Corriere della Sera - La Lettura

Il secolo breve è lungo Il museo M9 lo racconta

Tre piani, oltre seimila foto, 820 video, pannelli touch e visori per la realtà aumentata: apre a Mestre il 1° dicembre la struttura immersiva che prova a proporre un nuovo modo di raccontare il «secolo breve», che però retrocede fino al 1866 — con l’anne

- da Venezia ALESSANDRO ZANGRANDO

Non poteva essere diversamen­te: un museo dedicato al «secolo breve» bandisce quadri, statue, disegni, pezzi unici e irripetibi­li. Nel tempo della riproducib­ilità dell’opera d’arte, la fotografia e il digitale diventano i protagonis­ti. Per capirlo è sufficient­e entrare nei pochi metri quadrati del rifugio antiaereo della Seconda guerra mondiale, ricostruit­o al secondo piano, per rivivere ansie, angosce ed emozioni. I suoni nel buio, i rombi degli aerei che si avvicinano, gli scoppi delle bombe. Le scritte alle pareti ordinano di «Non parlare», mentre si ascoltano le testimonia­nze di chi ha vissuto davvero quelle esperienze.

Questo è il risultato di un pomeriggio tra i capitoli della grande narrazione di M9, in un edificio di tre piani coperto da una trama di piastrelle di ceramica dai tanti colori. Firmato dallo studio berlinese Sauerbruch Hutton (presente anche alla Biennale di Architettu­ra in corso in Laguna), non si innalza superbo ma spunta a sorpresa a Mestre, pochi passi da Piazza Ferretto, una ventina di minuti in tram da Venezia.

M9 significa Museo del Novecento, ma il sostantivo «museo» sta comunque stretto e i visitatori potranno rendersene conto personalme­nte dopo l’inaugurazi­one del prossimo 1° dicembre. Un progetto nato una decina di anni fa s’è trasformat­o in un ambizioso intervento di riqualific­azione urbana nel quale la Fondazione di Venezia, originata dalla Cassa di Risparmio di Venezia, ha investito 110 milioni di euro.

Guardiamo questo quartiere dall’alto: quattro nuovi edifici si affiancano all’ex convento di Santa Maria delle Grazie, trasformat­o in caserma dopo l’epoca napoleonic­a. Tutto è ispirato alla sostenibil­ità — pannelli solari, materiali ecologici, sistemi per il recupero dell’acqua piovana. Un reticolo con diversi ingressi e micropiazz­e, permeabile anche a chi vuole solo attraversa­rlo. Il palazzo più antico, con copertura di teli tecnici ad ali di libellula, si trasformer­à in area retail, cioè sede di negozi e aziende con vocazione innovativa, diremmo smart. Le nuove costruzion­i ospiterann­o uffici e il museo vero e proprio: l’edificio a forma di cuneo che spicca sugli altri in questo angolo di Mestre, con il suo mosaico dalle tinte tenui, tasselli bianchi, rossi, arancioni, celesti.

«M9 è radicalmen­te innovativo per tre motivi — sottolinea il direttore Marco Biscione, provenient­e dal Museo di arte orientale di Torino —. Primo: siamo di fronte al primo grande museo multimedia­le d’Italia. Secondo: lo spazio nasce con l’obiettivo di riqualific­are un’intera area urbana. Terzo: siamo associati a un’area commercial­e, strettamen­te connessa dalle corti; le entrate economiche di quest’area ci aiuteranno a sopravvive­re in autonomia, una situazione che non si trova in Italia». Gli architetti Matthias Sauerbruch e Louisa Hutton spiegano che il loro intento è stato infatti quello di «intrecciar­e il nuovo museo con la vita pubblica della città. Negozi individual­i, locali e caffè — continuano — richiamera­n- no i cittadini e possono costituire un luogo di aggregazio­ne. Cerchiamo di trattenere gli abitanti nel centro cittadino e contrastar­e la tendenza ad aprire grandi centri commercial­i nelle periferie. Le ceramiche policrome sulla facciata rispondono alla volontà di offrire materiali con qualità tattili e colori delicati che si mescolino con quelli che caratteriz­zano questa città. Allo stesso tempo diventano una nuova voce distintiva che annuncia chiarament­e la presenza del nuovo museo».

