Corriere della Sera - La Lettura

La solitudine della velista in un oceano di migranti

Cinema Esce il 15 novembre nelle sale italiane «Styx». Il film — che ha appassiona­to il Festival di Berlino e diviso la critica — racconta la chiusura dell’Europa e l’angoscia dell’impotenza personale davanti alle stragi del mare

- dal nostro corrispond­ente a Berlino PAOLO VALENTINO

Un donna veleggia da sola in mezzo all’Atlantico. Conosce la sua barca, un gioiello di tecnologia. Conosce il mare. Domina la tempesta notturna. È una donna forte, un medico. Nulla sembra in grado di poterla disorienta­re, cogliendol­a impreparat­a. L’abbiamo vista pochi minuti prima all’opera, a Colonia, guidare con precisione e sicurezza i soccorsi sulla scena di un incidente stradale, salvare la vita di un uomo, in una cornice di organizzat­a efficienza.

Nel taglio seguente Rike è a Gibilterra. Prepara con uguale perizia il suo modernissi­mo monoalbero, l’Asa Gray, un dodici metri che vuole portare in solitario ad Asuncion, l’isola tra l’Africa e il Sudamerica dove Charles Darwin immaginò il paradiso in terra, un ecosistema artificial­e poi realizzato dal suo amico botanico Joseph Hooker. Dall’alto, le bertucce della rocca ricordano la leggenda: fin quando saranno in giro, Gibilterra resterà britannica. Poi Rike prende il largo verso la sua linea d’ombra, padrona del piccolo mondo dell’Asa Gray e del grande mondo dell’Oceano. È diretta in paradiso, ma la via d’acqua la porterà a guardare da vicino l’inferno.

Inizia così Styx, il film di Wolfgang Fischer che ha inaugurato in febbraio la sezione Panorama del Festival di Berlino, dove ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il Label di Europa Cinemas e che ora è fra i tre finalisti nel Premio Lux del Parlamento europeo, oltre a essere entrato fra i 50 della selezione per gli European Film Awards. Produzione austro-tedesca, distribuit­o da Cineclub Internazio­nale con il patrocinio del Goethe-Institut di Roma, Styx sarà nelle sale italiane dal 15 novembre.

Il dramma del medico-velista comincia il giorno dopo l’uragano. Quando il mare è di nuovo calmo e l’orizzonte si dirada, Rike si trova a poche centinaia di metri da un pescherecc­io, una carretta del mare piena di migranti disperati che agitano le braccia e chiedono aiuto. È alla deriva. Imbarca acqua. La donna lancia un May Day, poi un altro ancora. Ma la risposta che riceve via radio dalle autorità di un Paese non precisato è di stare lontana, i soccorsi arriverann­o, non può essere affar suo. Anzi, un suo intervento peggiorere­bbe la situazione: la sua piccola barca non può accogliere decine di persone, ma se si avvicinass­e troppo scatenereb­be il caos. Solo un ragazzo, nuotando fino allo sfinimento, riesce a raggiunger­e l’Asa Gray, Rike lo prende a bordo, lo cura, lo salva da morte sicura: la brava dottoressa è di nuovo nel suo ruolo. Ma ora? Vorrebbe salvarne altri, ma non le è permesso. Deve assistere impotente alla tragedia che si compie. Delsley, il suo giovane ospite, non si dà per vinto. Cerca di ribellarsi, ma è per poco. Sfoga il suo dolore e la sua rabbia, gettando bottiglie d’acqua in mare e pronuncian­do come in un rosario il nome di ognuno dei suoi amici che erano sul barcone. Rike è tormentata. Se ne andrà, costretta a voltare le spalle alla morte, o la sua coscienza si ribellerà?

Styx è un film di allegorie, sin dal suo titolo: lo Stige era il fiume che nella mitologia greca separava il mondo dei morti da quello dei vivi. Una via identica a quella percorsa dalla protagonis­ta. Di tutte la più potente è forse quella della barca piccola e superacces­soriata, colma di gadget e viveri, perfetta in ogni dettaglio, guarda caso tedesca, una tagliente metafora dell’Europa, continente ricco ed efficiente, ma alla fine dei conti troppo piccolo, o forse troppo egoista e geloso della propria perfezione per accogliere tutti i profughi.

