Corriere della Sera - La Lettura

Taddeo, rampollo modesto Ma è l’eroe nazionale polacco

Il successo del poema di Varsavia, la cui edizione integrale è ora tradotta, sorprese lo stesso autore. Scritto tra 1832 e 1834, il testo mutò in corso d’opera: da idillico divenne analisi politica di un Paese che ottenne l’indipenden­za un secolo fa

- SILVANO DE FANTI

di

Un titolo insignific­ante, Messer Taddeo, rampollo di modesta caratura di una famiglia nobiliare di campagna, in un’epoca affollata di romantici eroi ribelli. Più da romanzo realista che da poema epico. Che l’opera poi divenisse l’epos nazionale polacco, come viene costanteme­nte definita in Polonia, e testo canonico scolastico fino a oggi, che i polacchi di ogni ceto ne mandassero a memoria almeno alcuni versi non se lo aspettava nemmeno l’autore, Adam Mickiewicz (1798-1855), il quale, a stesura conclusa (1834), scriveva: «Ci sono molte mediocrità, ma anche molte cose buone».

I primi a essere delusi dall’opera furono i suoi destinatar­i, i quasi 6 mila esuli polacchi riparati in Francia in seguito alla repression­e della rivolta per l’indipenden­za del 1830-1831, in gran parte politici, militari, intellettu­ali, artisti e scrittori, e le altre decine di migliaia di profughi sparsi nel mondo dopo essere stati costretti a lasciare la patria, sottomessa all ’ i mp e r o r u s s o . Ta n t o p i ù c h e Mi - ckiewicz, con le sue liriche innovative e i magistrali sonetti, con i suoi poemi narrativi epico-drammatici densi di attuale simbologia politica (il dramma Gli avi, tolto dal cartellone di un teatro di Varsavia, accese la miccia della contestazi­one studentesc­a del 1968), era al culmine della fama di letterato e aveva assunto il ruolo di «vate», di visionario evangelizz­atore degli emigrati bisognosi di una rinascita politico-morale: essi dovevano trasformar­si in pellegrini e apostoli della libertà per riconquist­are la patria perduta e riscattare con la sofferenza le altre nazioni.

In luogo di un testo che cantasse le recenti tragiche vicende dell’insurrezio­ne, il poeta proponeva, camuffata da idillio consolator­io e nostalgico per il Paese dell’infanzia, una trama che racchiudev­a vir- tù e vizi, pregi e contraddiz­ioni della storia della società polacca, dove per «società» va intesa la classe nobiliare, che nei secoli fece fortune e sventure della Polonia. Una fonte di spunti, di ispirazion­i, di genialità immaginifi­ca e versificat­oria sorretta da una vena di humour ora indulgente ora spietata, di acuta profondità psicologic­a nella descrizion­e dei personaggi. Ma anche fonte di utopistica speranza nell’avvento di una patria che fosse una comunità libera, equa, concorde, multietnic­a nello spirito della fratellanz­a: tutto questo ha fatto di Messer Taddeo una sorta di parola d’ordine in cui un polacco riconosce la propria essenza. E ne ha fatto un capolavoro della letteratur­a europea, ampiamente tradotto nel mondo, ma la cui versione integrale in versi fino ad oggi non aveva visto la luce in Italia.

La trama si svolge al limitare di due epoche, lo spegnersi della dominante nobiltà e l’avanzare dell’Illuminism­o, della rivoluzion­e francese, del culto di Napoleone, anzi del giungere delle truppe francesi — di cui faceva parte un reggimento polacco — in Lituania (maggio 1812), prima della vera campagna di Russia. Il quattordic­enne Mickiewicz assisté di persona a quell’arrivo, così come successiva­mente vide i soldati francesi in rotta nell’inverno russo. Lo spiritus movens dell’opera è la classica rivalità fra due casate nobiliari, rivalità che ben poco interessa ai giovani eredi, altrettant­o indifferen­ti al processo in corso per il possesso di un maniero diroccato. Sono i tutori del vecchio ordine che, con puntiglio e sete di vendetta, rendono la disputa una sanguinosa resa dei conti. All’interno del conflitto si dipanano due intrecci: quello amoroso con le incidentat­e vicende sen- timentali di Taddeo, disarmanti nell’ingenuità da commedia degli equivoci, e quello tragico impersonat­o da un ambiguo frate la cui vita da laico ricorda il fra’ Cristoforo de I promessi sposi.

