Corriere della Sera - La Lettura
E lo scrittore misterioso esce dalle macerie
Marco Lupo rievoca il bombardamento di Amburgo da parte degli inglesi nel 1943
«La memoria, credo, è un surrogato della coda che abbiamo perso. Dirige i nostri movimenti, emigrazione compresa. A parte questo, c’è qualcosa di profondamente atavico nel processo stesso di ricordare, se non altro perché non è mai lineare. E poi, più uno ricorda più è vicino, forse, a morire». La citazione di Brodskij arriva verso la fine di Hamburg — sorprendente esordio romanzesco del torinese d’adozione Marco Lupo (Heidelberg, 1982, esponente del molto fertile collettivo letterario TerraNullius) e fornisce forse una chiave di conti- nuità per tenere insieme le scritture eterogenee che compongono l’opera. La memoria come pratica di narrazione, come gesto letterario ultimo e più profondamente umano, che si frappone tra l’uomo stesso e la sua dissoluzione. E se il tema della memoria raccontata è di ascendenze dichiaratamente sebaldiane, la cornice di Hamburg paga il suo omaggio a Roberto Bolaño.
Un gruppo di accaniti lettori si riunisce per leggere le opere di uno scrittore misterioso: è questo l’innesco per allineare nel testo l’intero corpus di questo fantasma letterario — 4 romanzi di cui 3 incompleti più uno struggente «memoriale della demenza». Se la cornice iniziale rischia di confondere con il suo andamento a scatole cinesi (A incontra B che gli racconta la storia di C, eccetera), quando entriamo nell’opera di M.D. — che poi è in buona misura la sua vita — Hamburg, pur mantenendo quel carattere digressivo, fiorisce davvero per ciò che è. Un monumento (iper)letterario a un trauma gigantesco: l’operazione Gomorrah, con cui gli inglesi rasero al suolo Amburgo nel 1943. Il bombardamento è il gorgo nero della storia che produce mate- riali diversi e, appunto, non lineari: diari, racconti, memorie in presa diretta che tendono a sfaldarsi nell’incompleto se non addirittura nella demenza.
Su tutte aleggia lo spettro di M.D., bambino in un «buco» sotto le bombe, poi testimone della ricostruzione, poi emigrato in Italia con la madre, e fatalmente condannato alla scrittura. Di fatto un migrante, vittima del proprio secolo, che della vittima compie il gesto più altamente morale: leggere e rileggere le proprie ferite per poterne fare memoria («Non riuscivo a capire perché i bombardamenti in Europa fossero stati secretati in un armadio chiuso a chiave»). Opera volutamente frammentaria, citazionista (sono decine le ombre di scrittori che fluttuano tra le pagine e uno dei lettori fa il libraio come l’autore), Hamburg si regge solidamente sulla sua campitura documentale e soprattutto su una lingua potente e lirica che non ha paura di confrontarsi con la materia oscura della storia. La storia, attenzione, non la memorialistica dei vincitori (si cita il premio Nobel per la letteratura vinto da Churchill).
La storia scritta dalle vittime, dai superstiti, dai sopravvissuti e dagli strangolati dal progresso, quella che mai come oggi chiede di essere raccontata.