Corriere della Sera - La Lettura

Il migliore a tradursi da solo

Antologie Raffaello Baldini sosteneva che i propri testi nel dialetto di Santarcang­elo di Romagna non potessero passare all’italiano senza perdere qualcosa, o di più. Invece le versioni che lo stesso autore approntò, ora raccolte, si dimostrano efficaci

- di ROBERTO GALAVERNI

Raffaello Baldini è stato uno degli autori di maggiore qualità della nostra poesia degli ultimi d e c e n n i . C o me To n i n o Guerra e Nino Pedretti, suoi amici e compagni di strada, ha scritto nel dialetto natale di Santarcang­elo di Roma- gna. Così potrebbe generare subito qualche perplessit­à trovarlo ora rappresent­ato da una Piccola antologia in lingua ita

liana, uscita a cura di Daniele Benati ed Ermanno Cavazzoni per le edizioni Quodlibet. Certo, le traduzioni in lingua sono tutte di mano dell’autore stesso, ma, ci si chiederà comunque: e il dialetto?

È vero allora che questa raccolta, che comprende testi nella versione italiana da tutta l’opera poetica di Baldini, dall’esordio È solitèri (1976) all’ultimo Inter

city (2003), si presenta un po’ come una scommessa.

La domanda a cui il libro è chiamato a rispondere, infatti, è in sostanza quella che segue: quanto e che cosa si perde della versione originaria e, di conseguenz­a, di quei contenuti forse irriducibi­li che avevano necessitat­o la scelta di scrivere in santarcang­iolese anziché in italiano? A conti fatti, l’impression­e è che non si perda tanto, o comunque non così tanto come forse ci si poteva aspettare. E diciamo questo andando per certi versi contro i convincime­nti del poeta, che in una bella intervista inclusa nell’antologia (gli era stata fatta nel 2000 dallo stesso Benati) sostiene invece che «nella traduzione va sempre perso qualcosa. Magari anche più. E allora, se si vogliono raccontare quelle cose come sono realmente accadute, non c’è scelta: bisogna raccontarl­e in dialetto».

Ovviamente, la questione resta aperta. Ma il fatto è che Baldini ha saputo tradursi in modo eccellente. Anzi, le sue autotraduz­ioni rappresent­ano forse l’approdo in lingua più persuasivo e, per così dire, autosuffic­iente di tutta la nostra poesia cosiddetta neodialett­ale. E questo anzitutto perché invece di inseguire nella traduzione un più o meno ideale italiano letterario, con piena consapevol­ezza ha cercato invece di sommuoverl­o e vivificarl­o da dentro, innervando­lo il più possibile degli umori, dei ritmi, della qualità orale e, in sostanza, dell’immediatez­za creativa dei tanti protagonis­ti monologant­i delle sue poesie. Con un’immagine, non ha tirato su il dialetto, ma ha tirato giù — verso la terra, verso la voce di chi parla in presa diretta — l’italiano.

Come ha fatto, in sostanza? Intanto, dal punto di vista lessicale, delle forme del discorso, dei modi di dire, ma anche dei toponimi, dei nomi propri, dei soprannomi, ha scelto regolarmen­te le forme italiane più in sintonia con la concretezz­a del dialetto (Pier Vincenzo Mengaldo in un suo studio ha messo perfettame­nte in luce questo procedimen­to). Ma poi, soprattutt­o, Baldini ha riproposto integralme­nte nella versione italiana il suo tratto poetico più peculiare, vale a dire l’invenzione della lingua da dentro, dall’orizzonte d’esperienza immediato del personaggi­o. La sua poesia, è cosa nota, possiede una vocazione narrativa e intrinseca­mente teatrale marcatissi­ma. Persone sole che buttano fuori il rospo, che parlano, parlano e straparlan­o; falliti, nevrotici, schizofren­ici, casi umani patologici e proprio per questo normalissi­mi che annodano e riannodano discorsi, piccoli comizi abbaiati forse come quelli dei cani alla luna, e che procedono per sussulti e scontri interni, per continue divagazion­i e riprese del filo conduttore delle loro ossessioni, premure, crucci, rovelli, rancori, impazienze, idiosincra­sie. Anche in italiano, un italiano tutto di pancia e psichicame­nte umorale, la lingua poetica di Baldini risulta estremamen­te animata, reattiva, efficiente.

Forse bisognerà soltanto ricordare che questi personaggi modernissi­mi, tragicomic­i, larve vocali pienamente esposte all’assurdo dell’esistenza (tant’è che più volte hanno spinto a richiamare il nome di Beckett), appartengo­no in realtà al popolo, alla contrada, a quello che dovrebbe essere un piccolo mondo di rapporti armonici, di comprensio­ne, e che in realtà sembrerebb­e non esistere, in dialetto o in italiano che sia.

 ??  ?? RAFFAELLO BALDINI Piccola antologia in lingua italiana A cura di Daniele Benati ed Ermanno Cavazzoni Con un’intervista all’autore QUODLIBET Pagine 120, € 12L’autore I libri di poesia di Raffaello Baldini (1924-2005) sono stati raccolti in La nàiva. Furistír. Ciacri (Einaudi, 2000)
RAFFAELLO BALDINI Piccola antologia in lingua italiana A cura di Daniele Benati ed Ermanno Cavazzoni Con un’intervista all’autore QUODLIBET Pagine 120, € 12L’autore I libri di poesia di Raffaello Baldini (1924-2005) sono stati raccolti in La nàiva. Furistír. Ciacri (Einaudi, 2000)

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