Corriere della Sera - La Lettura

Voce alla fotografa che scelse il silenzio

Un destino/1 Due romanzi su Vivian Maier, autrice di centinaia di immagini ritrovate alla sua morte. Quello di Francesca Diotallevi ricostruis­ce l’anima tormentata della tata artista

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Ormai è ben più che una diffus a te ndenza q ue l l a d’ una narrativa incentrata su figure di artisti o di personaggi per qualche aspetto storici. Sin troppo facile richiamare, tra gli ultimi casi, Helena Janeczek della Ragazza con la Leica, l’Adriana cuore di luce di Sergio Lambiase sull’amica-sorella di Anna Maria Ortese, il freschissi­mo di stampa, Dio nella macchina da scrivere (La nave di Teseo) di Irene Di Caccamo su Anne Sexton e questo Dai tuoi occhi solamente di Francesca Diotallevi (suo anche Amedeo, je t’aime su Modigliani del 2015). Vite rivisitate da varie prospettiv­e, con le quali la scrittura si trova a misurarsi col rapporto realtà-invenzione e che, nel caso di Diotallevi, è per certi aspetti facilitato da una protagonis­ta, Vivian Maier, che ha perennemen­te scelto il silenzio, venendo alla luce con la sua inquieta genialità del tutto casual- mente nell’aprile 2009 solo grazie al necrologio di chi, da bambino, l’aveva avuta come «tata», così dando un volto e una corporea identità a un nome «scritto a penna con un’accurata grafia di altri tempi, a margine di una busta porta negativi», ritrovata in mezzo a ben circa tremila negativi e svariati rullini di pellicola, per «un repertorio di circa centocinqu­antamila fotografie, tra stampe, negativi e rullini mai sviluppati».

Perché questo ha fatto Vivian per tutta la vita: «Invadere l’intimità degli altri, fosse anche solo con lo sguardo», perché «scandaglia­re le vite altrui le faceva avvertire meno gravoso il peso della propria solitudine»: «scandaglia­re quel mondo bizzarro che la circondava, che sentiva suo dovere spiegare, spinta dal bisogno di confrontar­si ripetutame­nte con quello che la vita fa o può fare alle persone, nell’impresa più ardua: arrivare a decifrare sé stessa, raccontars­i attraverso ciò che i suoi occhi vedevano. Perdonarsi, forse». E però senza mai preoccupar­si di svilupparl­e, in un atteggiame­nto da « epoché husserlian­a», ove conta l’attimo dello sguardo e del clic più che l’esito stesso di quanto ne è seguito.

Un vivere con uno sguardo «che sa vedere quello che è sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni. Quello che nessuno vede», e con le mani sulla Rolleiflex che si era potuta permettere grazie alla eredità di una parente francese, mantenendo­si invece per tutta la vita con il misero salario da bambinaia presso varie famiglie di New York e poi di Chicago.

E la scommessa della Diotallevi stava proprio in questo: poggiando sulle non molte notizie biografich­e, e grazie anche a quegli innumerevo­li scatti ospitati ormai nelle tante mostre dedicate a una Vivian oggi riconosciu­ta come «una delle più grandi fotografe del Novecento» (tra i quali i molti autoscatti favoriti dal tipo di macchina fotografic­a che le consentono di ritrarsi dentro specchi o vetrate), ricostruir­ne l’anima tormentata che trovava nello sguardo dentro le «vite degli altri, nelle loro gioie, nei dolori» e in quelle «storie che le persone non sanno di vivere» il solo modo di salvarsi.

Ma proprio la scelta di Vivian d’una personale invisibili­tà da «dietro le quinte» nell’essere vicino e anzi dentro gli altri grazie al suo sguardo, senza però ritrovarsi coinvolta emotivamen­te, e gestendo la propria arte in forma rigorosame­nte privata («Io, Vivian, sono quella che nessuno nota, quella che nessuno vede. Io li vedo, invece»), è quanto ha offerto all’autrice la possibilit­à d’un romanzo che si muove su due binari: quello ricostrutt­ivo d’una vita; ma soprattutt­o quella interiorit­à che si trova a fare i conti con la sua stessa arte, col dubbio del proprio talento.

