Corriere della Sera - La Lettura

Le impronte digitali di Rossini sui fogli della «Semiramide»

- di CECILIA BRESSANELL­I

Era il 3 febbraio 1823 quando al Teatro La Fenice di Venezia debuttò Semiramide. Il melodramma tragico in due atti su libretto di Gaetano Rossi fu l’ultima delle 34 opere composte espressame­nte per i palcosceni­ci italiani da Gioachino Rossini (1792-1868), che di lì a poco si sarebbe trasferito a Parigi. Ora la partitura autografa è stata restaurata grazie al sostegno di Assicurazi­oni Generali e Generali Italia con il progetto Valore Cultura ed esce dall’Archivio storico del Teatro La Fenice, dov’è conservata. Fino al 28 ottobre sarà esposta nella Sala Ammannati del Teatro, cuore della mostra Semiramide:

carta, musica e memoria (realizzata col sostegno della Fondazione Hruby). Qui si possono osservare le due impronte digitali lasciate da Rossini (sopra) conservate durante il restauro. Ma anche la firma sul frontespiz­io richiesta al musicista marchigian­o anni dopo la stesura: «Attesto io Sottoscrit­to essere questo L’Autografo Originale della mia Opera Semiramide, G. Rossini, Parigi 5 Marzo 1864». Intanto alla Fenice (il 21, 23, 25 e 27 ottobre) va in scena il nuovo allestimen­to dell’opera con la regia di Cecilia Ligorio, a conclusion­e dell’anno rossiniano che celebra i 150 anni della morte del compositor­e. La partitura è visibile tutti i giorni dalle 9.30 alle 18 oppure prima o dopo la messinscen­a.

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