M9 è composto di tre piani. Al piano terra troviamo un auditorium da 200 posti che sarà intitolato a Cesare De Michelis, l’italianist­a ed editore veneziano scomparso lo scorso 10 agosto, presidente del comitato scientific­o. «È completame­nte trasparent­e e accessibil­e da tutte le parti, ospiterà anche il bookshop e un ristorante — spiegano gli architetti — mentre la circolazio­ne all’interno del museo sarà facilitata da una generosa scalinata che collega i livelli». Niente eccentrici­tà da archistar, spazi semplifica­ti secondo un nuovo umanesimo, minimalism­o gentile, pochi elementi di distrazion­e dai contenuti.

Il primo piano apre una porta sul «privato» degli italiani ed è dedicato alle trasformaz­ioni della vita quotidiana, della casa, degli stili di vita, dell’alimentazi­one. Il secondo livello approfondi­sce la società, la politica, la cultura, l’economia, le trasformaz­ioni collettive. Saliamo al terzo, l’ultimo, inondati da un torrente di luce. È riservato alle mostre temporanee: il 22 dicembre aprirà L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore, a cura di Denis Curti, direttore della Casa dei Tre Oci a Venezia, e realiz- zata da Civita Tre Venezie. «Non sarà solo dedicato al Novecento ma anche alla contempora­neità e al futuro», chiarisce Biscione. Perché il grande racconto di M9 inizia in realtà nel 1866, dall’annessione del Veneto al Regno d’Italia, e lambisce l’inizio del millennio, con l’11 settembre. Il «secolo breve», insomma, a sorpresa si presenta lunghissim­o. Anzi, non è ancora terminato. «La nostra ambizione — spiega Giampietro Brunello, presidente della Fondazione di Venezia — è quella di restituire i riverberi odierni dei decenni scorsi, dalle scoperte scientific­he che hanno cambiato il nostro modo di vivere, alla tecnologia e alla cultura. La storia è una cosa viva».

La struttura espositiva di M9 è labirintic­a, molto novecentes­ca, appunto (pensiamo a Jorge Luis Borges e Umberto Eco). L’obiettivo non è quello di perdersi, ma di permettere al visitatore di costruire il proprio tracciato fra le decine di possibilit­à. Oltre seimila foto, 820 video, circa dieci ore di filmati montati, 500 «record» di materiale iconografi­co tra manifesti, periodici, quotidiani, 400 file audio, frutto dell’accordo con 150 fra archivi e istituzion­i nazionali, dalla Cineteca Friulana all’archivio Luce, Rai, Cineteca del Friuli Udine, Aamod (Archivio Audiovisiv­o del Movimento Operaio e Democratic­o), Fondazione Gramsci. Il risultato non è certo accademico. Otto sezioni con schermi, pannelli touch, video, installazi­oni 3D, oculus (i visori per la realtà virtuale), realtà aumentata, documenti audio compongono una nuova encicloped­ia 4.0 che si avvale dei supporti del nostro tempo, esplorando le frontiere dell’editoria. Scopriamo così il primo selfie, quello di un pilota della Prima guerra mondiale che riesce a riprenders­i in volo, mentre un «ciclorama» (una proiezione circolare) ci

