Corriere della Sera - La Lettura
Roma, 5 giorni di eventi per editori medi e piccoli
Tendenze I fondatori di marchi ormai radicati si stanno facendo affiancare dalle giovani generazioni, con profili professionali diversi dai loro. Ne nascono strategie e identità inedite. Se ne parlerà a Roma
C’è una nuova generazione al comando nella piccola e media editoria italiana che si ritrova alla Nuvola di Roma. Uno degli incontri professionali di Più libri più liberi, organizzato dall’Aie, è dedicato proprio a questo tema. Ormai in molti casi all’editore fondatore che ha ideato il progetto originario, creato il catalogo e dato valore al marchio, stanno subentrando i figli che aprono nuove strade. «È un processo — spiega Giovanni Peresson dell’Ufficio studi dell’Aie — che non comincia certo ora. Pensiamo ad Antonio Sellerio, a Luca De Michelis di Marsilio, a Raffaello Avanzini di Newton Compton: avevano già un ruolo all’interno di alcuni settori della casa editrice e ora ne sono a capo». Il passaggio è avvenuto un po’ ovunque: «Nei gruppi in certi casi si è anche passati dalla generazione fondatrice, ai figli, al management».
A parlarne a Roma ci sarà Giovanni Hoepli che con il fratello Matteo si è diviso i compiti sui due principali canali della storica casa editrice, giunta alla quinta generazione: Matteo si occupa della libreria online, Giovanni della parte editoriale che, nota Peresson, «si è rinnovata nella grafica ma anche nella proposta di quegli autori che presidiano il mondo del digita- le, per un pubblico mediamente colto, di professionisti». Le trasformazioni riguardano spesso l’ottimizzazione di processi industriali, che all’esterno non viene percepita, o — e gli effetti sono più visibili — la promozione dei titoli. Come è successo, per esempio, alla Salerno, con Annamaria Malato che amministra la casa editrice di alta cultura fondata dal padre Enrico e ha dato un impulso maggiore alla comunicazione. Ci sono casi come quello di Effatà, fondata da Gabriella Segarelli e Paolo Pellegrino (il figlio Gregorio, si occupa di innovazione), che ha introdotto una serie di attività come Effatà Tour che organizza visite, soggiorni, stage lavorativi all’estero.
All’incontro di Più libri più liberi ci sarà anche Shulim Vogelmann, direttore editoriale della Giuntina, marchio di cultura ebraica fondato dal padre Daniel nel 1980 con La notte di Elie Wiesel. «Gli inizi sono stati dedicati alla memoria in un momento in cui non era, come oggi, al centro del dibattito», spiega Vogelmann. Con lui la casa editrice ha aperto alla narrativa israeliana, tra le più vivaci e interessanti nel panorama letterario mondiale. «L’altro filone sono i libri di interpretazione biblica che non sono religiosi ma forniscono una chiave di lettura della società. Testi che uniscono religione, psicologia, filosofia, da cui escono riflessioni potenti. Può sembrare arcaico ma credo che nella società in cui viviamo ci sia sempre più bisogno di contenuti complessi e profondi». In questa direzione va la traduzione del Talmud in versione originale, grandioso progetto che vede la collaborazione di più di 80 studiosi e il contributo del Cnr.
«La successione porta sempre aspetti di discontinuità e altri di continuità», spiega Paola Dubini, esperta di management culturale, docente alla Bocconi, autrice di Con la cultura non si mangia. Falso! (Laterza, 2018) e di Voltare pagina? Le trasformazioni del libro e dell’editoria (Pearson, 2016). «Un fattore forte di specificità — aggiunge — è dato dal catalogo che nelle case editrici è un elemento di valore patrimoniale ma anche di reputazione, quindi economico. È il marchio l’ ass et principale dell’ editoria. Perle aziende il momento del passaggio è importante e delicato, le case editrici non fanno eccezione al sistema delle imprese e, poiché di solito sono familiari, la successione viene preparata. La discontinuità rispetto al passato è data molto dai cambiamenti di contesto competitivo.
Negli ultimi vent’anni c’è stata una proliferazione di offerta culturale e di canali, una frammentarietà di logiche e una varietà di modelli narrativi. Le nuove generazioni devono farci i conti e in un contesto così variegato si può solo restare ammirati dalla capacità di tenuta».
