Corriere della Sera - La Lettura
L’ansia e l’ira dei penultimi non possono rimanere senza risposta
Un sociologo e un assessore esplorano l’inquietudine diffusa
Un sociologo, esperto di città e delle «moltitudini» che le abitano, e un politico, assessore a Milano e promotore di alcune iniziative per l’accoglienza ai migranti che hanno mobilitato, praticamente uniche in Italia, molte persone. Aldo Bonomi e Pierfrancesco Majorino danno vita a un dialogo attorno all’insicurezza come motore dei comportamenti umani, sociali e, in ultima istanza, politici con il saggio Nel labirinto delle paure (Bollati Boringhieri) che presentano a BookCity domenica 18 novembre a Palazzo Clerici (ore 12) con Ferruccio de Bortoli, Leoluca Orlando e Giuseppe Sala.
Non è il primo libro sulle paure e non sarà l’ultimo, ma ha la caratteristica di mescolare costantemente il «macro» del cambiamento d’epoca in corso con il «micro» delle storie dei singoli, «le vite minuscole», rivelatrici di uno stato d’animo, l’inquietudine, che per gli autori segna inesorabilmente il nostro tempo.
Entrambi, il sociologo e il politico, partono da un dato: la fine del «patto socialdemocratico», del welfare e delle sicurezze costruite lungo tutta la seconda parte del Novecento. Tra le «macerie» di quel patto si muovono ora aspettative e pulsioni potenti, domina, secondo Bonomi, il «rancore» di chi pensa di aver subìto un torto. Un rancore di massa che diventa, senza più il sistema delle classi «a fare ordine», rapidamente «individuale» — perché le forme di convivenza fin qui conosciute vanno tutte in crisi — per poi ricomporsi nei comportamenti politici ed elettorali, quando l’onda del risentimento trova leader e partiti in grado di promettere che i «torti» saranno sanati.
Al sociologo, ovviamente, interessano le forme che questo stato d’animo collettivo assume nella società: lo sgretolamento delle reti tra vicini di casa, l’isolamento degli anziani, il proliferare di telecamere e porto d’armi, il ritorno del meccanismo del capro espiatorio, in questo caso il migrante, che restituisce ai «penultimi», gli italiani poveri, la possibilità di ricostruirsi come «comunità», una comunità basata però sull’esclusione dell’«altro da sé». All’esponente politico, in-
vece, interessa come questi sommovimenti sociali condizionino la discussione pubblica; nel caso di Majorino l’analisi non è solo sul presente (l’affermazione elettorale e l’inedita alleanza M5S-Lega), ma sulle ragioni profonde dell’egemonia «populista». L’assessore «pro migranti», come dicono alcuni avversari, veste i panni del ricercatore e racconta alcune esperienze nella «trincea» delle Politiche sociali in una città più ricca di altre, ma attraversata, come tutte, dalla più «grande crisi economica dal dopoguerra».
Majorino raccoglie tracce e pareri per potersi orientare nel labirinto. «Nelle moderne società di massa l’angoscia è il movente principale per la formazione dei regimi autoritari» diceva il filosofo Franz Neumann e la destra, riconosce il politico del Pd, a questa angoscia «offre una zattera, forse priva di bussola, ma pur sempre di zattera si tratta». Ecco, quindi, che nella società si fanno strada un nuovo nazionalismo — «metodologico» lo definisce Bonomi — che dà l’idea di proteggere, e «un odio seducente», quasi «spensierato», verso il «nemico»: spesso il migrante, diventato il simbolo e la causa di ogni insicurezza, ma anche (e soprattutto lo diventerà nei prossimi mesi) l’Europa.
A uno degli interrogativi posti dal libro fo r ni s ce una r i s posta i nteressante i l criminologo Roberto Cornelli: «Siamo abituati a pensare che la paura sia una passione individuale, che abbia che fare con la pancia» e invece si tratta di «una modalità attraverso cui una comunità definisce il proprio sguardo sul mondo, le priorità e il proprio progetto di società».
Si arriva al punto. Bonomi e Majorino, nonostante il loro sguardo sul presente sia assai preoccupato, non considerano chiusa la partita. Partendo da esperienze diverse, indicano una strada comune, alternativa alla «società del rancore» che a entrambi pare per ora vincente. Intanto propongono un’attitudine con cui guardare alla realtà: non rimuovere o edulcorare i problemi, ma starci viceversa «in mezzo». E provare così a ricostruire un senso di comunità in cui il collante non sia l’esclusione ma, scrive Bonomi, la «cura»; una «casa comune», aggiunge Majorino, che vada incontro agli impauriti ridando un senso alla sinistra.