Corriere della Sera - La Lettura
Tutto il buono della Terra La natura torna protagonista
Il Calendario Lavazza 2019 Dodici mesi, sei fotografie di luoghi magnifici (in queste pagine), sei installazioni di Land Art (che saranno svelate il 21 novembre a Torino). Il nuovo progetto conferma la missione dell’azienda di caffè: «Raccontiamo un piane
Ami Vitale, fotografa militante, ha ritratto i luoghi del pianeta: esploro la relazione di complicità che si instaura tra uomini e animali
Dodici mesi, sei fotografie di opere di Land Art e altrettante fotografie dei fiumi, delle foreste, dei ghiacciai e dei deserti dove quelle opere sono state realizzate. Il compito di scattare le foto è stato affidato a Ami Vitale (1971), fotografa militante, già vincitrice di sei World Press Photo (tra cui il primo premio «Stories» nella categoria «Naturae» nel 2018). Il Calendario Lavazza 2019 è tutto in questa formula matematica. Good to Earth, questo il titolo del nuovo Calendario (con la direzione creativa di Armando Testa) «che — spiega Francesca Lavazza, curatrice del progetto e Board Member dell’azienda — vuole celebrare le buone notizie per la Terra, quella stessa Terra che a molti può apparire come un paziente malato, dove si sta sempre più diffondendo anche tra i giovani una carenza di ottimismo e di visione positiva, ma dove non mancano esempi virtuosi di riforestazioni, tutela della biodiversità, conversioni di zone industriali in aree verdi».
Già nel recente Festival della Fotografia Etica di Lodi, in una mostra all’interno dell’ex chiesa di San Cristoforo, Ami Vitale aveva messo in scena quella sua idea di fotografia: concentrandosi «sulla stretta relazione di complicità che si può instaurare tra gli esseri umani e gli animali». Ancora una volta quattro storie (e quattro reportage) di buone pratiche: il salvataggio e il reinserimento dei panda in Cina (sempre di Vitale è il bestseller Panda Love. The secret lives of pandas, Hardie Grant Books, 2018), degli elefanti e dei rinoceronti in Kenya; l’allevamento «sostenibile del bestiame nel Montana».
Con Good to Earth Ami Vitale cambia, in qualche modo, obiettivo, concentrandosi su una serie di progetti «che fanno bene alla Terra», individuati in partnership con il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (l’Unep) in quattro continenti: Colombia e Svizzera, Kenya e Thailandia, Belgio e Marocco.
Ma, in fondo, a cambiare è anche la filosofia (oltre al formato che diventa quel- lo di un magazine da sfogliare) dello stesso Calendario Lavazza. O meglio si perfeziona ulteriormente con una contaminazione legata a una forma d’arte «antitradizionale» come la Land Art; l’arte di maestri come Michael Heizer, Robert Smithson, Walter De Maria, Richard Long, James Turrell o Christo; l’arte nata in America negli Anni Sessanta-Settanta e caratterizzata dall’intervento diretto dell’artista sul territorio naturale, soprattutto negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie.
Il 21 novembre, nella Nuvola Lavazza di Torino (la struttura progettata da Cino Zucchi che dallo scorso aprile ospita tra l’altro il centro direzionale, il museo aziendale e il ristorante Condividere) saranno svelate tutte le foto di Ami Vitale (un’altra donna dopo Annie Leibovitz che l’aveva firmato nel 2009), i sei artisti e le loro opere di nature art. Saranno installazioni green realizzate ognuna con tecniche differenti capaci di integrarsi nel paesaggio «restando sempre in armonia con l’ecosistema e la vegetazione». Tra gli artisti coinvolti: Luis Gomez de Teran, al secolo Gomez, nato a Caracas nel 1980, trasferitosi prima a Londra, poi a Berlino e infine a Roma, dove vive e dove ha affrescato con le sue figure oscure (una sorta di muro-specchio che riflette l’anima del luogo) l’intera parete del palazzetto che ospita il Museo della Mente, all’interno dell’ex Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà. Il suo tratto artistico (che si è cimentato per il Calendario Lavazza con la foresta della Thailandia) è ispirato a una ricerca sul corpo umano, sia nella bellezza che nella decadenza: «Ci sono empatie e casualità — dice —, non seguo uno schema per decidere cosa dipingere, ogni città ha i suoi racconti e i suoi personaggi e quando è il momento si rivelano». L’importante, per Gomez, è «coinvolgere e fare riflettere».