In fiera alla Nuvola ci sarà anche L’Ippocampo, marchio raffinato che propone libri per ragazzi, volumi illustrati e di design dalla grande cura grafica. Fondato nel 2002 a Milano da Patrick e Giuliana Le Noël, ha avuto un nuovo impulso con l’ingresso in azienda dei tre figli, in particolare Sebastiano, 32 anni, responsabile operativo, che è intervenuto «sulla parte strutturale, rendendo più efficiente la macchina, e anche sulla comunicazione, affiancandola alla forza commerciale. I miei genitori — spiega — sono l’anima della casa editrice, discutiamo di tutto e scegliamo i libri insieme. Ora facciamo 70 titoli l’anno e siamo in 13 persone».
Pietro Biancardi, quarantenne, nel 2014 ha sostituito la madre Emilia Lodigiani a capo di Iperborea, dov’ era tornato a lavorare nel 2009 dopo un’esperienza al Saggiatore. «Mia madre ha sempre avuto un approccio molto artigianale. Anche se con lei lavoravano altre 2 o 3 persone, faceva praticamente tutto, dalla scelta del libro alla revisione, all’organizzazione dei viaggi degli autori. Dal Saggiatore mi sono portato una prospettiva più ampia, lì ho conosciuto Cristina Gerosa che lavorava a Isbn ed è un pezzo importante della nuova Iperborea, ora direttrice editoriale». Guardare fuori per Biancardi è stato necessario, avendo iniziato nel momento in cui il modello tradizionale entrava in crisi. «Bisognava avere le antenne dritte, cercare di capire come svilupparsi, estendere la proposta senza tradire un marchio molto riconoscibile». Con lui Iperborea è passata da 10 titoli all’anno ai 30 di adesso, ha aggiunto i libri per bambini, i Mumin, le guide Passenger. Dal 2015 c’è il festival i Boreali che sviluppa i Caffè tematici avviati da Emilia Lodigiani nel 2009. «In cinque anni abbiamo triplicato il fatturato e la redazione ha aggiunto una persona all’anno, tanto che ora dobbiamo traslocare in una sede più grande». Il passaggio è stato armonico: «È sempre stato un lavoro collettivo però se prima del 2014 discutevamo e l’ultima parola era di mia madre, ora ne discutiamo e l’ultima parola è la mia. Lei, che è presidente, è un’importantissima risorsa. Mi ha insegnato ad amministrare, martellandomi sulla gestione, tanto che mi ha lasciato un’azienda sana. Un grosso aiuto me l’ha dato mio padre, mancato due anni fa, che faceva il consulente strategico per grosse aziende».
Eva Ferri, trent’anni, è la figlia di Sandro Ferri e Sandra Ozzola, gli editori di e/ o. Sul biglietto da visita ha scritto pu
blishing editor che è quello che fa in Italia e a Londra dove c’è la costola britannica di Europa Editions, il marchio che pubblica in inglese i libri italiani. «Non saprei dire quando ho iniziato, credo prima di sapere che cosa fosse un editore, ma ufficialmente dal 2017». A lei si deve una certa svolta fantasy. «Io sono della generazione Harry Potter, di quelli che facevano le maratone, andavano in libreria di notte, vestiti da maghi, ad aspettare il nuovo libro». La passione per H. P. si è trasformata in una passione per il simbolico, il dis to pi co. Con Eva e / o s i è a pert a a l l e letterature asiatiche, anche se lei ha iniziato leggendo gli italiani: «I manoscritti che arrivavano attraverso il sito. Nei primi due anni sono stati novemila. Da lì sono usciti Massimo Cuomo e Fabio Bartolomei. Ora leggo gli italiani per l’estero: Baricco, Janeczek, Di Pietrantonio».
Antonio Sellerio in questi anni è stato il suo mentore, anche se, dice Eva, «siamo molto diversi. Lui è un imprenditore, io, forse, a un certo punto, dovrò diventarlo. Ho un po’ di spirito ma nessuna competenza pratica. Credo che il mio lavoro si inserisca bene in e/o, proprio perché la nostra identità ha sempre avuto a che fare con l’eclettismo. Adesso stiamo pubblicando molti autori del Medio Oriente, l’anno prossimo uscirà il romanzo bellissimo di uno scrittore hawaiano. Anche se gli agenti ci chiedono continuamente altre Ferrante».