto a rinunciare ai suoi diritti minerari. È stata una sua maledetta decisione, motivata dalla paura della povertà o dalla semplice avidità. Dove aveva inizio l’una e finiva l’altra non era chiaro». Negli ultimi anni, sia il governo che le compagnie energetiche statunitensi hanno accantonato il fracking, il boom ha subito una brusca frenata. Ma ci sono pochi dubbi che il prossimo super carburante locale porterà gli stessi meccanismi diabolici alle porte degli americani squattrinati: preferite il denaro o la salute, la comunità o il conto in banca, denaro facile e veloce o sgobbare per pochi soldi? Per molti versi questa è la storia dell’America, che si ripete di continuo. Haigh la racconta in modo magistrale e a cuore aperto.
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