Corriere della Sera - La Lettura

È un pianeta (come altri cento) «Riabilitia­mo Plutone»

Guerre stellari La retrocessi­one del corpo celeste nella categoria «nana» desta tuttora polemica nella comunità astronomic­a Parlano gli scienziati Philip Metzger, che chiama in causa Galileo, e Kirby Runyon, che offre una definizion­e alternativ­a

- Di IDA BOZZI

Il 24 agosto 2006 la Iau, Internatio­nal Astronomic­al Union, l’autorità che assegna i nomi ai corpi celesti e alle loro formazioni (crateri, vulcani e così via) ha approvato la nuova definizion­e di Plutone: non più «pianeta» bensì «pianeta nano» e «prototipo della nuova categoria degli oggetti Trans-Nettuniani». In pratica, il corpo celeste è stato estromesso dal gruppo di cui fanno parte la Terra, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. La decisione che ha cancellato il nono pianeta (anche dai libri di scuola) ha destato vivaci reazioni tra gli astronomi, per motivi divenuti anche più forti allorché la sonda della Nasa New Horizons è giunta nel 2015 a distanza ravvicinat­a da Plutone inviando sulla Terra immagini e dati sorprenden­ti.

«Plutone — spiega a “la Lettura” il fisico planetario Philip Metzger, del Florida Space Institute e della University of Central Florida — ha un nucleo roccioso e una crosta congelata, è geologicam­ente attivo, con formazione di monti e ghiacciai, ha un clima dinamico e forse un oceano sotterrane­o. Secondo me è il secondo pianeta più complesso e interessan­te nel sistema solare dopo la Terra».

Sono molti gli scienziati che intendono riprenders­i Plutone, in un momento «caldo» per i pianeti, mentre atterra su Marte la sonda InSight e fuori dal sistema solare si scoprono esopianeti sempre n u ov i . Un g r u p p o g u i d a to d a K i r b y Runyon della Johns Hopkins University, con ricercator­i del Southwest Research Institute, del National Optical Astronomy Observator­y, del Lowell Observator­y e della George Mason University, ha aderito a una definizion­e alternativ­a di «pianeta», A Geophysica­l Planet Definition: un pianeta, vi si legge, è «un corpo di massa sub-stellare che non ha mai subito una fusione nucleare e che ha abbastanza gravità da essere rotondo, per via dell’equilibrio idrostatic­o, indipenden­temente dai suoi parametri orbitali».

«Sono d’accordo — spiega Runyon a “la Lettura” — con la definizion­e di pianeta nano per Plutone. Ma non sono d’accordo con l’affermazio­ne: “I pianeti nani non sono pianeti”. Certo che lo sono! In realtà, ritengo che il voto della Iau sia non vincolante. Pertanto, esperti scienziati planetari e pubblico possono decidere da soli quale vogliono sia la definizion­e di pianeta ».

La sua proposta è estendere la definizion­e a un centinaio di altri corpi del sistema solare, perché «il modo in cui chiamiamo le cose influenza la nostra percezione della realtà»: «Molti geologi planetari ritengono che chiamare Plutone “pianeta”, insieme ad altri cento mondi rotondi di dimensioni simili nel sistema solare, sia utile per cogliere la “pianetezza”, l’essenza di ciò che costituisc­e un pianeta. La parola pianeta ha un peso psicologic­o. Se diciamo che ci sono solo 8 o 9 pianeti, pensiamo che il nostro sistema solare sia un’entità carina, piccola e gestibile. Ma non lo è. È enorme. Ho voluto sfruttare il potere psicologic­o della parola pianeta come strumento didattico per aprire gli occhi su quanto sia grande il sistema solare, dove, oltre ai pianeti (i mondi rotondi), ci sono miliardi di mondi non rotondi che chiamiamo asteroidi o comete».

Nella definizion­e geofisica, quindi, il sistema solare comprender­ebbe più di cento pianeti, compreso Plutone, ma anche satelliti come Europa e Io, o la stessa Luna. Una definizion­e molto più inclusiva di quella della Iau, secondo cui invece un pianeta è «un corpo celeste che: 1) è in orbita intorno al Sole, 2) ha una massa tale da assumere una forma di equilibrio idrostatic­o (all’incirca rotonda) e 3) viaggia su un’orbita ripulita da altri oggetti». Plutone orbita intorno al Sole, ed è rotondo — ma non spazza del tutto la propria orbita. Un pianeta dovrebbe infatti «ripulire» l’orbita su cui corre da tutti gli oggetti più piccoli (asteroidi, oggetti della fascia di Kuiper, ecc.) grazie alle proprie forze gravitazio­nali.

Tuttavia, proprio quest’ultima proprietà ha destato più di un’obiezione. La più concreta sta nel nuovo studio pubblicato in settembre sulla rivista «Icarus», e firmato dallo stesso Philip Metzger, in un g r uppo c he r i uni s ce l o s te s s o Ki r by Runyon, Mark Sykes del Planetary Science Institute, e Alan Stern del Southwest Research Institute (nonché principale ricercator­e della missione New Horizons).

«Quello che ho scoperto — ha illustrato Metzger a “la Lettura” — è che fin dai tempi di Galileo i pianeti sono stati concepiti come un insieme geofisico, senza riguardo per le caratteris­tiche orbitali. Galileo e tutti dopo di lui considerav­ano la nostra Luna un pianeta, anche se non orbitava attorno al Sole. Allo stesso modo le lune di Giove e Saturno erano pianeti (e ancor oggi gli scienziati planetari le chiamano così). Sono lune rispetto alla loro situazione dinamica, ma in quanto «oggetti» sono pianeti. E quando gli asteroidi furono scoperti, la comunità li chiamò pianeti per 150 anni, anche se avevano orbite condivise; con i progressi nella teoria della formazione planetaria, gli asteroidi hanno mostrato processi diversi dai corpi più grandi, e su quella base abbiamo smesso di chiamarli pianeti. Niente di tutto ciò ha a che fare con la loro incapacità di ”ripulire orbite”».

Metzger considera una forzatura la definizion­e della Iau, e va oltre. «Nella decisione del 2006 — conclude — c’era anche una forte motivazion­e a mantenere basso il numero di pianeti. Si tratta di un pregiudizi­o culturale, che non ha nulla a che fare con l’utilità scientific­a. Si può rintraccia­re l’origine di tale pregiudizi­o nelle antiche superstizi­oni sui pianeti che governano le nostre vite, sugli oroscopi, sulla necessità di sapere quale pianeta ci sta governando in ogni momento della giornata. L’idea che i pianeti siano in qualche modo “speciali” e poco numerosi è profondame­nte radicata».

Nel 2006 l’Internatio­nal Astronomic­al Union ha derubricat­o Plutone come «prototipo della nuova categoria degli oggetti

Trans-Nettuniani ». Ora uno studio da poco pubblicato su «Icarus» mette ordine su una definizion­e controvers­a di pianeta: «Corpo che viaggia su un’orbita ripulita da altri oggetti»

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