Corriere della Sera - La Lettura
Credetemi, non credete a niente
Trama e trame Sandrone Dazieri torna in libreria con «Il Re di Denari», romanzo autonomo ma anche capitolo finale di una trilogia («Uccidi il Padre» e «L’angelo»). Un thriller tutto azione con venature pulp e sfumature gotiche
La prima regola nei romanzi di Sandrone Dazieri è: non credere a niente e a nessuno. La seconda: continuare a non credere a niente e nessuno fino alla fine. Vale in particolare per il nuovo libro Il Re di Denari, un thrillerone tutto azione e adrenalina con venature pulp, accenti drammatici e sfumature che vanno dall’horror-gotico alla spy story apocalittica. E non bastassero le due regole citate sopra (mutuate dal film Fight Club di cui nel libro parla un personaggio) il retro di copertina de Il Re di Denari ribadisce, come un mantra, il concetto a caratteri cubitali: «Non credere a niente».
Il libro ha al centro la ricerca della verità, una verità che può (e sa) essere scomoda, incredibile, inattesa. Ma non è mai definitiva, al contrario: si sdoppia e si moltiplica. Così la prima delle molte verità da trovare è relativa a un duplice omicidio avvenuto in un paesino delle Marche.
La protagonista Colomba Caselli è un’ex vicequestore con un passato eroico, che si è ora ritirata sulle colline del centro Italia dopo una serie di avventure estreme e mozzafiato che gli appassionati di Dazieri conoscono grazie ai libri Uccidi il Padre ( 2 0 1 4 ) e a l s e g ue nte L ’ a nge l o (2016), entrambi divenuti bestseller internazionali. Il Re di Denari è in sé una storia autoconclusiva ma è anche il completamento della trilogia; e in questo senso le verità che verranno allo scoperto aumentano in maniera esponenziale e hanno radici che affondano nei precedenti episodi.
Colomba, da quando ha lasciato la polizia, vive in una casa isolata, in aperta campagna, lontana qualche chilometro dal piccolo centro abitato; ha pochi rapporti sociali e conduce un’esistenza low profile; alla madre in visita che si preoccupa per lei risponde fredda: «Sono una donna adulta, ho una carta di credito e una pistola. Posso cavarmela da sola». Non bastano questi buoni propositi a tenerla fuori dai guai. Il destino ha le sembianze di un ragazzone alto, grosso e grasso che in una serata gelida e nevosa entra nella sua proprietà e si nasconde terrorizzato e infreddolito nel capanno adiacente alla casa. «Ciao, mi chiamo Tommy e sono autistico. Non mi piace parlare ed essere toccato. Se mi trovate da solo chiamate per favore questo numero»: è il braccialetto che il giovane ha sul braccio. Tommy non dice nulla ma ha indos s o u na t - s hi r t s p o rca di s a ngue. Quando lo riaccompagna in paese Colomba scopre che i genitori sono stati trucidati in casa. Per il maresciallo Lupo della locale stazione dei Carabinieri, che vorrebbe chiudere in fretta il caso, è stato Tommy; Colomba, che crede invece all’innocenza del ragazzo, viene coinvolta suo malgrado in un’indagine non ufficiale in virtù del fatto che il ragazzo è un suo fan, ha la stanza tappezzata di immagini e notizie che la riguardano.
Fin qui il racconto sembra un giallo ambientato nella provincia italiana; una dimensione che però sta stretta al talentuoso Dazieri. La svolta è imminente.
Durante un colloquio tra Colomba e Tommy, quest’ultimo fa due cose che si rivelano fondamentali: la prima è che per fornire il profilo di chi ha compiuto la strage sceglie da un mazzo di carte il Re di Denari, figura che a più riprese tornerà nella storia come burattinaio senza scrupoli che muove capitali e manovra persone; in secondo luogo Tommy compie un gesto che nella mente inquieta di Colomba riporta a galla questioni che sembravano definitivamente e dolorosamente risolte e che hanno a che fare con una rete di bambini rapiti e cresciuti in cattività da una figura nota come il Padre. Da qui la storia mette il turbo, il ritmo accelera e diventa — tra cacce all’uomo, fughe, aggressioni e salvataggi — a tratti forsennato. Nel frattempo in quella che nel sottotitolo del romanzo viene prestata come « Un’ i n d a g i n e d i Da n te e C o l o mba » (ri)troviamo, appunto, l’altro protagonista: Dante Torre, professore genialoide, amico di Colomba, esperto di depistaggi, maniaco del controllo. Ha la capacità di «leggere» le persone a partire da piccoli dettagli della loro quotidianità: come si muovono, cosa mangiano, come parlano... Il suo stile di vita si fonda su una intuizione divenuta con il tempo una certezza: tutti mentono. «Per convenienza o paura, per rallegrare qualcuno o ottenerne i favori, per stupidità o cattiveria, ma mentivano e credevano spesso alle proprie menzogne». L’avventura si apre con Torre fuori gioco: è stato rapito per ragioni da scoprire e sta vivendo un incubo a occhi aperti, che assume i contorni di un lucido delirio, prigioniero del passato (in un luogo detto La Scatola dove lui, tra i bambini rapiti dal Padre, è cresciuto) e del presente (rinchiuso e ridotto allo stato di larva). Tornerà operativo in seguito a un colpo di testa di Colomba in tempo per dare il suo fondamentale contributo alla risoluzione dell’indagine e dei misteri ad essa connessi.
Il racconto di Dazieri si sviluppa su più livelli come una matrioska, la bambolina del folclore russo che ne contiene altre di forma uguale e di dimensioni più piccole: il primo step è quello con Colomba e Lupo (nome e cognome bastano da soli a spiegare l’istintiva diffidenza tra i due) che mettono a fuoco le caratteristiche del duplice crimine. Presto attorno agli omicidi si delinea una seconda cornice, più ampia: i genitori di Tommy non sono quello che sembrano; lo psicoanalista che ha in cura il ragazzo è ambiguo e ricatta Colomba (come Hannibal Lecter fa con la giovane agente Starling) per avere informazioni su di lei; le forze dell’ordine hanno qualcosa da nascondere... In questo gioco di specchi anche Colomba sarà costretta, per continuare l’indagine, a mentire. Poi una terza cornice di verità rimanda a poteri forti, servizi segreti, depistaggi, fabbricazione di versioni ufficiali, distruzione di prove... E si delinea una quarta cornice con multinazionali e organizzazioni in apparenza pulite che fanno affari su scala globale con la guerra...
La trama è serrata, esagerata, al bisogno esplosiva; non è la coerenza che interessa a Dazieri, né ingabbiare la storia in una struttura rigida, piuttosto costruire un racconto libero dove i colpi di scena sono eclatanti e fanno sobbalzare: che sia una booby trap (una bomba innescata da qualcuno involontariamente); o delle flashbang, granate capaci di fare un «casino»; nuovi ritrovati tecnologici o vecchi trucchi per tenere alta la tensione.
E il gioco di Dazieri è anche con l’immaginario di fiction e letteratura contemporanee: da Asimov all’eroe del pulp americano Doc Savage, da Fight Club e Doctor House a L’arcobaleno della gravità, testo «criptico» di Thomas Pynchon che Colomba «aveva mollato dopo le prime pagine, e che non aveva voglia di riprendere». Cosa che, difficilmente, può accadere con un thriller di Dazieri che — parola del collega americano Jeffery Deaver — «si legge tutto di un fiato».