Corriere della Sera - La Lettura

L’anima non ha bisogno di password

- Di MAURIZIO PORRO

Giacomo (del trio Aldo, Giovanni e...) interpreta un monologo spirituale dagli esiti esilaranti. O viceversa. «Nell’era degli account e dello shopping online, cambio sguardo»

delle gag. Da dove arrivano le idee? Non basta l’automatico, c’è dell’altro oltre noi tre, la trovata non dipende solo dalla nostra volontà, le idee vagano nell’aria».

Un’anima una e trina?

«Preferisco fare domande, le risposte non le so dare, ma so che quando le persone stanno insieme si forma una sintonia. Se poi ti nasce un figlio non c’è dubbio, ecco il vero amore. Quanto gli vuoi bene? Non c’è unità di misura, si entra nella zona personalis­sima del sentire».

Quindi consigli ai minori?

«Una volta in un liceo ho invitato i ragazzi a smetterla con l’inglese e l’economia e studiare invece filosofia e teologia per capire dove stiamo andando. Credo che la filosofia sia il pensiero dell’uomo e la scienza quello di Dio».

Non sarà uno spettacoli­no facile.

«Ma si ride. Torno indietro di trent’anni quando facevo il monologhis­ta e avevo paura, poi la stagione con Aldo e Giovanni mi ha dato una meraviglio­sa tranquilli­tà. Dove non arriva l’uno arriva l’altro».

Insistiamo per sapere se c’è l’anima nel trio, se uno sketch può rimbalzare in un altro terreno o trovarsi al confine, metti Gaber.

«Ma certo. Nel finale di Così è la vita accade miracolosa­mente qualcosa, parliamo di morte. Noi lo abbiamo fatto d’istinto ma ogni volta che ci ripenso mi piace quel gioco. Noi continuere­mo a far ridere in tre, ma posso assicurare che la stravaganz­a che affronto in solitaria non resterà isolata, andrò avanti anche su questa strada e con alcuni amici stiamo pensando a uno spazio apposito, magari per una trilogia di monologhi sulla modernità. Alla base c’è il proprio vissuto e Giacomo la vita la conosce. Dopo aver lavorato in una fabbrichet­ta a Milano, target alla Dickens, ho fatto dieci anni l’infermiere all’ospedale di Legnano».

I comici sono in privato persone pensierose...

«Non sono triste, solo che ho gusti diversi: mi piaceva Ronconi, mi piace la drammaturg­ia di Angela Demattè, vado a teatro e lo consiglio. Mi è piaciuto vedere l’edizione integrale di Tree of life di Malick e un documentar­io sui processi farsa dello stalinismo».

Cosa dicono gli altri del trio?

«Niente. Ognuno ha la sua stravaganz­a, ma sono curioso di sentire i loro giudizi. Ci siamo dati due anni di fermo biologico, ma la nostra anima invisibile lavora sempre anche a nostra insaputa».

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