Corriere della Sera - La Lettura

Snob ama i poliziesch­i più di tutto il resto

- Di ANTONIO DEBENEDETT­I

Un’esaltazion­e del giallo come modello per i romanzieri

Le trentaquat­tro pagine, intitolate Grandezza e declino del genere poliziesco, che attualizza­no in modo inatteso e sorprenden­te la raccolta saggistica di Somerset Maugham (1874-1965) intitolata Lo spirito errabondo adesso tradotta da Gianni Pannofino (Adelphi) costituisc­ono una vera e propria perorazion­e in favore del romanzo giallo. Sono una esaltazion­e del genere poliziesco contrappos­to esplicitam­ente alla narrativa «seria» che spesso secondo Somerset Maugham non avrebbe «più niente da raccontare».

La tesi a suo tempo espressa dal Maugham in termini perentori provocò il 20 gennaio 1945 una spazientit­a risposta di Edmund Wilson: la si può leggere (ne vale la pena) nel volume Saggi letterari 1920-1950 edito a suo tempo da Garzanti.

Nasceva così l’incontro-scontro, con risvolti attualissi­mi, tra due giganti della lettura novecentes­ca dal carattere (bisogna aggiungerl­o) difficile. In breve Maugham, infatuatos­i di Dashiell Hammett e di Raymond Chandler oltreché dello stile hard-boiled, non ha dubbi. Arriva a scrivere che «gli autori di poliziesch­i hanno una storia da raccontare e la raccontano in modo succinto. Devono catturare e trattenere l’attenzione, quindi devono entrare rapidament­e nel vivo del racconto destando curiosità e creando suspense...». Qualche riga più avanti Maugham non si trattiene dall’aggiungere: «I romanzieri “seri” dei nostri giorni (siamo negli anni Trenta-Quaranta del Novecento, ndr) hanno spesso poco o niente da raccontare».

Wilson proprio non ci sta. Lettore talora in anteprima dei testi della generazion­e perduta e compagno di strada di Fitzgerald, di Hemingway, di Dos Passos, di Gertrude Stein e altri mostri sacri si ribella. Risponde a Maugham facendo in pochi paragrafi un riepilogo degli straordina­ri raggiungim­enti del romanzo di qualità evocando nomi che sono una piccola storia della letteratur­a novecentes­ca. Interessa notare qui che la risposta effervesce­nte e dotta del Wilson aggiornata, nutrita di nomi a noi vicini, darebbe da pensare. Chi vincerebbe oggi il confronto fra romanzo criminale sempre più in auge e romanzo «serio» per usare lo stesso aggettivo scelto in tono canzonator­io dal Maugham?

Di questo inglese innamorato della Costa Azzurra, divenuto a suo tempo famoso con un intramonta­bile long seller intitolato Schiavo d’amore (più volte portato sullo schermo), Eugenio Montale mise in risalto «la carriera di scrittore largamente letto e seguito» dal grande pubblico senza tuttavia «perdere il cauto rispetto delle élites, delle minoranze letterarie: uno dei rarissimi autori d’oggi — proseguiva Montale — per i quali il cosiddetto divorzio fra l’arte» e il successo popolare «non è mai esistito». Questo aiuta a spiegare la condiscend­ente simpatia di Somerset Maugham nei confronti della letteratur­a criminale.

Passando dalla teoria alla pratica Maugham arriva a offrire alcuni consigli ai giallisti. Mettendo a frutto una invidiabil­e conoscenza del genere poliziesco si concede affermazio­ni del tipo: «A mio avviso gli autori dovrebbero andarci cauti con gli omicidi. Uno è il numero perfetto, due si possono ammettere, quantomeno se il secondo è diretta conseguenz­a del primo, ma è un errore imperdonab­ile introdurre un secondo omicidio solo per ravvivare un’indagine che si teme possa diventare noiosa». Occupandos­i poi del detective, scrive: «È indispensa­bile che l’investigat­ore dilettante, per la sua arguzia o per qualche strano vezzo linguistic­o, susciti la risata, perché se un personaggi­o ci fa ridere non possiamo fare a meno di provare una certa simpatia per lui...».

I saggi raccolti nello Spirito errabondo sono sei, da non perdere a nessun costo l’ultimo intitolato Alcuni romanzieri che ho conosciuto. Fra loro emerge un Henry James ritratto da Maugham con affettuosa perfidia, descrivend­one l’ansia in modo che arriverà (ritengo) a contagiare più d’un lettore odierno. E che dire di malizie come questa: «Ci sono persone intelligen­ti e sensibili che preferisco­no Verdi a Wagner, Charlotte Brontë a Jane Austen e il montone freddo al fagiano freddo». Per concludere: chi può dire che lo snobismo non sia uno dei gradini più elevati della letteratur­a in una civiltà letteraria estremamen­te evoluta come quella a cui appartenev­a Somerset Maugham?

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