Corriere della Sera - La Lettura
Vivere è amare e l’amicizia è poesia Così Catullo riscrisse le regole dell’Urbs
Una nuova edizione dei carmi permette di ripercorrere la parabola dell’autore dalla provincia alla città. Da qui nasce un senso di appartenenza che l’Occidente ha fatto suo
Nell’intera raccolta della sue poesie — il cosiddetto liber — Gaio Valerio Catullo nomina Roma direttamente solo una volta. Accade nel carme 68a, uno dei vertici non solo della sua poesia ma, si può dirlo, di tutta la poesia occidentale. Il poeta si trova nella Verona natale, distrutto dal dolore per la morte del fratello, ma deve rispondere a un amico, anche lui abbattuto da una qualche sventura privata, che da Roma gli chiede l’invio di un conforto poetico. Nella sua epistola in versi, così gli scrive in risposta Catullo: «Se qui con me non ho più di tanti scritti,/ questo è perché adesso vivo a Roma. Quella è la casa,/ quella è la mia dimora. È là che se ne va via il mio tempo».
Tanto più singolare appare dunque la posizione del poeta. Se la derivazione provinciale, con il suo importante retaggio anzitutto di natura morale, non venne mai dimenticata o ripudiata, di fatto «il vero orizzonte della poesia catulliana», come ha scritto Alfonso Traina, «è Roma». Infatti, « urbanus fu veramente, in ogni senso, Catullo. Nell’Urbe realizzò pienamente l’indissolubile trinomio della sua vita: l’amore, l’amicizia, la poesia». Questo passaggio è stato ripreso da Alessandro Fo nella sua introduzione a una nuova raccolta dei carmi di Catullo — il titolo è: Le poesie — che ha tradotto, commentato e curato per Einaudi. Tanto più avvalendosi di questa eccellente edizione (l’impianto complessivo si distingue per scrupolo, competenza, equilibrio, ma anche per una sempre motivata intraprendenza), c’è da chiedersi in che modo nei carmi si manifesti l’urbanità del poeta, il suo essere appunto di Roma e insieme, reciprocamente, come la città stessa viva nei suoi versi. Si è sottolineato spesso, infatti, come questa poesia sia poco interessata ai riferimenti locali determinati, in favore di un approfondimento tutto interiore, legato all’esperienza personale in ciò che ha di più universalmente condiviso. Una poesia, dunque, tanto più assoluta, proprio perché estranea a tutto quanto non abbia riflessi sulla dimensione più intima e sulla sua condivisione con una cerchia molto ristretta di amici e interlocutori.
Sono proprio queste, del resto, le innovazioni più rivoluzionarie dei celeberrimi «poeti nuovi», i neóteroi (la definizione, in realtà diminutiva e irridente, è di Cicerone), a cominciare appunto da Catullo e dal suo fortunatissimo liber: centralità del cosiddetto «io» poetico e sua stretta vicinanza con la persona dell’autore, valorizzazione della storia individuale, della soggettività, dell’introspezione, dei sentimenti, delle relazioni private. Di contro ai grandi temi pubblici o politicocivili della storia maggiore, ai piccoli accadimenti della storia individuale viene riconosciuta un’importanza addirittura incommensurabile, visti i loro decisivi risvolti interiori (o, come potremmo dire oggi, esistenziali). Ma l’elemento davvero dirompente è che questi temi quotidiani fino a quel punto considerati futili o irrilevanti diventano tutt’uno con un investimento poetico totale, una specie di raffinatissima e altrettanto disciplinata religione condivisa dalla cerchia, che nel connubio strettissimo tra vita e poesia prevede un’elezione ch’è insieme, e del tutto consapevolmente, etica ed estetica.
Il vero patto sacro per Catullo è quello che sancisce l’amicizia. Allo stesso modo, il suo scarto dalle convenzioni e dalla morale del tempo non sta solo nel fatto che l’amatissima Lesbia sia sposata (e che il triangolo donna-amante-marito divenga un motivo della poesia), ma anche e soprattutto che il suo presupposto sia la completa «equivalenza fra vivere e amare » (Fo) o che, accanto ai mille e mille baci, venga celebrato anche l’amore come esperienza spirituale, ossia non esclusivamente sensuale e corporea. Sia per il linguaggio, sia per la tipologia del tema amoroso, il ruolo fondativo di Catullo nella tradizione occidentale viene soprattutto di qui. Poco più di tredici secoli dopo, con gli stilnovisti fiorentini accadrà qualcosa di non troppo diverso.
Esiste dunque una poetica, come esiste, all’unisono, un’amicizia nella poesia. La maggioranza dei carmi di Catullo presuppone non a caso una schiera di destinatari e uditori determinati, che non coincidono necessariamente con i personaggi di cui tratta o a cui esplicitamente si rivolge ciascun componimento. Confidenza e complicità, scambi poetici, incontri e letture comuni, il riferimento a personaggi e accadimenti quasi sempre noti: l’immediatezza calibratissima di Catullo, e così il calore, la presenza di spiri-