Corriere della Sera - La Lettura

L’argine lieve al disordine: maratona domenicale in versi

«Poetry and the City» porta rime in tutta la città

- di CRISTINA TAGLIETTI

Una lunga domenica in versi. Ci saranno tutti: dai grandi vecchi Franco Loi (88 anni) e Giancarlo Majorino (90) fino al giovanissi­mo Giorgio Ghiotti, che di anni ne ha 24. Ci saranno le voci del passato che la città l’hanno cantata — Vittorio Sereni, Antonio Porta, Raffaello Baldini, Giovanni Giudici, Giovanna Sicari, Giovanni Testori, Luciano Erba, Giovanni Raboni — e i rimatori in erba che escono dall’ombra per sottoporsi al giudizio dei maestri. Insomma c’è fame di poesia a Milano. «Almeno di scriverla», dice Vivian Lamarque notando una certa «inappetenz­a» quando, invece, si tratta di leggerla. «Però non so se sia fame solo di poesia. Fame di sicuro è. Di qualsiasi cosa che ci sollevi almeno di una spanna dal terraterra, e anche meno, che ci assedia. Dipingere, scolpire, suonare uno strumento? Non è facile». Invece, come dicono alcuni suoi versi: «È quasi facile fare una poesia/ basta prendere un pezzo di carta/ e una matita . È come per la terra/ fare un filo d’erba, una margherita».

Si chiama Poetry and the City la lunga cavalcata di BookCity, che da mattina a sera, il 18 novembre, spargerà rime per la città, segno che, come dice Nicola Gardini, «la poesia sta bene perché è una condizione di felicità cui ogni lingua tende». I buoni poeti non mancano anche se la poesia può essere maltrattat­a. «Ma questo è un altro discorso — aggiunge Gardini —. La colpa allora non è della poesia, ma della comunicazi­one cultura-

le, dell’indifferen­za delle istituzion­i». Indifferen­za che a BookCity non ci sarà. Domenica 18 sarà in versi il risveglio (ore 9.30) alla Triennale, quando dieci aspiranti poeti selezionat­i tra i 230 che hanno partecipat­o al concorso leggeranno le loro composizio­ni. Giorgio Ghiotti che, insieme a Nicola Gardini, coordinerà l’incontro nota che tra i numerosi testi arrivati, alcuni più sprovvedut­i altri già ben strutturat­i, «emergono quelle rarissime voci, votate dalla giuria dopo un’attenta selezione, che testimonia­no davvero una qualità autentica, una vocazione, vogliamo chiamarla così?, di poeta. Quando questo accade, anche nello spazio di pochissimi versi, si rivela una frequentaz­ione costante e affettuosa con la poesia dei veri poeti. Per quelle voci che altrimenti, nel caos crescente dell’oggi, rischiereb­bero di perdersi o di soccombere sotto a ciò che non è poesia, vale la pena di organizzar­e occasioni come Poetry and the City».

Alle 11 lo spirito poetico si trasferirà al liceo Brera dove, coordinati da Vivian Lamarque e Vittorio Lingiardi, scolari delle elementari e studenti delle superiori reciterann­o le rime di grandi autori cercando di far sentire quelle voci ancora vive, al di fuori dell’obbligo scolastico. Poi planerà all’Istituto dei ciechi (ore 14.30) dove — coordinati da Giuseppina Manin e Cristina Battoclett­i — Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Umberto Fiori, Giorgio Ghiotti, Vivian Lamarque, Vittorio Lingiardi, Nicola Gardini, Franco Loi, Giancarlo Majorino, Giampiero Neri, Tiziano Rossi e Patrizia Valduga

declameran­no versi dai loro componimen­ti, mentre dieci non vedenti leggeranno poesie in Braille. In serata (alle 17.30) la carovana poetica si trasferirà alla Casa della carità di don Colmegna, per ricordare, ciascuno, un grande autore milanese scomparso. Quindi saranno i migranti, coordinati da Luca Formenton, a interpreta­re versi dei loro Paesi d’origine. Anche Emilio Isgrò, l’artista delle cancellatu­re, leggerà sue poesie inedite dedicate alle migrazioni nel Mediterran­eo. «Un mondo in fuga — spiega a “la Lettura” — di cui molti nemmeno si rendono conto. Lo vorrei dire senza retorica: è giusto che almeno i poeti e gli artisti si accorgano che c’è qualcuno che soffre».

Il titolo dell’incontro può sembrare fin troppo ottimistic­o: Carmina dant panem. Difficile credere che con le poesie davvero si mangi, ma Vittorio Lingiardi, che è psichiatra oltre che poeta, ricorda un grande autore americano, Robert Frost, secondo cui « a poem is

an arrest of disorder ». «È anche per questo — spiega — che molti scrivono poesie, anche senza pubblicarl­e. Perché la poesia riordina il “disordine” della realtà e non è un caso che disorder in inglese significhi anche disturbo, malattia. La parola poetica è una parola che cura, un modo di dare forma al dolore, di contenerlo e anche conoscerlo. Un altro poeta statuniten­se, Wallace Stevens, diceva che la poesia è “una violenza interna che ci protegge da una violenza esterna”».

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy