Corriere della Sera - La Lettura
Com’è umano lei signor coniglio
Quanta umanità nel mondo bestiale di Rébecca Dautremer. È la sensazione che lascia addosso Il libro delle ore felici di Jacominus Gainsborough, il nuovo atteso lavoro dell’illustratrice francese: il primo in cui i personaggi della storia — veicoli di sentimenti ed emozioni — sono animali: topolini, cani, galline, galli, oche, cani, pesci, conigli.
Jacominus che dà il titolo all’albo illustrato, è un coniglietto tenero ed educato con una gamba stramba, per un ruzzolone dalle scale da piccolo, e la testa tra le nuvole, che lo porta a fare viaggi di fantasia. Lo seguiamo dall’arrivo nel mondo alla sua dipartita attraverso l’infanzia, la giovinezza, l’età matura e la vecchiaia. Vedendolo crescere impariamo a conoscerne il carattere, riservato, che lo porta starsene spesso in disparte; l’indole curiosa, che lo spinge a imparare le lingue a viaggiare (davvero); ne conosciamo gioie e dolori, gli affetti e gli amici. Jacominus è un po’ filosofo; talvolta è fifone, altre coraggioso (mai un eroe); sempre innamorato della vita, anche se — come a tutti — gli capita pure di essere triste...
Due domande. Perché un Libro delle ore felici? La risposta è in una breve nota per il lettore scritta dalla stessa Dautremer in apertura all’albo: il libro vuole essere «un modo poetico e raffinato di parlare della vita di qualcuno» e «per esprimere qualche cosa di semplice come la vita». Ma perché proprio le ore felici della vita di quel coniglietto? Jacominus pensava che la sua vita valesse la pena di essere vissuta; Dautremer è convinta, a sua volta, che la vita di Jacominus meritasse di essere disegnata; da qui in poi la palla passa al lettore, bambino e/o adulto (l’autrice auspica una lettura condivisa tra i due): chi legge è portato a farsi una sua idea sulla «vita normale» di Jacominus e, magari, a riflettere sulla propria.
Classe 1971, Dautremer con le sue opere ha educato gli occhi dei lettori alla meraviglia e allo stupore. Lo stile, riconoscibile, si caratterizza per un tratto poetico, pulito e dettagliato, quasi iperrealista, e per un linguaggio saturo di colori caldi. Nelle tavole del nuovo libro, realizzate a mano, la scelta dell’antropomorfizzazione ha l’effetto di conferire leggerezza senza togliere intensità alla storia: gli animali sono umanizzati nei tratti, nelle espressioni e nei comportamenti; nello stile di vita e negli svaghi: vivono in case da umani, camminano in posizione eretta, giocano (a carte, scacchi, palle di neve…), gareggiano tra loro, viaggiano, fanno la guerra; vivono, amano, soffrono e muoiono alla maniera degli umani.
L’illustratrice — che in passato si è misurata con testi letterari, romanzi per l’infanzia, pièce teatrali, rivisitazioni di fiabe e leggende — parte, stavolta, da una storia originale e da una vicenda personale: un’amica in attesa e l’arrivo di un figlio; Il libro delle ore felici voleva essere un regalo di benvenuto per il nascituro. L’esito è un inno a una vita serena, alle piccole cose e ai rapporti veri e sinceri. La declinazione seriosa, drammatica delle illustrazioni di Dautremer per l’Alice di Lewis Carroll, versione punk dai capelli corvini; l’inquietudine estetizzante del Bosco addormentato, in cui l’illustratrice rivisitava La bella addormentata; le pene d’amore di Cyrano sublimate in un tratto leggero quasi impalpabile nella rilettura di Rostand, tutto lascia il posto, ne Il libro delle ore felici, a toni sobri, spensierati, giocosi, perfino gioiosi. Sono illustrazioni da percorrere con lo sguardo e il fuori formato della pagina (29x33 cm) aiuta; la composizione dell’immagine vive anche di dettagli da cercare (dove è Jacominus?) ed echi artistici (Bruegel il Vecchio, Henri Rousseau...). L’impressione è che la prima a divertirsi sia la stessa illustratrice.
La narrazione alterna in modo armonico doppie pagine, con un’illustrazione continua che presenta scene di vita quotidiana, a ritratti del protagonista su pagina singola che si specchiano in brevi testi, resoconti di fatti della vita. Inoltre tre sequenze presentano — a mo’ di fotogrammi dal film di una vita — dettagli, oggetti, volti: sono i ricordi, ciò che resta.
La natura del libro è tale per cui raccontare il finale non rovina il piacere della lettura. L’ultima pagina riassume in un conteggio, matematico e poetico insieme, le ore felici della vita; solo quelle di Jacominus: «293 picnic in famiglia + 1 ruzzolone + 987 partite a carte (209 perse, 307 vinte, 471 lasciate a metà)...».
Infine, i risguardi del volume riproducono due tavole non colorate con i personaggi indicati per nome e cognome quasi a ricordare che questa è la storia — la vita — di Jacominus. Fosse stato uno qualsiasi degli altri personaggi — o anche chi il libro in quel momento lo regge o lo legge — sarebbe un’altra storia. Con altre ore, forse altrettanto felici.