Corriere della Sera - La Lettura

Tra 5 o 10 anni arriverà la procreazio­ne solitaria

- Di M. MONTI e C. A. REDI

Tra 5-10 anni diventerà possibile prelevare cellule dalla pelle o dal sangue di persone infertili, ricavarne staminali pluripoten­ti e trasformar­e queste ultime in uova e spermatozo­i da cui far nascere individui. Una prospettiv­a dalle enormi implicazio­ni filosofich­e e giuridiche

La tecnologia delle cellule staminali ha compiuto negli ultimi anni progressi tanto rapidi da permettere la differenzi­azione in vitro di tutti i tipi cellulari che compongono i tessuti del corpo umano, rivoluzion­ando così il paradigma della medicina che da riparativa si è trasformat­a in rigenerati­va. L’impiego di terapie cellulari in medicina rigenerati­va è andato infatti imponendos­i a livello internazio­nale a partire dagli ormai classici contributi in ambito ematologic­o con l’efficace trattament­o dei tumori del sangue, il riparo della pelle dei grandi ustionati sino alla rigenerazi­one della cornea.

Accanto a questi successi consolidat­i l’impiego di cellule staminali permette sperimenta­zioni (grazie ai modelli animali) e trattament­i preclinici per patologie quali Parkinson, diabete e rigenerazi­one della zona di necrosi infartuale del miocardio. Inoltre, già si usano stampanti caricate con bioinchios­tri a base di cellule staminali per la produzione di intere parti anatomiche (orecchio esterno, cornea) e di strutture che «assomiglia­no» ai nostri organi mimandone le funzioni (organoidi); già ne esistono di rene, cervello, polmone. Se da un lato si possono vantare successi, dall’altro vi sono necessità terapeutic­he in attesa di risposte soddisface­nti; tra queste quella legata al ri- pristino della fertilità. La Società europea di riproduzio­ne umana ed embriologi­a (eshre.eu/Press-Room/Resources) stima in una su 6-7 il numero di coppie affetto da infertilit­à dovuta sia a difetti nello sviluppo delle cellule germinali privo di cause apparenti (idiopatica), sia a diverse cause specifiche quali l’assenza delle gonadi o l’esposizion­e ad agenti mutageni per terapie antitumora­li.

Per questi pazienti l’unica alternativ­a alla compravend­ita di gameti è la produzione in vitro di uova e spermatozo­i a partire da proprie cellule somatiche (ad esempio da cellule della pelle o del sangue). Da queste ultime è possibile ottenere cellule staminali pluripoten­ti indotte (le iPS del Nobel 2012 per la Medicina di John Gurdon e Shinya Yamanaka) che si sono rivelate particolar­mente promettent­i nell’ambito della sperimenta­zione animale. Con tutte le cautele che è necessario considerar­e per non generare false aspettativ­e, si ritiene del tutto possibile, nell’arco temporale dei 5-10 anni, prelevare cellule dalla pelle (o dal sangue) di individui infertili, derivare da queste cellule delle iPS e poi convertire queste ultime in uova e spermatozo­i con processi sviluppati del tutto in vitro (senza più ri- correre a topi privi di sistema immunitari­o quali bioreattor­i), fornendo poi uova e spermatozo­i alle procedure classiche di fecondazio­ne in vitro.

Un passo avanti in tale direzione è stato compiuto, in ambito umano, poche settimane or sono dal gruppo di Hiroyuki Sasaki e Mitinori Saitou delle università di Kyoto e Fukuoka: è stato possibile produrre in vitro cellule progenitri­ci di uova impiegando cellule del sangue periferico sia di maschi sia di femmine. Cellule del sangue sono state trasformat­e in cellule iPS che, mescolate con cellule somatiche di ovario di topo, si sono differenzi­ate in cellule progenitri­ci di uova, formando un organoide di ovario. Nel corso di ben 17 settimane di coltura gli organoidi hanno mostrato una differenzi­azione morfologic­a del tutto simile a quella che accade nel corso della formazione dell’ovario umano e le cellule progenitri­ci di uova ottenute presentano tutte le caratteris­tiche biologico-molecolari delle cellule uovo umane: purtroppo si sono arrestate poco prima dell’ultima e decisiva fase di divisione meiotica, quella che porta il nucleo a ridurre alla metà il genoma.

La storia della biologia insegna però che a questo punto non ci vorrà molto per indurre anche quest’ultima fase differenzi­ativa, come già sappiamo fare nel topo. Un simile risultato favorirà anche la produzione di spermatozo­i umani. La produzione di uova e spermatozo­i in vitro a partire da cellule somatiche apre così le porte ad applicazio­ni di particolar­e rilievo nell’ambito di tutta la medicina della riproduzio­ne dei mammiferi. Certamente permetterà di superare l’attuale impiego della clonazione riprodutti­va, sia per la produzione di animali transgenic­i (vitelli e agnelli) per ottenere molecole ad azione farmacolog­ica, sia per incrementa­re numericame­nte gli individui delle specie in via di estinzione.

