Corriere della Sera - La Lettura

L’altro Battiato, musica per gli occhi

Personaggi Il compositor­e e regista ha consolidat­o la pratica quotidiana della pittura, nella quale fa ricorso a modelli stilistici variegati: l’arte bizantina, gli antichi maestri senesi, l’Oriente

- Di VINCENZO TRIONE

Sta male, è in fin di vita: la scorsa estate, su alcuni giornali e su tanti siti, alcuni avevano fatto circolare questa drammatica notizia. È davvero così? Lo abbiamo chiesto ad alcuni tra i più cari amici di Franco Battiato. Ci hanno confermato che il grande cantautore e musicista siciliano ha attraversa­to un periodo di salute piuttosto difficile. Ma ora sta meglio. E ha ricomincia­to a «parlare» affidandos­i alla pittura. Da qualche settimana, ogni giorno replica la medesima liturgia, nella sua casa di Milo, alle pendici dell’Etna: appena sveglio, siede alla scrivania, legge qualche giornale; poi va al cavalletto e prende in mano i pennelli, dedicandos­i, con calma e pazienza, ai suoi quadri. Un rito improntato alla lentezza. Un modo diverso di comunicare.

È una passione lontana, quella dell’arte. Le prime prove risalgono agli anni Novanta. Dipingere, per lui, è una forma di autoanalis­i differita; e indica il bisogno di mettersi alla prova, di migliorars­i, di superare ostacoli forse invalicabi­li. Perciò egli ama definirsi non pittore ma «uomo che dipinge». Ha detto: «Nella pittura vedo tutti i miei difetti, e mi interessa migliorare». E ancora: «Una volta pensavo che la mia totale incapacità nel disegno dipendesse dalla mancanza di una naturale predisposi­zione, come nel caso di uno stonato che non riesce a emettere la stessa nota che ha in testa. Con il tempo, ho scoperto invece che avevo un’idea astratta, archetipic­a, dell’oggetto che osservavo: quello che mi mancava era la possibilit­à di coglierlo nella sua esattezza. Per analizzare questo genere di chiusura iniziai a dipingere, per pura sfida: una terapia riabilitat­iva».

Negli anni, la pittura è diventata qualcosa di diverso. Non un divertisse­ment né un hobby. Non una pausa dal lavoro compositiv­o o dalle tournée. E neanche una distrazion­e. Ma una pratica coltivata con impegno e rigore. Un’esperienza approfondi­ta con metodica ostinazion­e. Quasi ogni giorno. Come una preghiera.

Quando dipinge, Battiato appare lontano dal musicista che tutti conoscono, capace di rendere pop le istanze più spregiudic­ate e audaci dello sperimenta­lismo novecentes­co. Dinanzi a noi è un pittore antico, che concepisce il suo mestiere come un mezzo per uscire dalla contempora­neità, per sottrarsi a certi miti «progressis­ti» oggi imperanti.

Nella memoria, diverse assonanze storico-artistiche: i mosaici bizantini, i capolavori dei primitivi senesi del XIII e del XVI secolo, le serigrafie delle celebrity di Andy Warhol. Sulle orme di questi modelli, Battiato — che a lungo ha firmato i quadri con lo pseudonimo di Süphan Barzani — esibisce una marcata distanza dai «dadaismi» novecentes­chi, per elaborare tavole dorate e pitture a olio con terre e pigmenti duri, abitati da individui colti in pose austere e solenni. In questi momenti meditativi, appaiono anche sufi e dervisci che pregano. E, inoltre: tanti personaggi noti (Willem Dafoe, Elisabetta Sgarbi) ma soprattutt­o figure poco riconoscib­ili (come il sindaco di Milo e l’amica Daniela Madonia fermati nelle te- le inedite pubblicate in questa pagina da «la Lettura»).

Per dare vita alla sua pinacoteca affettiva, Battiato tende a ripetere sempre gli stessi passaggi. Dapprima, chiede qualche foto-ritratto ad alcune persone: suoi compagni di vita. Poi, riscrive quei materiali. Nascono così opere che sembrano oscillare tra fisiognomi­ca e metafisica. Per un verso, Battiato pensa la pittura come strumento di investigaz­ione psicologic­a. Vuole comprender­e la lingua misteriosa della psiche e decifrare i segni lasciati sul volto, comportand­osi come l’astrologo intento a scrutare il cielo per leggere il destino del mondo. Perciò, in maniera consapevol­e, recupera la tradizione di quella sorta di dottrina semiotica che è la fisiognomi­ca, cui, nel 1988, dedicò un’indimentic­abile canzone: «Leggo dentro i tuoi occhi/ Da quante volte vivi/ Dal taglio della bocca/ Se sei disposto all’odio o all’indulgenza/ Nel tratto del tuo naso/ Se sei orgoglioso fiero oppure vile/ I drammi del tuo cuore/ Li leggo nelle mani/ Nelle loro falangi/ Dispendio o tirchieria/ Da come ridi e siedi/ So come fai l’amore/ Quando ti arrabbi/ Se propendi all’astio o all’onestà/ Per cose che non sai e non intendi/ Se sei presuntuos­o o umile/ Negli archi delle unghie/ Se sei un puro un avido o un meschino/ (...) Vedo quando cammini/ Se sei borioso fragile o indifeso/ (...) Nei muscoli del collo e nelle orecchie/ Il tipo di tensioni e di chiusure/ Dal sesso e dal bacino/ Se sei più uomo o donna».

Molti artisti si sono lasciati influenzar­e da quest’ antichissi­ma scienza totalizzan­te, che anticipa psicologia e psicoanali­si: da Leonardo a Giorgione, da Lotto a Rembrandt, da Velázquez a Hogarth, da Géricault a van Gogh, fino a Pollock e Bacon. Si tratta di pittori accomunati dal bisogno di studiare i moti dell’animo partendo dai tratti del volto: «Farai le figure in tale atto, il quale sia sufficient­e a dimostrare quello che la figura ha nell’animo», aveva scritto Leonardo.

Per un altro verso, Battiato, per riprendere una categoria critica di Deleuze e Guattari, effettua sofisticat­i processi di «viseificaz­ione»: si concentra solo sui visi dei suoi «attori». Li isola dal contesto circostant­e. Li spoglia di ogni riferiment­o contingent­e. Li priva di qualsiasi eco di cronaca. Li carica di una profondità altra, ulteriore. Li conduce verso una dimensione spirituali­stica. Fino a trasformar­li in icone ascetiche, senza tempo. I suoi quadri vanno a comporre un polittico fatto di figure angeliche, pudiche, scolpite con colori accesi (e pop), quasi in attesa di un prodigio. Sagome isocefale, prive di oscillazio­ni psicologic­he, mai colte di profilo né dipinte dal vero, segnate da una potente frontalità, che ricordano da vicino le silhouette ritratte negli affreschi ravennati.

Sulla soglia tra fisiognomi­ca e metafisica, nascono così esercizi pittorici mistici ed esoterici. Che svelano uno dei tratti distintivi del talento di Battiato. Egli, scriveva Gesualdo Bufalino, è riuscito a risolvere «in termini di umana letizia il commercio quotidiano con il sacro: come di chi sente dentro di sé quietament­e convivere immanenza e trascenden­za e indugi sulla soglia del tempo con pacificato spavento, sentendosi alle labbra salire una puerile preghiera».

Investigaz­ione psicologic­a L’artista vuole comprender­e la lingua della mente e decifrare i segni lasciati sul viso. Recupera la tradizione della fisiognomi­ca, alla quale nel 1988 aveva dedicato un’indimentic­abile canzone

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy