Corriere della Sera - La Lettura
CORAGGIO E SVENTATEZZA DI UNA POTENZA MANCATA
Nel corso di una lunga storia, dall’Alto Medioevo alla rinascita negli ultimi giorni della Prima guerra mondiale, la Polonia è stata quasi sempre una nazione incompiuta, grande potenza mancata. È coraggiosa e ambiziosa. Combatte contro svedesi, prussiani, russi, austriaci. Vince grandi battaglie, entra nel cuore dei territori nemici, conquista Mosca nel 1613, si spinge sino all’Ucraina e alla Moldavia, famosa per il valore dei suoi soldati. Le principesse polacche fanno il loro ingresso nelle corti europee, sposano sovrani, intrecciano le sorti della loro famiglia con quelle delle maggiori dinastie del continente. Maria Leszczynska, figlia di Stanislao I, sposa Luigi XV re di Francia e sarà nonna di tre re francesi. Napoleone sposa un’austriaca ma ama appassionatamente una polacca, Maria Walewska, e avrà da lei un figlio.
I nemici della Polonia, tuttavia, finiscono quasi sempre per avere la meglio e cercano di cancellarla dalla carta geografica. Nella fase del maggior declino, alla fine del Diciottesimo secolo, viene spartita tre volte (1772, 1793, 1795) da Austria, Russia e Prussia, sino alla scomparsa dello Stato. Pochi anni dopo Napoleone raccoglie i pezzi della vecchia Polonia e crea il Granducato di Varsavia. Ma è solo un satellite della Francia imperiale. Pochi anni dopo, al Congresso di Vienna, i vincitori creano una nuova Polonia, ne fanno un regno, le danno una costituzione, ma il suo re è Alessandro, zar di Russia. I polacchi insorgono contro il nuovo padrone nel 1830 e nel 1863, suscitano l’ammirazione dell’Europa, ma i governi stanno a guardare mentre la Russia spegne le due rivolte.
L’indipendenza venne nel 1917 dopo la rivoluzione bolscevica e, formalmente, nel 1918, dopo la sconfitta degli Imperi centrali. L’Europa non tardò a scoprire che la Polonia risorta non aveva perduto le sue antiche virtù: orgoglio, coraggio, fierezza e un po’ di impavida sventatezza. Era da poco indipendente quando partì alla riconquista di vecchie terre polacche rimaste alla Russia, in Ucraina e Bielorussia. L’Armata Rossa reagì e arrivò sino alla mura di Varsavia, i polacchi contrattaccarono ed ebbero una buona parte di ciò che volevano con il Trattato di Riga. Ma era soltanto l’ennesimo atto di un dramma senza fine. Come all’epoca delle tre grandi spartizioni, gli eredi di Prussia e Russia (la Germania di Hitler e l’Urss di Stalin) si accordarono nel 1939 per una quarta spartizione.
Da quel momento i polacchi fecero ciò che sapevano fare meglio: combattere. I partigiani dall’Armia Krajowa si batterono eroicamente contro i tedeschi nella patria occupata, i soldati del generale Anders non meno eroicamente contro i tedeschi a Montecassino. Il resto è storia recente e contiene, accanto a pagine entusiasmanti, vicende discutibili. Abbiamo ammirato la Polonia di Solidarnosc, di Lech Wałesa, di Giovanni Paolo II e persino, entro certi limiti, del generale Wojciech Jaruzelski. Abbiamo qualche perplessità su quella dei gemelli Kaczynski, Lech (scomparso nel 2010 quand’era presidente della Repubblica) e Jarosław Aleksander.