Di qui un procedere narrativo a due velocità. Di movimento quello che inse- gue Vivian nelle sue scelte di vita: dal conflitto con una madre perennemen­te in fuga (un conflitto di maternità che Vivian rivive con le sue fotografie), ai suoi viaggi tra Stati Uniti e Francia, alle ferite d’una infanzia forse violata. E quasi da fermo la sua vita «da tata» in casa di Frank Warren (famiglia ovviamente d’invenzione), uno scrittore «circondato da un successo privo di reale soddisfazi­one, che non aveva nulla a che fare con il talento quanto, piuttosto, con la capacità di dare al pubblico ciò che il pubblico voleva» che «ha sollevato il velo» sul dono di Vivian «di capire il valore di una buona storia, quando se la trova davanti»; entrando a sua volta in crisi per quel suo aver «addomestic­ato la creatività per accontenta­re il suo editore, i suoi lettori». Dando così luogo a interrogaz­ioni sulla «autenticit­à» del creare, pur nel rispecchia­mento tra fotografia e scrittura.

Un racconto dall’avvio lento e da atmosfera grigia; dove però il merito dell’autrice sta in una scrittura che l’ha saputa rendere via via più fascinosa e struggente, e coinvolgen­te, pur tra personaggi rappresent­ati come con gli occhi di Vivian e caratteriz­zati proprio dalla tipologia dei rispettivi sguardi: ora sgradevoli (la madre Marie, il fratello, Pierre, la moglie di Frank), ora teneri (i due bambini; i nonni; l’amica Jeanne). E ora con una sorta di specularit­à a tre: tra Frank, Vivian e l’autrice stessa.

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 ??  ?? FRANCESCA DIOTALLEVI Dai tuoi occhi solamente NERI POZZA Pagine 208, € 16,50CHRISTIN­A HESSELHOLD­T Vivian Traduzione di Ingrid Basso CHIARELETT­ERE Pagine 186, € 16La fotografa Vivian Dorothea Maier nacque nel 1926 a New York e visse in Francia fino a 12 anni. Nel 1938 tornò a New York, città in cui iniziò la sua vita di bambinaia. Il primo impiego è presso una famiglia a Southampto­n, nello stato di New York. Nel 1956, si trasferisc­e a Chicago per lavorare con la famiglia Gensburg. Alla sua morte, nel 2009, vengono scoperte per caso da John Maloof migliaia di fotografie da lei realizzate Le autrici Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985. Tra le sue opere Le stanze buie (Mursia, 2013), Amedeo, je t’aime (Mondadori Electa, 2015), Dentro soffia il vento (Neri Pozza, 2016). Diotallevi presenta il libro a BookCity il 16 novembre (Castello Sforzesco, ore 19). Anche Christina Hesselhold­t (Copenaghen, 1962) presenta a BookCity il suo libro il 16 novembre (Castello Sforzesco, ore 17.30); il 17 partecipa a un incontro con un’altra autrice scandinava, Hanne Ørstavik, alla coffee house Hygge (via Giuseppe Sapeto 3, ore 16.30)
FRANCESCA DIOTALLEVI Dai tuoi occhi solamente NERI POZZA Pagine 208, € 16,50CHRISTIN­A HESSELHOLD­T Vivian Traduzione di Ingrid Basso CHIARELETT­ERE Pagine 186, € 16La fotografa Vivian Dorothea Maier nacque nel 1926 a New York e visse in Francia fino a 12 anni. Nel 1938 tornò a New York, città in cui iniziò la sua vita di bambinaia. Il primo impiego è presso una famiglia a Southampto­n, nello stato di New York. Nel 1956, si trasferisc­e a Chicago per lavorare con la famiglia Gensburg. Alla sua morte, nel 2009, vengono scoperte per caso da John Maloof migliaia di fotografie da lei realizzate Le autrici Francesca Diotallevi è nata a Milano nel 1985. Tra le sue opere Le stanze buie (Mursia, 2013), Amedeo, je t’aime (Mondadori Electa, 2015), Dentro soffia il vento (Neri Pozza, 2016). Diotallevi presenta il libro a BookCity il 16 novembre (Castello Sforzesco, ore 19). Anche Christina Hesselhold­t (Copenaghen, 1962) presenta a BookCity il suo libro il 16 novembre (Castello Sforzesco, ore 17.30); il 17 partecipa a un incontro con un’altra autrice scandinava, Hanne Ørstavik, alla coffee house Hygge (via Giuseppe Sapeto 3, ore 16.30)
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