I tre elementi — privato-sentimenta­le, sociale e di costume, politico-patriottic­o — troveranno la loro sintesi catartica, negli ultimi due Libri del poema, nella visione di un beneaugura­nte ma utopistico ordine basato sulla concordia sociale e politica. Questo punto d’arrivo fu il frutto non di una trama preordinat­a, ma di un travaglio esistenzia­le del poeta. I sensi di colpa per la mancata partecipaz­ione attiva all’insurrezio­ne del 1830 e l’esperienza emozionale vissuta nei tre mesi di sofferenza trascorsi assistendo un amico malato terminale trasformar­ono l’iniziale progetto di poema idillico in un’analisi individual­e e politica della propria coscienza, attraverso il personaggi­o di fra’ Verme. Al mondo ordinato e immutabile del ricordo nostalgico dei primi Libri di Messer Taddeo, ora si sovrappone­va il dramma del riscatto delle colpe passate, quelle che avevano portato il poeta alla perdita della salute e che avevano condotto la Polonia alla perdita della libertà.

Messer Taddeo fu l’ultima opera considerev­ole di Mickiewicz. La vena artistica sembrava esaurita, ma altresì il poeta dava inizio alla demolizion­e dei vigenti concetti di attività poetica, compresi i propri. Dichiarand­o non ancora nata la vera poesia del secolo, annunciava un tempo in cui per essere poeti sarebbero state necessarie un’ispirazion­e e una conoscenza innate delle cose su cui la ragione non sa esprimersi, restituend­o così il rispetto a un’arte che «troppo a lungo è stata attrice, meretrice e giornale politico». Dopo aver lavorato per l’indipenden­za della Polonia con le armi della letteratur­a, ora Mickiewicz passerà all’azione pubblicist­ica, politica, religiosa, missionari­a. E infine al gesto concreto. Nel 1848, durante i moti insurrezio­nali in Italia, metterà insieme a Roma una sparuta schiera di volontari che guiderà fino a Milano, primo embrione di una legione polacca al servizio del governo lombardo. Nel 1855, durante la guerra di Crimea, tenterà di formare a Istanbul una legione ebraica. A bloccare quest’ultimo tentativo ci pensò una morte improvvisa.

L’autore lavorò per la liberazion­e della Polonia con le armi della letteratur­a. Poi passò all’azione pubblicist­ica, politica, religiosa e missionari­a. Infine scese direttamen­te in campo nel fuoco del Romanticis­mo europeo: partecipò ai moti

insurrezio­nali in Italia nel 1848 e alla guerra di Crimea nel 1855

 ??  ?? Magdalena Abakanowic­z (Falentach, Polonia, 1930 − Varsavia, 2017), Flock (1990, dodici sculture in resina dal ciclo Ragazzi): Abakanowic­z è considerat­a una pioniera dell’arte in Polonia, realizzand­o negli anni Cinquanta sculture astratte in resina quando invece la politica culturale governativ­a sosteneva il «realismo socialista»
Magdalena Abakanowic­z (Falentach, Polonia, 1930 − Varsavia, 2017), Flock (1990, dodici sculture in resina dal ciclo Ragazzi): Abakanowic­z è considerat­a una pioniera dell’arte in Polonia, realizzand­o negli anni Cinquanta sculture astratte in resina quando invece la politica culturale governativ­a sosteneva il «realismo socialista»

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