Corriere della Sera - La Lettura
Il becchino era sparito. Ma no, rieccolo
Indagini Esposte insieme, a Venezia, le sei tele del divisionista Angelo Morbelli dedicate alla vecchiaia. Le analisi su una di queste, ritornata dall’Uruguay dopo un secolo, rivelano un’immagine cancellata per rendere meno lugubre il quadro. E poterlo ve
Ra mmendano, s fe r r u z z a n o , s o nnecc h i a no: l e ve cc h i ne stanno quiete nello stanzone illuminato dalla finestra. Ma la finestra nasconde un segreto: al di là del vetro incombe un becchino. Le ospiti del ricovero non lo sanno, o forse sì. Di certo noi scopriamo oggi quella figura: nascosta da pittura candida, non si vede a occhio nudo. Ma c’è.
Angelo Morbelli (Alessandria, 1853Milano, 1919) nel dettaglio inquietante voleva condensare il destino triste di chi nell’era industriale non produce più, degli anziani che all’albergo dei poveri vivono giornate sempre uguali in attesa della fine. Eppure — rivelano studi sulle fonti e un’indagine scientifica condotta con infrarossi e fluorescenza — ci deve ripensare: la tela, oggi acclamata come capolavoro del Divisionismo, quando nel 1903 viene presentata intriga i critici, strappa applausi ma per via di quell’elemento ferale non ha mercato. L’artista resiste, presenta il quadro in altre due esposizioni. Poi, dopo tre anni, rinuncia. Una parte della sua poetica è sacrificata alla ricerca di compratori, perché di quel denaro ha bisogno. Così nel 1906 Vecchie calzette (titolo rivisto, nelle note di lavoro del 1902 è, guardacaso, Vecchia calzetta, la
morte ti aspetta) fa centro e nella versione censurata incanta un diplomatico di Montevideo: l’opera solcherà l’oceano restando in Uruguay per oltre un secolo, con il suo segreto sotto la superficie.
Oggi Vecchie calzette ritorna in pubblico, acquistata ed esposta dalla banca Cornèr di Lugano. Alla Galleria internazionale d’arte moderna di Venezia si ricostituisce, fino al 6 gennaio, Il poema della vec
chiaia: sei tele con cui il pioniere del Divisionismo indaga la quotidianità del Pio Albergo Trivulzio, il maggior ricovero per indigenti di Milano.
I dipinti — si intitolano Il Natale dei rimasti, Vecchie calzette, Mi ricordo quand’ero fanciulla, Siesta invernale, Sedia
vuota, I due inverni — erano stati presentati insieme alla V Internazionale d’arte di Venezia. Ed è proprio nella città lagunare che si ricongiungono in una mostra curata da Giovanna Ginex. La storica dell’arte ha ricostruito le vicende che stanno dietro (e dentro) alle opere, deci- frando anche il mistero del funerale nascosto. Il quadro che vediamo a Ca’ Pesaro, infatti, non presenta alcun dettaglio luttuoso. Eppure gli indizi di stranezza erano diversi: un disegno preparatorio, individuato in collezione privata, in cui la finestra non è libera; una fotografia scattata nel 1903 dove ombre suggeriscono la presenza del becchino; e, soprattutto, i taccuini che la studiosa ha passato in rassegna per due anni. «L’autore annotava tutto. A un certo punto, a proposito di questa tela, scrive che “il mortuario fuori finestra è assai più luminoso del davanzale” e la descrive come “calzettanti con funerale fuori dalla finestra”». Che cos’è successo? L’opera partita per l’Uruguay è una seconda versione? Oppure i disegni con il funerale si riferiscono a un quadro perduto?
È la lettura degli epistolari a dare alla ricercatrice l’indirizzo definitivo. Dopo la V Internazionale, lunghe attese e un’altra mostra (Düsseldorf), Vecchie calzette risulta ancora senza acquirenti. Morbelli non sa che pesci pigliare, chiede pareri. Quindi — febbraio 1906 — Gerolamo Cairati scrive al collega e amico: «Molta gente non ama saperne di morte, nean- che quando è dipinta. Quel funerale è un ostacolo. Cancellalo via allegramente...». La sa lunga: commissario speciale per l’Italia all’Esposizione di Belle Arti di Monaco, convince Morbelli a rinunciare al suo simbolo. Via la sagoma del carro funebre, dentro più luce. A giugno arriva in Baviera una tela modificata: comunque invenduta, vince una medaglia. Nuovo tentativo, subito dopo, all’Internazionale di Roma: se ne innamora un nobile di Montevideo. Il dipinto lascia l’Italia.
La prova definitiva che le Vecchie calzette esposte a Venezia abbiano un segreto giunge dalla scienza: «Gli infrarossi — spiega a “la Lettura” Gianluca Poldi, fisico specializzato in diagnostica sull’arte che ha condotto gli esami — rivelano la sagoma del necroforo sotto il colore, col cappello e una bara oltre il vetro. Morbelli ha coperto il personaggio: lo conferma l’orientamento delle pennellate colte in fluorescenza». L’arcano è svelato. Ma il corteo non è il solo a svanire: il pittore, con la stessa logica, corregge Sedia vuota. Via l’ombrello del viatico, paramento dell’estrema unzione. «Di nuovo — aggiunge la curatrice — nelle nostre sale arriva una tela “ripulita” per non turbare il pubblico. Una sedia vuota e paramenti funebri raccontano una storia inequivocabile; un posto libero nel salone, ma senza elemento funereo, dice qualcosa ma non lo esplicita». È la legge del mercato. «Morbelli non era povero, in Piemonte possedeva dei terreni. Ma non era nemmeno ricco. È un artista e con i quadri deve mangiare. Dunque si adegua».
Tutto ciò non significa che il pittore non abbia ben chiara la dignità del proprio lavoro. Basti pensare alla sfuriata che riserva al Comune di Venezia, acquirente nel 1903 del Natale dei rimasti. Quando Antonio Fradeletto, segretario della Biennale, gli scrive comunicando la vendita, Morbelli vorrebbe almeno tremila lire. L’ente pubblico dice picche. Lui, risentito, replica chiedendosi dove andremo a finire «se questi sono gli incoraggiamenti a chi (parla di sé, ndr) non concedette mai al pubblico le soddisfazioni della vedutina, delle prosperose curve della balia». È grave — attacca — che la tirchieria sia di chi dovrebbe incentivare ricerche concettuali e formali. «Alla tecnica — prosegue — unisco la dolorosa rappresentazione delle cose più tristi della vita, ora se appena appena i preposti alla grandezza e avanzamento dell’Arte danno così lieve incoraggiamento, meglio è ritornare alla vedutina…». Suo malgrado, alla fine, si adeguerà. Così come gli toccherà fare quando un altro segretario, Tommaso Bencivegna dell’Esposizione internazionale romana, dice di aver piazzato Vecchie calzette. «Io vorrei qualcosa di più di 1.500 lire…». Risposta: «Morbelli, abbia pazienza. Un suo quadro varcherà l’oceano per abbellire uno dei salotti più eleganti e aristocratici di Montevideo». Cancellare il becchino era servito, ma non abbastanza.