Corriere della Sera - La Lettura
È un inganno spacciare l’omeopatia per scienza
Un articolo sulla rivista «Scientific Reports» ha fatto esultare i fautori di questa contestata pratica, ma subito sono emersi grossi dubbi di metodo. La sua efficacia non è mai stata provata eppure capita spesso che l’informazione la metta sullo stesso piano della medicina ufficiale
«Iricercatori hanno dimostrato non solo l’efficacia del farmaco omeopatico, con effetti biologici statisticamente significativi nell’alleviare il dolore neuropatico negli animali da laboratorio, ma che l’azione indotta è stata simile all’effetto del Gabapentin, farmaco convenzionale molto usato, con la differenza sostanziale che il farmaco omeopatico è risultato privo di effetti collaterali, e quindi più sicuro». L’entusiasmo del comunicato stampa, firmato da 11 associazioni di omeopatia e pubblicato lo scorso 24 settembre, è evidente. Come non condividere l’eccitazione per un «farmaco» efficace e privo di effetti collaterali? Purtroppo è tutto falso.
La scoperta miracolosa risale a due settimane prima. Il 10 settembre la rivista «Scientific Reports» ospita un articolo in cui si sostiene che una preparazione omeopatica ha un effetto simile a un farmaco analgesico. E non ha nemmeno effetti collaterali! Già questo dovrebbe insospettire. Ma se fossimo inguaribili ottimisti, per disilluderci potremmo leggere l’analisi di Enrico Bucci su «Query» del 26 settembre, oppure il commento di Giorgia Guglielmi su «Nature» dell’11 ottobre. In sintesi: lo studio in questione è piuttosto inaccurato e le immagini sono state usate in modo approssimativo. C’è anche qualche problema con la rianalisi numerica, non mancano dubbi riguardo al metodo e perfino a un indirizzo email usato da più persone.
Non sono dettagli secondari. L’accuratezza del metodo è condizione fondamentale per un risultato affidabile. È un po’ come controllare che gli ascensori siano stati costruiti a regola d’arte prima di comprare un appartamento all’ultimo piano. Intanto gli editor di «Scientific Reports» hanno aggiunto una nota per avvertire i lettori che le conclusioni sono state contestate e decideranno che fare dell’articolo. Il commento finale di Bucci ha una portata più generale: «Anche riviste qualificate, di tanto in tanto, sono permeabili alla cattiva scienza». Attenzione a esaltarsi per un solo articolo, dimenticando «il consenso scientifico complessivo».
Ovviamente la possibilità di errori non vuol dire che non ci sia differenza tra una pubblicazione generalista e «Nature». La differenza è ben nota anche ai sostenitori dell’omeopatia, visto che ci hanno tenuto a sottolineare (sbagliando) che «con buona pace dei negazionisti dell’omeopatia, a settembre 2018 la rivista scientifica “Nature”» avrebbe dimostrato l’efficacia omeopatica (così la Scuola di medicina omeopatica hahnemanniana).
Il problema è serio e ci costringe a interrogarci sul ruolo della scienza, delle istituzioni e dei media. Questi ultimi, per esempio, non dovrebbero riportare presunte dimostrazioni senza quasi leggere o farsi mera eco di interessi particolari. Titolare «l’omeopatia funziona» equivale a dire «abbiamo rivoluzionato le leggi della chimica». Siamo sicuri? Eppure succede. Il 19 ottobre «Adnkronos salute» pubblica Omeopatia, la medicina
che mette al centro l’uomo. A dimostrazione di ciò e per combattere le fake news (la crudeltà dei paradossi), si riporta il parere di due omeopati. Il giorno prima, Giovanni Gorga, presidente di Omeoimprese, associazione del settore, scrive alla Commissione di vigilanza Rai lamentandosi di essere vittima di pregiudizi e imprecisioni: l’omeopatia non sarebbe una pratica alternativa e la Rai sarebbe di parte.
È bene ricordare che quando parliamo di scienza e medicina non ha molto senso invocare il contraddittorio. La par condicio e la scienza sono territori diversi, e non siamo tenuti a invitare «chi la pensa diversamente». È una cattiva abitudine diffusa. Donald Trump dice che la scienza non è compatta sul cambiamento climatico. È vero, gli ha risposto Stephen Colbert durante il suo
Late Show: da una parte ci sono gli scienziati, dall’altra il blog RealTrueAmericanScienceEagle.jesus.
È la premessa stessa dell’omeopatia a essere scientificamente discutibile: l’idea che un principio attivo possa mantenere la sua efficacia dopo essere stato diluito centinaia di volte in acqua o alcol. In che modo? Perché il liquido in cui è stato sciolto ricorderebbe le caratteristiche di quello che abbiamo diluito. È come pensare che una goccia di rum in una piscina olimpica possa ubriacarci o che ci sazierebbero 10 grammi di pasta. È pensiero magico o illusione, non realtà.
Ognuno fa quello che vuole della propria salute. Ma le istituzioni e l’informazione dovrebbero avere una posizione meno ambigua. E l’unica possibile è la seguente: l’omeopatia ha lo stesso principio attivo di acqua e zucchero. Qualcuno si sente meglio? Vostro cugino è guarito? A parte la discutibilità delle esperienze personali, la «guarigione» potrebbe essere attribuita all’effetto placebo o a una remissione spontanea. Fortunatamente gli omeopatici sono spesso usati per condizioni non gravi come il raffreddore. «Funzionano» come la magia, come gli oroscopi. L’omeopatia è insomma più vicina al mondo di Stamina che a quello di Edward Jenner.
E qui si nasconde un pericolo. Le persone che si rivolgono alla medicina sono malate. È comprensibile che siano angosciate e meno in grado di orientarsi, più sensibili alle suggestioni. L’unica risposta corretta scientificamente e moralmente è quella della evidence based
medicine e non quella delle illusioni o del «diritto di
provare».
La medicina basata su dati e statistiche può sembrare «fredda», mentre gli aneddoti sono più familiari. Spesso il ciarlatano ha più tempo del medico superspecializzato, ma non è saggio affidarsi al primo. Magari ci andiamo a cena, ma è prudente scegliere chi deve curarci in base alle sue competenze. E tra queste, c’è anche il rapporto che i medici instaurano con i pazienti, di cui sono responsabili e che costituisce una componente rilevante della pratica clinica. Soprattutto in un mondo caratterizzato dalla sfiducia verso gli esperti e da internet, che offre a tutti materiale infinito, magari erroneo o che non siamo in grado di interpretare correttamente.