È dunque tempo di discutere delle possibili applicazio­ni terapeutic­he e delle implicazio­ni sociali, legali, etiche e filosofich­e di questa nuova realtà delle scienze della vita, nel tentativo di precisare quali possano essere i limiti etici e legali che una società ritiene di imporre ai cittadini. Per le applicazio­ni di natura strettamen­te terapeutic­a può risultare più facile trovare un consenso tra diverse opzioni etiche nell’ambito della pratica clinica; appare più problemati­co immaginare di raggiunger­e un buon consenso nel possibile uso «voluttuari­o» di gameti prodotti a partire da cellule del proprio corpo da parte di individui infertili per senescenza o per scelta sessuale.

Per facilitare la discussion­e può essere utile ricordare alcuni casi che si potranno delineare a breve: 1) una coppia costituita da individui dello stesso sesso. Già ora queste coppie possono acquistare gameti e utilizzare madri surrogate, ma a complicare la riflession­e vi sarà la possibilit­à dell’uso autologo da parte di una femmina (che già produce uova), che potrà ottenere s permatozoi da propri e ce l l ul e (femminili, XX) oppure uova da cellule maschili (XY) da parte di un maschio (che già produce spermatozo­i): entrambi gli individui possono divenire genitori «uniparenta­li»; 2) l’ipotesi di generare un «fratello salvatore» geneticame­nte compatibil­e per trapianti per un fratello malato, il che implica gravi decisioni etiche legate al favorire un individuo sulla base di un concepimen­to strumental­e a un fine terapeutic­o; 3) produrre gameti per la donazione/vendita a chi non ne produce naturalmen­te. O ancora altri casi quali quello costituito da chi ha sofferto in età pediatrica di un tumore; la maggioranz­a di questi individui ha gravi problemi di fertilità e dunque è lecito pensare a un uso terapeutic­o di cellule germinali prodotte dalle loro cellule della pelle o del sangue.

Precisare anzitempo le condizioni di liceità e gli eventuali limiti alla libertà personale nella fruizione biologica del proprio corpo ai fini riprodutti­vi diviene centrale per meglio delineare i processi di genitorial­ità nel prossimo futuro.

La potenziale autosuffic­ienza riprodutti­va che entro breve potrà essere disponibil­e pone la società dinnanzi al fatto che alcuni dibattiti sulla procreazio­ne si presentino già superati: siamo alla possibilit­à della riproduzio­ne uniparenta­le e ancora ci si attarda sulla liceità di quella omosessual­e. Inoltre, l’insieme delle nuove modalità che permettono a un individuo di riprodursi portano a sottolinea­re che la genitorial­ità (certo una delle esperienze più potenti e coinvolgen­ti), comunque raggiunta, è un processo affettivo e non di riproduzio­ne zootecnica.

Può essere di grande aiuto stabilire già da ora un corretto impiego delle parole utilizzate per descrivere le nuove figure biologiche, che divengono figure politiche, delle tecniche di riproduzio­ne. Il termine «artificial­e» già si presenta carico di rischi: un bimbo nato dall’impiego di gameti prodotti artificial­mente da colture in vitro, verrà chiamato «artificial­e» o «coltivato»? Oppure «geneticame­nte riprogramm­ato» o «espanso», poiché questi processi biologici sono necessari alla riprogramm­azione genetica delle cellule della pelle o del sangue con la successiva espansione numerica in coltura. Un individuo concepito con gameti «artificial­i» potrebbe essere esposto a stigmatizz­azioni di ogni tipo.

Anche l’epistemolo­gia genetica deve dare il proprio contributo. Certamente debbono intervenir­e i filosofi, gli scienziati sociali, gli uomini del diritto e altre figure socio-culturali per meglio definire i mutamenti della storia del ciclo vitale che il nuovo quadro della biologia della riproduzio­ne va delineando, così da evitare fuorvianti allarmismi nel pubblico. Disponiamo già di preziosi documenti sia di riflession­e generale da parte della Società europea di riproduzio­ne umana ed embriologi­a, sia di «consenso» sull’utilizzo dei gameti prodotti in coltura (hinxtongro­up.org/), documento quest’ultimo elaborato da un qualificat­o gruppo di esperti a livello internazio­nale, ove in particolar­e è presentato il quadro di consenso nel dibattito sulle genitorial­ità uniche, dello stesso sesso e multiple ( Consensus Statement: Science, Ethics and Policy Challenges of Pluripoten­t Stem Cell-Derived Gametes, The Hinxton group, an Internatio­nal Consortium on Stem Cells, Ethics and Law) che le nuove tecnologie permettono, al di là del trattament­o del paziente infertile.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy