Corriere della Sera - La Lettura

Condisci il fenicotter­o... Cena da Apicio chef stellato

Alla corte di Tiberio

- Di LIVIA CAPPONI

«Scotta il fenicotter­o, lavalo e condiscilo, poi mettilo in un tegame, aggiungi acqua, sale, aneto e un po’ d’aceto e fai bollire. Finisci di cuocere con un mazzo di porri e coriandolo, infine aggiungi un po’ di mosto rappreso per dargli colore. Nel mortaio mescola pepe, cumino, coriandolo, resina di silfio, menta, ruta, bagna con aceto, aggiungi datteri e un po’ del fondo di cottura, fai restringer­e, scola, copri il volatile con la salsa e servi. Il pappagallo si prepara allo stesso modo». Così consiglia Marco Gavio Apicio (25 a. C.-37 d. C.), chef stellato alla corte di Tiberio e personaggi­o noto per lo stile di vita sfarzoso, che servì ai romani lumache, conigli, lepri, cervi, gru, struzzi, pavoni e ghiri (e in caso di necessità, forse, anche gatti), il tutto condito con salse come la famosa esca Apicii (da cui forse deriva «scapece») o il garum, detto liquamen, la salsa a base di pesce salatissim­a nel gusto e nel prezzo, di cui la pasta d’acciughe o la bottarga sono i moderni epigoni. Fra le delicatezz­e, consigliav­a le murene dello stretto di Messina, le acciughe di Lipari, i muggini di Skiathos e capitanò la passione per i pesci pregiati, arrivando a pagare cinquemila sesterzi per un cefalo messo all’asta da Tiberio. Fu criticato da filosofi romani e stranieri per lo sfarzo smisurato. Plinio gli rimprovera­va di aver lanciato mode bizzarre, come mangiare la lingua dei fenicotter­i.

Gli ebrei, che oltre al maiale evitavano molti altri animali considerat­i impuri, scrissero trattati contro il lusso, e sulla stessa linea i cristiani ricordavan­o che bisogna mangiare per vivere, non vivere per mangiare. Secondo un aneddoto satirico tramandato­ci da Seneca, dopo avere avuto un tracollo finanziari­o che lo aveva lasciato con «soli» dieci milioni di sesterzi, Apicio si suicidò, non sopportand­o di vivere con così poco. Nonostante tutto, il suo manuale di cucina è giunto fino a noi: De re coquinaria (quest’anno uscito per Rusconi e per Foschi con lo stesso titolo, Antica cucina romana, e testo a fronte). Si possono provare le ricette, senza dimenticar­e la sua preziosa raccomanda­zione: non riconoscer­ai ciò che mangi.

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