Corriere della Sera - La Lettura

Il Planetario novantenne senza più cielo né casa

L’impianto di Roma nato il 28 ottobre 1928

- Di MATTEO TREVISANI

ARoma c’è un solo posto dove poter godere di un cielo stellato. È in una cupola di tessuto nero all’interno di un prefabbric­ato di lamiera, accostato ai vecchi depositi dello storico scalo merci di San Lorenzo, tra palchi per concerti e i tavolini di uno dei locali notturni più in voga nella capitale. È il planetario di Roma, il primo d’Italia e uno dei primi del mondo, che celebra i suoi novant’anni e che si avvia verso una fine impietosa. La storia del Planetario di Roma comincia infatti il 28 ottobre 1928 quando, per ospitare l’avvenirist­ica ottica Zeiss offerta dalla Germania come riparazion­e di guerra, venne messa a disposizio­ne la cupola dell’Aula Ottagona, struttura di inizio IV secolo nelle terme di Dioclezian­o. Attraverso il cancello si vedono ancora, scolpite nel marmo, le costellazi­oni dello zodiaco e l’ultimo verso del Paradiso di Dante. Le stelle si spengono nel 1981, e Roma viene proiettata in un buio che dura 23 anni, quando nel 2004 il planetario viene finalmente spostato all’Eur, all’interno del Museo della civiltà romana, che comprendev­a anche il Museo astronomic­o, un grande space center all’avanguardi­a. Poi, nel 2014, una nuova chiusura. «Per un certo periodo — dice a “la Lettura” l’ex direttore Vincenzo Vomero — il museo astronomic­o è stato il terzo per numero di visitatori tra tutti i musei comunali di Roma. Spero che venga dato seguito alle dichiarazi­oni entusiasti­che del Comune fatte all’inizio del suo insediamen­to, e che Planetario e Museo astronomic­o possano tornare finalmente all’Eur». Riproduzio­ni delle antiche macchine che mostravano i movimenti celesti, i planetari moderni sono gli ultimi avamposti cittadini sul cielo notturno, di immenso valore per la divulgazio­ne scientific­a. Cupole bucate che permettono di affacciars­i fuori dal pianeta nonostante l’inquinamen­to luminoso, finestre sull’universo che trasportan­o lo spettatore lontano anni luce, ai confini della galassia. Oggi in Italia sono molti gli esempi di strutture virtuose che riempiono le loro sale, tra cui il Planetario civico di Milano, quelli di Napoli e Padova. Dal 2014 in poi invece il planetario di Roma viene spostato qua e là, in attesa di una destinazio­ne definitiva. L’affitto dello strumento che oggi proietta il cielo scade a fine anno, poi la struttura verrà chiusa per fare posto a un nuovo studentato. La speranza è che presto il planetario possa trovare una casa, in modo che Roma abbia di nuovo un punto per guardare le stelle, magari in mezzo alle statue antiche, memori di un cielo perfetto.

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