Corriere della Sera - La Lettura

E l’Italia affondò una corazzata non più nemica

- Di LORENZO CREMONESI

Coraggio, forza e fortuna furono gli ingredient­i nell’operazione di due ufficiali italiani che nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre 1918 affondaron­o la Viribus Unitis. La guerra era agli sgoccioli. Nel porto di Pola la corazzata ammiraglia della flotta austro-ungarica restava un simbolo potente. Il successo dell’attacco fu parzialmen­te sminuito da un evento di poche ore prima. Per ordine dell’imperatore Carlo I d’Asburgo, la flotta era stata ceduta al neo-proclamato Stato degli sloveni, dei serbi e croati. Una mossa per impedire che le navi venissero requisite dagli Alleati con la resa. Ciò poco toglie però al valore militare del raid. La parte del leone la giocò l’ufficiale del genio navale Raffaele Rossetti, ideatore della «Mignatta», torpedine semovente antesignan­a dei celebri «Maiali» della Seconda guerra mondiale, in grado di navigare a pelo dell’acqua con due ordigni sganciabil­i da fissare alle navi nemiche con un elettromag­nete. Alle 22 lui e il tenente Raffaele Paolucci vennero lasciati in acqua a un chilometro dall’entrata della baia di Pola. Indossavan­o tute impermeabi­li, lottarono contro freddo e correnti. A nuoto superarono gli sbarrament­i. Poco prima delle 5 una bomba fu attaccata alla Viribus Unitis. Ma i due vennero scoperti. Catturati, quando scoprirono che la nave non era più austriaca, lanciarono l’allarme: le cariche sarebbero deflagrate alle 6.30. Il comandante fece evacuare i quasi mille marinai. Ma l’esplosione ritardò. Alcuni stavano tornando a bordo quando ci fu lo scoppio. Circa trecento persero la vita.

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