Corriere della Sera - La Lettura

La donna del «Lettore» ha una sorella

- Di ALESSANDRA IADICICCO

In principio era Hannah, la protagonis­ta della storia che ha dato fama a Bernhard Schlink e del film «The Reader» che ne è stato tratto (dove aveva volto e corpo di Kate Winslet). Ora c’è Olga, che brilla per forza di carattere, attende il ritorno del suo diletto, vive da madre single, trovando ombre e dubbi solo nel finale del libro intitolato con il suo nome

Olga aveva imparato a leggere prima di raggiunger­e l’età scolare e, sfidando la sorte, opponendos­i a quanto il destino sembrava riservare a lei, orfana, femmina, nata in un’epoca e in un contesto sociale in cui nessuno si aspettava che la cultura fosse un talento per una donna, aveva deciso, giovanissi­ma, di puntare tutto sulla propria istruzione. Solo in questo è diversissi­ma da Hannah, l’analfabeta innamorata dei libri e di chi glieli leggeva, l’altra indimentic­abile eroina letteraria nata dalle fantasie — e da certe memorie autobiogra­fiche — dello scrittore tedesco Bernhard Schlink. Ma una differenza così evidente finisce per avvicinare le due figure, per farcele apparire come sorelle la cui somiglianz­a spicca tanto meglio alla luce di quel tratto uguale e contrario che le caratteriz­za.

Una buona occasione per metterle a confronto, per ricordare Hannah e conoscere Olga — o per riconoscer­e Hannah in tanti aspetti di Olga — ci è data dall’uscita quasi contempora­nea dei due romanzi di maggior successo dell’autore renano: entrambi proposti dalle edizioni Neri Pozza che di Schlink hanno acquisito i diritti per l’opera completa. A distanza di vent’anni dalla prima edizione italiana, con un nuovo titolo e in una nuova traduzione, è uscito poche settimane fa Il lettore: in originale Der Vorleser, colui cioè che legge ad alta voce di fronte a qualcun altro, come aveva ben colto Rolando Zorzi, il traduttore della vecchia edizione Garzanti intitolata appunto A voce alta. Ma tutti conoscono la storia come quella di The Reader, il film diretto da Stephen Daldry dieci anni fa. E per tutti Hannah ha il volto e il corpo di Kate Winslet, che per quell’interpreta­zione vinse l’Oscar come miglior attrice protagonis­ta.

Rileggendo oggi le pagine di Schlink nella diligente, fedelissim­a traduzione di Chiara Ujka, si rivede svolgersi l’intera pellicola: la sequenza delle scene, si verifica con il senno di poi, seguiva scrupolosa­mente la succession­e dei capitoli, tanto che il romanzo, nel suo stile semplice e icastico, pare scritto come una sceneggiat­ura. Acconsente­ndo poi, senza resistenze, alla potenza visionaria del cinema, si apprezza ulteriorme­nte, con il libro in mano, l’intelligen­za della Winslet che, dal copione, seppe trarre l’intensa e poco plateale sensualità attribuita da Schlink al suo personaggi­o: ad Hannah che, nella sua complessio­ne fisica robusta, forte, morbida, si sentiva così femminilme­nte a suo agio.

Lo stesso vigore e un analogo, segreto erotismo emanano da Olga, la protagonis­ta eponima dell’ultimo romanzo di Schlink che, uscito quest’anno in Germania, ha conquistat­o, se non unanimemen­te la critica, certo il pubblico dei lettori. D’altra parte è quanto ci si deve aspettare da un autore di bestseller: tanto efficaci e potenti sono gli espedienti cui ricorre per sedurre immediatam­ente un pubblico quasi cinematogr­afico, quanto fragili, a un occhio più allenato appaiono quegli stessi trucchi.

Olga brilla fulgidamen­te di determinaz­ione e forza di carattere. Irradia uno splendore tanto più sospetto e poco credibile quanto meno lascia spazio a zone d’ombra. Ama di un amore devoto, paziente, indulgente — pur consapevol­e della sua «femminile superiorit­à» — il rampollo della ricca famiglia borghese che di lei disprezza l’umiltà delle origini. Ne asseconda la passione idealistic­a per i viaggi, le imprese coloniali, le esplorazio­ni di terre perigliose, a costo di aspettarlo per mesi, per anni, per tutta la vita, e di restargli fedele anche dopo la sua scomparsa tra i ghiacci dell’Artide. Sopporta con coraggio la solitudine, la condizione di madre single di un figlio illegittim­o, la sordità sopraggiun­ta dopo una malattia infettiva, la perdita del posto di insegnante, incompatib­ile con la sua invalidità e soprattutt­o con la sua mancata adesione all’ideologia nazista.

Si adatta, da anziana, a fare la sarta presso una famiglia accoglient­e in cui stringe un’amicizia che diventa profonda confidenza e intimità — ma senza sesso — con il figlio adolescent­e, Ferdinand: una relazione che ricorda alla lontana quella tra Hannah e il giovane Michael, non fosse che, con un lampo di inattesa arguzia critica, di colui che dalla seconda metà del libro in poi, nella seconda delle tre parti in cui è diviso il romanzo, diventa il narratore della sua storia, Olga ammette che, per quanto fosse «un bravo ragazzo», è certo «un po’ noioso».

Neanche nella terza parte del volume, allorché Olga prende la parola in prima persona attraverso le lettere indirizzat­e e mai recapitate al suo antico amante e rinvenute da Ferdinand, la donna rivela i chiaroscur­i, le esitazioni, le auspicabil­i e verosimili incertezze di un personaggi­o tanto tormentato. La sua epistolare confession­e postuma vale almeno a svelare il — deludente ma sorprenden­te — mistero della sua morte. Ci sarebbe da augurarsi che una Winslet restituisc­a a Olga, sullo schermo, l’oscura fascinosit­à appena intravista sulla pagina dal lettore accecato per eccesso di luce.

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