Corriere della Sera - La Lettura
Un astrologo scandinavo per i congiurati di Hitler
Una formidabile equilibrista che passeggia con eleganza sui confini permettendosi di eseguire spettacolari acrobazie sul crinale tra mondi, lingue, generi diversi senza mai vacillare un solo istante: questa è Ben Pastor, ovvero Verbena Volpi Pastor, l’autrice italoamericana, storica e giallista, studiosa e narratrice, perfettamente bilingue, divisa tra la ricerca più scrupolosa e la più estrosa invenzione che da sempre coesistono supportandosi magnificamente nelle sue creazioni.
L’ultima tra esse, La notte delle stelle cadenti (traduzione dall’inglese di Luigi Sanvito, Sellerio) — un noir ambientato nella Berlino del 1944, nell’ultimo anno del secondo conflitto mondiale, nei giorni di luglio in cui si ordiva, tra i militari e gli aristocratici ribelli al regime riuniti attorno al conte Claus von Stauffenberg, l’attentato, poi fallito, contro Hitler — aggiunge ancora un tassello all’avventura bellica del suo eroe Martin von Bora, il malinconico, splendente protagonista dei suoi romanzi che peraltro alla figura del colonnello Stauffenberg si ispira apertamente.
Mentre la sua creatura letteraria, un «figlio» che, come tale, cammina con le sue gambe sulla pagina sorprendendo la sua stessa madre, è alle prese con la risoluzione di un misterioso caso di omicidio affidatogli dalla Kripo, la polizia criminale, lei lo accompagna sondando alla sua maniera uno dei più oscuri e complicati nodi della storia.
Così, mentre Bora indaga sull’assassinio del Mago di Weimar, un astrologo scandinavo spacciatosi in passato per ebreo galiziano che, in qualità di veggente, rischiava di prevedere le sorti politiche e militari della Germania hitleriana, Ben/Verbena (anche il suo pseudonimo al maschile è significativo per una scrittrice tanto virile negli argomenti e nella sapiente sicurezza di giudizio, quanto femminile nella sensibilità e nella grazia di scrittura) ricostruisce i retroscena della congiura contro il Führer scavando con finezza nei conflitti etici, politici e caratteriali dei congiurati.
Soltanto con un thriller nel suo stile avrebbe potuto farlo in maniera tanto efficace, a riprova che, come già sapevano Aristotele e Paul Ricoeur, la fiction, la finzione — per loro era «la poetica» — apporta un insostituibile contributo di verità all’indagine storica. La fantasia e la robusta documentazione raccolta da Ben Pastor ci offrono la più icastica visione della Berlino semidistrutta dai bombardamenti e ci fanno respirare il clima che aleggiava tra i nobili ufficiali costretti a obbedire al nazismo e disperatamente fedeli a una tradizione di onore cavalleresco di cui il guerriero Ernst Jünger, interlocutore epistolare di Martin Bora anche in questo romanzo, fu il più grande cultore.