Ancora più che sull’accoglienz­a e l’immigrazio­ne, Styx è tuttavia un film sulla responsabi­lità individual­e e collettiva nei confronti di chi si trova in fuga ed è in pericolo di vita. Fin dove arriva il dovere di soccorso? Cosa possiamo e dobbiamo pretendere da noi stessi davanti a situazioni umanitarie estreme? Possiamo salvarne alcuni e lasciar morire gli altri? Dobbiamo rispettare le regole, per quanto fredde e non umane? In fondo, in condizioni e responsabi­lità diverse, è lo stesso dilemma di Mimmo Lucano, il sindaco di Riace che per dare soccorso ha violato la legge.

Fischer confeziona uno studio su superiorit­à e smarriment­o, colpa e impotenza. E con onestà, ammette di non saper rispondere al rovello. All’inizio perfettame­nte padrona di ogni situazione, Rike sbatte con una realtà in cui non c’è alcun modo di poter fare la cosa giusta: «Non so cosa fare, non ho una risposta», risponde al ragazzo che la implora di tornare indietro a salvare gli altri. Neanche il guizzo finale servirà a nulla.

Non è stato facile realizzare Styx, che il regista ha girato al largo di Malta, portando la troupe in mare aperto ogni giorno, per 40 giorni, fino a quando non si vedeva più la terra ferma. Le comparse sul barcone sono tutti ex rifugiati che hanno raggiunto Malta dal Nord Africa. Rike è impersonat­a da Susanne Wolff, 45 anni, attrice di teatro prediletta dal pubblico tedesco, lei stessa appassiona­ta velista, che in due ore quasi in solitario dà vita a un personaggi­o complesso e ricco di sfaccettat­ure: «Fenomenale», l’ha definita la «Berliner Zeitung».

Lodato e ben accolto dalla maggior parte dei critici tedeschi e internazio­nali, Styx ha avuto anche la sua parte di stroncatur­e. Per tutte «Der Spiegel», impietoso nel definirlo un film «superfluo» e noioso. All’opposto, «Sueddeutsc­he Zeitung» ha parlato di «film giusto al momento giusto», ricordando il recente rapporto dell’Onu, che ha confermato l’annegament­o nel Mediterran­eo di 1.500 rifugiati tra gennaio e agosto. Mentre i governi europei, l’Italia in testa ma non solo, abbandonan­o a sé stesse le carrette del mare colme di esseri umani e il dibattito sull’immigrazio­ne lacera le società dell’Occidente, il viaggio nello Stige di Rike ci lascia tutti davanti a una domanda terribile: tu cosa faresti?

Domande Rike è sola, in mezzo all’Atlantico, su una piccola barca: può salvare quegli uomini e quelle donne? «Styx» è un film sulla responsabi­lità. La questione è: tu cosa faresti?

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 ??  ?? Il film Styx è diretto da Wolfgang Fischer (nella foto qui sopra) e interpreta­to da Susanne Wolff, Gedion Wekesa Oduor, Alexander Beyer e Inga Birkenfeld. Di produzione austro-tedesca, è distribuit­o da Cineclub Internazio­nale con il patrocinio del GoetheInst­itut di Roma. Il film (in queste pagine tre frame) sarà nelle sale italiane dal 15. Al Festival di Berlino, in febbraio, ha inaugurato la sezione Panorama e ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il Label di Europa Cinemas. È fra i tre finalisti del Premio Lux del Parlamento europeo, ed è entrato nella lista dei 50 selezionat­i per gli European Film Awards 2018
Il film Styx è diretto da Wolfgang Fischer (nella foto qui sopra) e interpreta­to da Susanne Wolff, Gedion Wekesa Oduor, Alexander Beyer e Inga Birkenfeld. Di produzione austro-tedesca, è distribuit­o da Cineclub Internazio­nale con il patrocinio del GoetheInst­itut di Roma. Il film (in queste pagine tre frame) sarà nelle sale italiane dal 15. Al Festival di Berlino, in febbraio, ha inaugurato la sezione Panorama e ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il Label di Europa Cinemas. È fra i tre finalisti del Premio Lux del Parlamento europeo, ed è entrato nella lista dei 50 selezionat­i per gli European Film Awards 2018

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