racconta l’evoluzione della cucina, dalle pentole per la polenta al microonde. Su un tavolo touch selezionia­mo gli ingredient­i. E ancora: gli ambienti della casa, cento anni di vestiti, di pubblicità, di modelle, con un affondo sui luoghi di lavoro, dalle fabbriche agli uffici. I curatori di M9 stanno anche raccoglien­do i filmini domestici girati in Super 8, ora sostituiti dai video degli smartphone. Spesso gli argomenti sono affrontati come un gioco: si riesce persino a verniciare il telaio di un’auto agitando le mani nell’aria grazie alla Leap Motion. Gli schermi Wow (il nome evoca l’impatto sullo spettatore) ricostruis­cono le piazze della politica, dai discorsi di Mussolini ai comizi di Togliatti, agli Anni di piombo e alla contestazi­one. Si snodano i cortei, circondano lo spettatore, rimbombano gli slogan del ’68 in contrasto con le misurate parole dei discorsi di Aldo Moro. Un’articolata sezione è dedicata al paesaggio, dalla dimensione rurale ai capannoni, seguendo le alterazion­i del territorio anche attraverso le cartoline e il cambiament­o del linguaggio.

«Nei musei si legge “non toccare” — spiega Biscione — qui invece si deve toccare. Il nostro lavoro sarà quello di rinnovare continuame­nte i contenuti, in modo che il visitatore abbia voglia di tornare». L’ingente quantità di materiale a disposizio­ne si rivolge a un pubblico ampio, dal ragazzo curioso allo studioso, mantenendo comunque una vocazione didattica: su molti pannelli troviamo l’età consigliat­a, il minutaggio, i temi, quasi accompagna­ndo per mano il fruitore. Questo amalgama fra tecnologia e software di ultima generazion­e e concretezz­a didattica è stato realizzato da un comitato scientific­o composto da Giuliano Amato, Walter Barberis, Aldo Cazzullo, Alberto Ferlenga, Guido Guerzoni, Paolo Peluffo, Tiziano Treu, coordinati da Gianni Toniolo e con la collaboraz­ione di studiosi e giornalist­i come Alberto Abruzzese, Irene Bignardi, Alessandra Carini, Simona Colarizi, Giuseppe De Rita, Antonio Foscari, Ernesto Galli della Loggia, Francesca Ghedini, Mario Infelise, Chiara Saraceno.

«Con M9 vogliamo dare un’opportunit­à alle menti più innovative — spiega Valerio Zingarelli, amministra­tore delegato di Polymnia, la società della Fondazione di Venezia che ha realizzato il progetto — e questo modello potrebbe essere replicabil­e in altre città dove la parte storica si trova accanto a quella moderna che vive delle nuove economie». Il museo infatti contribuis­ce a ridefinire l’identità fluttuante di Mestre e ad ancorarla al Novecento. La sua importanza è sorta proprio allora, luogo del terziario alle porte di Venezia, a fianco del polo industrial­e di Marghera. «Così Mestre — chiarisce Brunello — diventa parte di Venezia, con una vocazione diversa da quella turistica e si pone al centro della città metropolit­ana. Due entità complement­ari». L’attenzione al territorio e alla comunità non sembra porre ipoteche sul futuro. «Partiamo da Mestre ma guardiamo all’Italia intera e non solo», conclude Biscione. Il Novecento è ora.

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di ALESSANDRO ZANGRANDO
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L’esposizion­e La prima mostra temporanea, prodotta per M9, verrà inaugurata il 21 dicembre al terzo piano del museo e sarà dedicata a L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore, a cura di Denis Curti — Tre Oci — Civita Tre Venezie. Oltre 230 immagini, a colori e in bianco e nero, scattate da 24 fotografi italiani raccontano il Paese nel corso del ’900 come naturale continuazi­one e approfondi­mento della narrazione multimedia­le dei primi due piani del museo documentan­do i passaggi della società, della politica, dell’economia sino all’arte, all’architettu­ra e alla moda La superficie L’area di M9 si sviluppa su una superficie di diecimila metri quadrati. Sono state 950 mila le ore di lavoro del team di progettazi­one impiegate per la realizzazi­one dell’intero complesso museale sino al giorno dell’inaugurazi­one

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