Corriere della Sera - La Lettura
Gli studenti sono ragazzi Capire prima di giudicare
Non è sana un’istituzione dove una docente dice a una madre che «sua figlia deve dimenticare di avere una vita sociale». Né è adeguata la collega che promette «lacrime e sangue». Eppure per dare una scossa al sistema educativo basterebbe partire da insegnanti più preparati e appassionati, da genitori che concedano autonomia. Perché il 65% dei bambini farà lavori che ancora non esistono
«Sua figlia deve dimenticare di avere una vita sociale!». È il messaggio trasmesso in un colloquio da una docente di un liceo scientifico milanese alla madre di una ragazza in difficoltà. Un’altra insegnante si è superata: «Il nostro istituto è uno dei più difficili in Italia… Chi viene da noi deve versare lacrime e sangue». In un liceo classico: «Nel pomeriggio bisogna studiare almeno 5 ore e ridurre le attività sportive».
Queste perle, quasi di tipo ossessivo compulsivo, rimbalzano in diversi istituti senza che i dirigenti scolastici o gli insegnanti, che ne sono al corrente, intervengano a richiamare questi colleghi in evidenti difficoltà umane e professionali. Quando si apre lo «stupidario scolastico», a volte aggravato anche da un orgoglio genitoriale insensato, si rimane senza parole.
Riflettere sulla scuola rischia di diventare un esercizio noioso. Non fa più notizia. Ce ne occupiamo, ormai, solo in presenza di fatti eccezionali: studenti che minacciano con le sedie o addirittura con una pistola gli insegnanti, bambini che vengono esclusi dalla mensa scolastica e così via. Le continue discussioni sulla scuola sembrano produrre, anche sugli addetti ai lavori, un effetto anestetizzante: così stanno le cose e non c’è nulla che le possa modificare.
Ci ritroviamo un’organizzazione scolastica più funzionale a un sistema immodificabile di cattedre e programmi piuttosto che alla valorizzazione dei talenti. Immersi in un groviglio di aspettative e desideri insoddisfatti, si passa da entusiasmi (pochi) a profonde delusioni. Da speranze appassionate a risorse assicurate con tempi epocali, aggravate dalla rinuncia di alcuni collaboratori profondamente delusi. Da continue e inefficaci riforme sfornate dall’avvicendarsi dei vari ministri della Pubblica istruzione alla successiva constatazione che non cambia mai nulla. Da qualche incoraggiamento ai nostri adolescenti a critiche radicali e senza speranza.
Siamo alla faticosa ricerca di uno strano denominatore comune. Risolutivo. Un’ancora di salvezza. Una strategia efficace per un cambiamento scolastico importante e verificabile. Subito.
Credo esista un banale difetto di base: il nostro denominatore lo ricerchiamo sempre altrove, mentre po- tremmo ritrovarlo con insegnanti più preparati e appassionati del loro lavoro. Di buon senso e consapevoli del fatto che le ragazze e i ragazzi che entrano nelle aule scolastiche non sono semplici studenti ma adolescenti in un periodo straordinario della vita, caratterizzato da grandi cambiamenti. In assenza di queste condizioni, si rischia di condizionare negativamente il loro futuro. Eppure non mancano alcune isole felici. Scuole e istituti, magari criticati da assurdi passaparola metropolitani, ma dai quali provengono conferme quotidiane di esperienze significative.
La nostra ancora di salvezza può e deve materializzarsi anche con genitori autorevoli e competenti ma più rispettosi dei ruoli nel rapporto con gli insegnanti. Genitori capaci di dare direzione ai propri figli incoraggiandoli nei successi e, a maggior ragione, nelle difficoltà. Sostenendoli ma a debita distanza.
«Prof stiamo studiando, siamo preparati», mi scrivono simpaticamente due genitori. Quando siamo troppo presenti nella loro esperienza scolastica, non consentiamo loro di crescere, di imparare e di sbagliare. Di diventare autonomi.
Troppe sono le anime ferite che varcano la soglia del mio ufficio di consulenza. Anime ferite da una relazione inadeguata a scuola e in famiglia. Esiste un imperativo categorico fortemente pedagogico che noi adulti — insegnanti e genitori — dobbiamo rispettare: mai, mai, mai dare giudizi affrettati e ingenerosi. Definitivi. La speranza di costruire una scuola diversa andrà sostenuta anche da adolescenti sempre più responsabili e con la consapevolezza che un corso di studi richiede impegno e fatica. In una scuola, ci auguriamo, che valorizzi la loro curiosità e la qualità delle relazioni con i compagni e gli insegnanti. Il loro benessere. Adolescenti che dovranno vivere in una società sempre più complessa. Il 65% dei bambini della scuola primaria, si legge in un rapporto delle Camere di Commercio, farà un lavoro che ancora non c’è. Si sta già delineando un’organizzazione del lavoro con profili professionali sempre più specializzati e instabili. E, non da ultimo, adolescenti al riparo da stupidi consigli, con un rapporto equilibrato fra tempo studio e tempo libero.
Un messaggio da scrivere con il fuoco sulla porta di ingresso di alcuni istituti, anche ad uso di alcuni insegnanti inadeguati.