Paradossalmente il percorso disegnato da Good to Earth appare vicinissimo a quello a suo tempo tracciato da Gustave Courbet (1819-1877), campione di quel realismo «che voleva essere superamento
Francesca Lavazza è la curatrice del progetto del nuovo Calendario: proponiamo un’arte che smuova le coscienze e lasci un segno
di ogni poetica volta a mediare, condizionare o orientare il rapporto con la realtà» ma che considerava «la natura come strumento ideale per capire la realtà» (come dimostrano le cinquanta opere esposte fino al 6 gennaio a Palazzo dei Diamanti di Ferrara).
Con il suo linguaggio contemporaneo e non convenzionale, molto vicino in alcune immagini alle terre selvagge filmate da Sean Penn nel suo Into the wild, Ami Vitale si inserisce idealmente nel solco del realismo di Courbet ma, soprattutto «di quella che ci piace definire arte posit iva—spiega Francesca Lavazza, membro del BoardofTr uste es delGuggenheim di New York dove è stata ospitatala recente mostra dedicata a Alberto Giacometti realizzata con il contributo di Lavazza —, un’arte non fine a sé stessa, ma che vuole lasciare un segno, ispirare, smuovere le coscienze». Il sogno? «Che gli scatti di Ami Vitale e le opere di nature
art riescano a raccontare buone notizie che, speriamo, possano ispirare altrettanta progettualità, infondere speranza, suscitare un contagio di responsabilità perché crediamo che la sostenibilità debba essere un impegno condiviso». Per illustrare la prima edizione del Ca
lendario Lavazza, che in origine avrebbe voluto raccontare «solo» un certo modello di italianità legato al caffè, era stato scelto nel 1993 Helmut Newton: fotografo dall’opera decisamente controversa, tra i più trasgressivi ed estremi che il mercato potesse offrire in quel periodo e in grado di rivoluzionare la fotografia di moda, conosciuto per lo spiccato erotismo delle sue immagini, provocatorio, ma comunque elegante, era da molti amato e da molti altri ritenuto eccessivo. Una scelta, anche allora, decisamente fuori schema, come sarebbero state, ognuno a suo modo, quelle dei fotografi successivi: Ellen Von Unwerth, Ferdinando Scianna, Albert Watson, Elliott Erwitt, David LaChapelle, Jean-Baptiste Mondino, Eugenio Recuenco, Erwin Olaf; Miles Aldridge, Mark Seliger, Mark Schoeller.
Ma è con Steve McCurry, il grande foto- reporter statunitense, che avviene la svolta. In particolare grazie a ¡Tierra!: un reportage fotografico in Honduras, Perù, Colombia, India, Brasile e Tanzania, di fatto il primo progetto di sviluppo sostenibile realizzato interamente da Lavazza. Un legame, quello con Steve, che si sarebbe rafforzato nel tempo: tanto che McCurry ha firmato anche il primo Calenda
rio, quello del 2015, «che segna l’inizio della volontà di Lavazza di raccontare la sostenibilità e l’impegno sociale attraverso la forza visiva della fotografia d’autore». Quel Calendario 2015 realizzato in collaborazione con Slow Food e dedicato ai Difensori della Terra: uomini e donne che ogni giorno con coraggio e dedizione difendono i propri progetti in Africa, come moderni eroi della terra (sulla stessa linea si sarebbero mossi gli autori successivi, da Joey L. a Denis Rouvre).
Non è un caso, dunque, che il 17 novembre Steve McCurry e la sorella Bonnie saranno ospiti di Nuvola per la prima presentazione mondiale del libro Steve
McCurry, una vita per immagini (edito da Mondadori Electa): «Collaboriamo con Steve da più di 15 anni e con lui stiamo preparando un nuovo progetto che coinvolgerà Cuba».
L’impegno sostenibile di Lavazza va oltre i confini di un «semplice» Calenda
rio. Per dare vita a TOward 2030: un ambizioso progetto di street art sviluppato da Lavazza e dalla Città di Torino che vuole parlare di sostenibilità abbellendo i muri, le strade, le vie e le piazze... e rendere Torino, dal centro alla periferia, la prima «città-ambasciatrice» dei 17 obbiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite. Con 17 luoghi della città destinati a diventare altrettante opere urbane ciascuna ispirata a uno specifico goal; all’educazione è, ad esempio, già dedicata quella, in perfetto stile futurista, di Vesod sul muro del campus universitario Luigi Einaudi sul Lungo Dora Siena; alla povertà, quella di Zed1 (con tanto di borsello aperto con un terreno al suo interno) sul Lungo Po Antonelli.