Corriere della Sera - La Lettura
Il mio jazz canta le arie dell’umorista Rossini
Sin dagli albori, il jazz ha guardato alla musica classica come a qualcosa che potesse nobilitare un linguaggio — il suo — visto spesso ancora oggi dall’alto verso il basso dal mondo accademico. Per questo, e anche perché in ultima analisi il jazz è arte dell’interpretazione (un vestito che si può cucire addosso a qualsiasi genere, non è mai il cosa, ma sempre il come) molti jazzisti hanno riletto, a modo loro, pagine di compositori classici.
Fra gli autori colti, il più frequentato è stato — da Jacques Loussier agli Swingle Singers — Bach, ma lo hanno preceduto altri: Grieg (Ellington esplorò parti del Peer Gynt), Dvorák (Art Tatum) fino agli esempi più recenti e noti, quelli di Uri Caine prima di tutti, che si è confrontato magistralmente (soprattutto) con le pagine di Mahler, senza dimenticare il Rameau di Louis Sclavis, il Ravel di Larry Coryell, lo Strauss junior della Vienna Art Orchestra, il Bizet di Enrico Rava, il Debussy e il Messiaen di John Zorn...
L’ i ngl e s e Mike Westbrook ( c l a s s e 1936), da sempre simpatico eversore del jazz britannico, ha una debolezza per le pagine di Gioachino Rossini. Al punto che ci sta dietro dal 1984, quando il Festival di Losanna gli commissionò un progetto sul compositore. Ora, in occasione dei 150 anni dalla morte di colui che Stendhal paragonò, per importanza, a Napoleone, che Metternich impose nelle corti europee, e che riempì il mondo di musica per 19 anni, dal 1810 al 1829, quando congedò, a soli 37 anni, la sua ultima opera, il Teatro Rossini di Pesaro ospiterà (unica data europea) il nuovo progetto, Rossini-Reloaded di Westbrook e della sua Uncommon Orchestra, una ventina di elementi con una ampia sezione di ottoni e con la voce della moglie Kate (sabato 17 novembre alle 21.15).
«Mi sono avvicinato alla musica di Rossini — racconta a “la Lettura” il diret- tore e arrangiatore — da jazzista. Ho scavato nelle partiture (la prima fu l’Ouverture dal Guglielmo Tell, ndr) estrapolandone strutture e temi per riadattare tutto al mio linguaggio». Della musica di Rossini, Westbrook ama soprattutto «quel connubio fra humor e dramma che rende l’insieme così esplosivo. Mi piacciono l’audacia della scrittura e le emozioni a pelle che riesce a comunicare». E, fra le opere, Westbrook, che dichiara di essere cresciuto «in realtà con la musica di Puccini», cita quale prediletta Il barbiere di Siviglia. La musica del Pesarese — e in programma ci sono arie da Otello, La Cenerentola, Il barbiere di Siviglia e Guglielmo Tell — servita da un canto lineare, chiaro, limpido, ma nel contempo pronto a incresparsi e frizzare in vocalizzi, Westbrook la srotola e la trasforma in trampolino per l’improvvisazione, «un po’ come fecero Ellington e Strayhorn con lo Schiaccianoci il Cajkovskij».