Corriere della Sera - La Lettura
La donna del «Lettore» ha una sorella
In principio era Hannah, la protagonista della storia che ha dato fama a Bernhard Schlink e del film «The Reader» che ne è stato tratto (dove aveva volto e corpo di Kate Winslet). Ora c’è Olga, che brilla per forza di carattere, attende il ritorno del suo diletto, vive da madre single, trovando ombre e dubbi solo nel finale del libro intitolato con il suo nome
Olga aveva imparato a leggere prima di raggiungere l’età scolare e, sfidando la sorte, opponendosi a quanto il destino sembrava riservare a lei, orfana, femmina, nata in un’epoca e in un contesto sociale in cui nessuno si aspettava che la cultura fosse un talento per una donna, aveva deciso, giovanissima, di puntare tutto sulla propria istruzione. Solo in questo è diversissima da Hannah, l’analfabeta innamorata dei libri e di chi glieli leggeva, l’altra indimenticabile eroina letteraria nata dalle fantasie — e da certe memorie autobiografiche — dello scrittore tedesco Bernhard Schlink. Ma una differenza così evidente finisce per avvicinare le due figure, per farcele apparire come sorelle la cui somiglianza spicca tanto meglio alla luce di quel tratto uguale e contrario che le caratterizza.
Una buona occasione per metterle a confronto, per ricordare Hannah e conoscere Olga — o per riconoscere Hannah in tanti aspetti di Olga — ci è data dall’uscita quasi contemporanea dei due romanzi di maggior successo dell’autore renano: entrambi proposti dalle edizioni Neri Pozza che di Schlink hanno acquisito i diritti per l’opera completa. A distanza di vent’anni dalla prima edizione italiana, con un nuovo titolo e in una nuova traduzione, è uscito poche settimane fa Il lettore: in originale Der Vorleser, colui cioè che legge ad alta voce di fronte a qualcun altro, come aveva ben colto Rolando Zorzi, il traduttore della vecchia edizione Garzanti intitolata appunto A voce alta. Ma tutti conoscono la storia come quella di The Reader, il film diretto da Stephen Daldry dieci anni fa. E per tutti Hannah ha il volto e il corpo di Kate Winslet, che per quell’interpretazione vinse l’Oscar come miglior attrice protagonista.
Rileggendo oggi le pagine di Schlink nella diligente, fedelissima traduzione di Chiara Ujka, si rivede svolgersi l’intera pellicola: la sequenza delle scene, si verifica con il senno di poi, seguiva scrupolosamente la successione dei capitoli, tanto che il romanzo, nel suo stile semplice e icastico, pare scritto come una sceneggiatura. Acconsentendo poi, senza resistenze, alla potenza visionaria del cinema, si apprezza ulteriormente, con il libro in mano, l’intelligenza della Winslet che, dal copione, seppe trarre l’intensa e poco plateale sensualità attribuita da Schlink al suo personaggio: ad Hannah che, nella sua complessione fisica robusta, forte, morbida, si sentiva così femminilmente a suo agio.
Lo stesso vigore e un analogo, segreto erotismo emanano da Olga, la protagonista eponima dell’ultimo romanzo di Schlink che, uscito quest’anno in Germania, ha conquistato, se non unanimemente la critica, certo il pubblico dei lettori. D’altra parte è quanto ci si deve aspettare da un autore di bestseller: tanto efficaci e potenti sono gli espedienti cui ricorre per sedurre immediatamente un pubblico quasi cinematografico, quanto fragili, a un occhio più allenato appaiono quegli stessi trucchi.
Olga brilla fulgidamente di determinazione e forza di carattere. Irradia uno splendore tanto più sospetto e poco credibile quanto meno lascia spazio a zone d’ombra. Ama di un amore devoto, paziente, indulgente — pur consapevole della sua «femminile superiorità» — il rampollo della ricca famiglia borghese che di lei disprezza l’umiltà delle origini. Ne asseconda la passione idealistica per i viaggi, le imprese coloniali, le esplorazioni di terre perigliose, a costo di aspettarlo per mesi, per anni, per tutta la vita, e di restargli fedele anche dopo la sua scomparsa tra i ghiacci dell’Artide. Sopporta con coraggio la solitudine, la condizione di madre single di un figlio illegittimo, la sordità sopraggiunta dopo una malattia infettiva, la perdita del posto di insegnante, incompatibile con la sua invalidità e soprattutto con la sua mancata adesione all’ideologia nazista.
Si adatta, da anziana, a fare la sarta presso una famiglia accogliente in cui stringe un’amicizia che diventa profonda confidenza e intimità — ma senza sesso — con il figlio adolescente, Ferdinand: una relazione che ricorda alla lontana quella tra Hannah e il giovane Michael, non fosse che, con un lampo di inattesa arguzia critica, di colui che dalla seconda metà del libro in poi, nella seconda delle tre parti in cui è diviso il romanzo, diventa il narratore della sua storia, Olga ammette che, per quanto fosse «un bravo ragazzo», è certo «un po’ noioso».
Neanche nella terza parte del volume, allorché Olga prende la parola in prima persona attraverso le lettere indirizzate e mai recapitate al suo antico amante e rinvenute da Ferdinand, la donna rivela i chiaroscuri, le esitazioni, le auspicabili e verosimili incertezze di un personaggio tanto tormentato. La sua epistolare confessione postuma vale almeno a svelare il — deludente ma sorprendente — mistero della sua morte. Ci sarebbe da augurarsi che una Winslet restituisca a Olga, sullo schermo, l’oscura fascinosità appena intravista sulla pagina dal lettore accecato per eccesso di luce.